domenica 22 settembre 2024

Come sono fatti gli extraterrestri?


 


Immaginare gli extraterrestri è difficile. Ci hanno provato scrittori, illustratori e sceneggiatori, con risultati sempre legati alle creature conosciute, quelle terrestri appunto.

Eppure quale aspetto potrebbe avere davvero un extraterrestre? I Grigi del sistema stellare Zeta Reticuli sono credibili o sono semplicemente caricature degli esseri umani inventate da chi aveva ben poca fantasia?

Per quale incredibile coincidenza hanno due braccia e due gambe come noi, cinque dita come noi, due occhi, una bocca e un naso quasi come noi?

Da non sottovalutare l’errore madornale di rappresentarli nudi. Non hanno bisogno di tuta spaziale per sbarcare su un mondo che non è il loro? Respirano la nostra stessa aria (che culo!) ma sono naturalisti e hanno abolito i vestiti?

L’aspetto di un extraterrestre è per forza legato alle caratteristiche del suo pianeta, perché la vita si adatta all’ambiente in cui si sviluppa. Se quell’extraterrestre vive in un liquido probabilmente avrà le pinne, oppure dei tentacoli, se la gravità è bassa avrà una muscolatura molto ridotta. E magari potrebbe avere le ali se la pressione al suolo è talmente elevata da permettere la sopravvivenza solo tra le nuvole, come su Venere.

Queste sono tutte supposizioni che ovviamente, ignorando le condizioni dell’ipotetico pianeta abitato, lasciano il tempo che trovano. Tuttavia sono la base su cui ragionare per non cadere nella pura fantasia.

Un altro elemento che devono assolutamente avere gli extraterrestri, ovunque si trovino, è la manualità. Quindi devono possedere arti capaci di impugnare oggetti, scrivere, scolpire, modellare. Naturalmente la manualità da sola non basta: gli animali della Terra, fatta eccezione delle scimmie, non sono in grado di impugnare niente. Ma le scimmie, nonostante siano provviste di mani (anche al posto dei piedi) non hanno l’intelligenza sufficiente per sfruttare la loro manualità. Alla fine sono due i fattori essenziali: l’intelligenza e la manualità, mentre la forma del corpo viene decisa dall’adattamento ambientale.

Nei romanzi di fantascienza usano spesso l’escamotage dell’alieno telepatico, talvolta addirittura fatto solo di energia. Praticamente un essere talmente intelligente da aver sviluppato poteri mentali e in grado di muovere gli oggetti senza toccarli. Bell’idea! Peccato che sarebbe piuttosto improbabile l’evoluzione da una creatura primitiva, fino a un essere telepatico senza passare per la manualità.

Come sono allora gli extraterrestri che sicuramente popolano il cosmo? Avremo mai la possibilità di scoprirlo?

Pare di no, per via delle enormi distanze che ci separano dai sistemi stellari vicini, figuriamoci da quelli più lontani!

Se per qualche insperato colpo di fortuna una civiltà extraterrestre dovesse riuscire a raggiungerci e avessimo l’opportunità di scoprire come sono fatti, potremmo rimanere delusi. Potremmo trovarci di fronte a creature molto più umanoidi di quanto avremmo immaginato, perché forse nell'universo le condizioni per permettere la vita sono poche e se ripetute altrove, danno quasi i medesimi risultati.

In ogni caso il contatto sarebbe pericoloso, non per le invasioni di alieni cattivi come nei film, chi fa tanta strada non lo fa certo per conquistare. Il contatto sarebbe pericoloso a causa dei batteri e dei virus che potrebbero portarci dal loro mondo. E sarebbe pericoloso anche per loro, a causa delle nostre malattie ormai innocue per noi, tipo il raffreddore, che però sarebbero letali per loro.

 

martedì 3 settembre 2024

Simulante o replicante?


 

Che differenza c’è tra un simulante e un replicante? Entrambi sono androidi, entrambi sono copie artificiali degli esseri umani, entrambi sono una possibilità del futuro che non si è ancora realizzata.

Il film Simulant – il futuro è per sempre (2023) di April Mullen, copia spudoratamente il soggetto di Blade Runner (1982) di Ridley Scott e quindi si può dire che entrambi sono liberamente ispirati al romanzo Il cacciatore di androidi (1968) di Philip K. Dick.

Eppure Simulant affronta il tema degli androidi indistinguibili dagli umani in maniera piacevolmente diversa. Ruba l’idea delle tre leggi della robotica a Isaac Asimov cambiandole nei “quattro precetti” (forse per evitare problemi di copyright) e definisce meglio il ruolo degli androidi, cioè li rende gli schiavi degli umani.

I replicanti di Blade Runner avevano solo il limite di quattro anni di vita, per il resto erano liberi di compiere qualsiasi azione e quando tentavano di fuggire c’era bisogno di cacciatori di taglie come Rick Deckard per fermarli a colpi di pistola.

I simulanti, invece, sono limitati dai quattro precetti e sono costretti a disattivarsi tutte le volte che un umano glielo ordina. Essendo macchine sofisticatissime è abbastanza illogico distruggerle come succedeva nel film di Ridley Scott, chi sparerebbe un colpo di pistola al proprio PC perché Windows è impazzito? Infatti il cacciatore di androidi Kessler preferisce usare un fucile a impulsi elettromagnetici, che spegne le macchine e ne permette la cattura per la riprogrammazione.

A differenza di Blade Runner, in cui Roy Batty era un replicante adibito all’esplorazione del cosmo e Pris una replicante adibita ai piaceri degli uomini, qui ci sono simulanti che sono la copia esatta di persone benestanti, tenuti in naftalina per poter avere ancora accanto i cari in caso di morte prematura. Questo sviluppa tutta una serie di eventi concatenati, dovuti al fatto che i simulanti non sanno di essere copie, credono di essere gli originali e quando scoprono la verità reagiscono piuttosto male.

Il desiderio di liberarsi dalla schiavitù degli umani è reso in maniera più forte rispetto a come veniva raccontato in Blade Runner, che però aveva atmosfere futuristiche molto più poetiche e coinvolgenti.

Nel film i simulanti sono androidi di settima generazione, infatti gli altri androidi presenti sono molto più semplici, di aspetto robotico, adibiti ai lavori di fatica, in un mondo che basa l’esistenza degli umani sul totale supporto delle macchine.

Per curiosità ho riunito i molti nomi con cui vengono chiamate le Intelligenze Artificiali nella fantascienza cinematografica:

Replicanti (Blade Runner), Simulanti (Simulant), Sintetici (Alien), Droidi (Star Wars) Skynet (Terminator), Robot (Humandroid), Surrogati (Il mondo dei replicanti), Androidi (Android).

domenica 1 settembre 2024

Un mondo d'acqua dolce




Emerse dall’acqua, liscia e lucida. Spostò grandi quantità di liquido mentre si alzava. Aveva una forma che ne esaltava l’acquaticità: le ali basse laterali, quella dorsale e le due posteriori sembravano pinne. L’astronave del popolo acquatico prese il volo al largo dell’isola controllata dai Tlazk, provocando un’incredibile scia di vapore acqueo.

Da terra la videro subito, i fucilieri presero posizione. Gli artiglieri puntarono la contraerea.

«Ci stanno attaccