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mercoledì 1 maggio 2024

Un racconto di fantascienza

 



DEMONI

© 2016 Marco Alfaroli.

 

I quattro predoni fuggivano a bordo della piccola lancia pirata, inseguiti dai Guardiani della Legge.

Il vascello corsaro aveva avuto la peggio nel conflitto con i galeoni della Confederazione. Ora, gli ultimi superstiti si arrangiavano per sopravvivere e scappavano, scappavano come mai avevano fatto prima.

I quattro non avevano una meta precisa ma si dirigevano verso qualsiasi sistema stellare si fosse presentato sulla propria rotta. Non sapevano se gli altri ce l’avrebbero fatta.

La loro astronave era liscia, affusolata e aveva un armamento leggero che non le permetteva una grande difesa. Contro i pesanti intercettori dei Guardiani, quindi, l’unica carta da giocare era la velocità. Bisognava trovare in fretta un pianeta che offrisse un riparo e fosse fuori dalla loro portata.


A bordo dell’intercettore Y-1X3, il Guardiano Xidriako manovrava con le sue tre mani le leve per il mantenimento dell’assetto. Si volse verso il Guardiano Vestrano.

«Non devono sfuggirci! I pirati sono un virus che non deve diffondersi».

Aveva, come il suo compagno, tre occhi posti alla base del collo e una bocca carnosa che sporgeva da sopra l’enorme testa bluastra.

«Guarda! Hanno scelto il terzo pianeta di questo sistema» strepitò il Guardiano Vestrano.

«Non devono arrivarci, abbiamo l’ordine di non interferire con le civiltà primitive. Se arrivano là, li perdiamo».

Viaggiando a velocità incredibile e roteando continuamente in modo da essere un bersaglio difficile, l’astronave dei predoni aveva già superato la Luna e ora puntava dritta sul bellissimo pianeta azzurro.

«E allora?» disse il Guardiano Vestrano. «Posso friggerli prima che ci arrivino».

Manovrò il complicato sistema di leve che aveva davanti e un intenso fascio di luce gialla partì come un dardo dalla prua dell’intercettore.

L’esplosione che ne seguì illuminò lo spazio. Quando la nuvola di polvere e il risucchio di particelle cosmiche si dissolsero, però, si vide scivolare di lato ancora indenne la piccola lancia pirata.


«Ce l’abbiamo fatta!» esclamò il predone alla guida. «Ormai non ci prendono più! È fatta, stiamo entrando nell’atmosfera».

La pelle dei quattro era color rosso fuoco, ricoperta di placche e corna. Le due più grandi spuntavano dalla fronte. Erano umanoidi che sembravano arrivare dall’inferno.

La lancia scese in picchiata e si tuffò nella fitta coltre di nuvole. Dietro di lei i tre intercettori dei Guardiani si fermarono.

«Li abbiamo persi. Che facciamo, li inseguiamo?»

«No!» disse il Guardiano Xidriako «chiama il Primo Guardiano e chiedi istruzioni».

«Bene».


Il prete Elia chiuse la Bibbia. La sua mano ossuta rimase appoggiata sopra la pelle del libro come un artiglio. Lentamente alzò gli occhi al cielo notturno, cupo e nuvoloso, dilaniato da bagliori lontani che annunciavano l’avvicinarsi di una tempesta.

«Questa notte è dominata dal maligno, lo sento» disse.

Un lampo improvviso illuminò la sua faccia scavata e piena di rughe. Subito dopo arrivò il tuono, assordante.

Si alzò dalla panca avvolto nel saio e si avvicinò alla finestra senza vetri dell’Abbazia.

Guardò giù. Il panorama sottostante era punteggiato dal fuoco dei roghi accesi qualche ora prima. Elia, l’inquisitore, quel giorno aveva arrestato e bruciato le streghe più pericolose della zona. L’odore acre di carne bruciata che arrivava fin lassù gli donò un senso di sollievo. La sua missione era compiuta, per oggi. Ma domani?

Decise che doveva tornare dai suoi fedeli.

Scese con precauzione le scale, salutato con rispetto da tutti i monaci che incontrava. Aveva molti acciacchi per via dell’età che cominciava ad essere veneranda. Tuttavia era sempre sostenuto dalla sua fede incrollabile.

Un armigero gli andò incontro appena uscì dalla porta della torre. Era un armigero preoccupato che parlò con deferenza:

«Padre, si sta avvicinando la pioggia. I roghi si spegneranno».

«Satana oggi è stato sconfitto, figliolo. Non devi temere l’acqua perché è opera di Dio».

Il prete avanzò di qualche passo e superò i cavalieri dalle bardature variopinte e gli scudi con l’emblema del signore del feudo, i soldati, e tutti i villici accorsi per assistere al rogo.

Si fece il segno della croce e guardò verso il cielo, forse sperando di scorgere un segno divino.

Un lampo attraversò le nubi e fu chiaro a tutti che il temporale era in arrivo. Le nuvole ribollirono e vomitarono un oggetto scuro e affusolato che da dietro sputava un intenso fuoco azzurro.

Un brusio di meraviglia si levò dalla folla che non aveva mai visto niente di simile.

L’astronave sorvolò il paese, il Castello e l’Abbazia, poi atterrò proprio davanti al gruppo di persone immobilizzate per lo stupore.

Il vapore e la polvere lentamente si diradarono mostrando l’enorme massa di ferro fermo davanti a loro.

Un rumore metallico ruppe il silenzio: un meccanismo fece scendere il portone da sotto la pancia dello scafo come fosse un ponte levatoio.

Gli esseri che erano all’interno si apprestarono a uscire. Alle loro spalle c’era un’intensa luce bianca.

Scesero lungo il ponte ma quando furono all’incirca a metà si fermarono. La platea osservava in silenzio il rosso scarlatto della loro pelle e le due grosse corna sulla fronte.

«Perché hai deciso di fare questa discesa spettacolare? Non era meglio capire prima se gli indigeni sono pericolosi?» chiese un predone a quello dei quattro che doveva essere il capo.

«Per far colpo. Non vedi come stanno zitti? Con tutta la tecnologia che mostriamo, li avremo ai nostri piedi, vedrai».

Indicò le cataste in fiamme che illuminavano la notte.

«Guarda, adorano il fuoco. Sacrificano a lui i loro simili, lo temono. Noi dobbiamo solo dimostrare che dominiamo il fuoco».

Sprezzante e beffardo il predone impugnò la sua pistola a raggi e la puntò contro un albero. Sparò, incendiandolo.

L’effetto non fu quello desiderato: il brusio di voci che veniva dai presenti aumentava e tutti ammiccavano verso i nuovi arrivati più con sospetto che con paura.

«C’è qualcosa che non va» disse un predone. «Il tuo colpo non li ha impressionati».

«Forse hai ragione, forse è meglio rientrare nella lancia e ripartire».

Il prete Elia si fece avanti in mezzo alla gente e cominciò a urlare con uno sguardo da invasato che non prometteva niente di buono.

«Il Demonio è uscito dalle viscere della terra e vuol farci credere di essere disceso dal cielo. Guardate gli emissari di Lucifero: rossi e pieni di corna... loro sono il male che divorerà i vostri cuori. Non facciamoci ingannare! Dio ci mette alla prova, siamo i soldati del Signore? Dimostriamolo e distruggiamo il maligno!»

«Non capisco una parola di quello che dice l’essere decrepito, ma credo che qui si metta male» disse un altro predone che si affrettò a estrarre la pistola.

Una freccia lo trapassò in pieno.

«Ahhhh!»

Il suo sangue viola uscì copioso e lui si accasciò. Fu subito soccorso dagli altri, che lo sorressero.

«Dentro! Presto! Chiudiamo il portello!» urlò il capo. Tutti e tre iniziarono la ritirata, trascinando il ferito e sparando all’impazzata. Incendiarono alcuni dei nativi che gli arrivavano addosso, ma erano troppo numerosi e non sembrava che il pericolo di essere inceneriti li spaventasse.

Il portello si richiuse, ma almeno cinque o sei di quei pazzi scatenati, erano ormai riusciti a entrare. Mentre il capo predone avviava i motori per tentare una fuga disperata, a bordo si scatenò la battaglia. Le armi a raggi, in un combattimento corpo a corpo, non sono il sistema migliore per difendersi, mentre il colpo di una mazza ferrata o il fendente di una spada, a quella distanza, possono avere effetti devastanti.

La lancia decollò, ma il suo volo era incontrollato. Forse chi era in grado di pilotarla non era più tra quelli rimasti vivi.

Dopo un paio di acrobazie non volute, precipitò in vite schiantandosi al suolo dietro il bosco. Un boato e una nuvola di fumo nero ne annunciarono la fine.

Il prete Elia esultò per il suo successo nella difesa della Fede.

«Avete visto? Dio ci ha dato la forza per respingere il Diavolo, per ricacciarlo negli inferi dove deve stare. Le nostre anime sono salve, preghiamo».

Tutti s’inginocchiarono facendosi il segno della croce, abbassarono la testa e rimasero a mani giunte, bisbigliando preghiere.


Nello spazio i tre intercettori dei Guardiani avevano ricevuto le istruzioni e si apprestavano a eseguirle.

«Abbandoniamo la ricerca, te l’avevo detto che non possiamo interferire con popolazioni non ancora pronte».

«Lo so, ma temo che quei pericolosi pirati possano recare più danno ai nativi di quanto potesse causarne la nostra intromissione» rispose il Guardiano Vestrano grattandosi il testone.

Il Guardiano Xidriako pensava la stessa cosa, ma sapeva che la Legge non si poteva infrangere. Attivò le leve per invertire la rotta della nave. Poi con un lampo sfrecciarono via tutti, alla velocità della luce.

 

Questo e altri racconti sono inclusi nell'antologia SCHEGGE DALLO SPAZIO 

2 commenti:

  1. Bello! E' proprio il genere che piace a me, come ben sai

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  2. Ricordo ancora lo scemo che me lo demolì dicendo era banale. Non sarà un capolavoro ma non è di certo banale e non ho bisogno di scemi come lui per avere patenti di originalità (e infatti, grazie al mio orgoglio da duro e puro, oggi sono ancora un perfetto sconosciuto nel mondo dell'editoria).

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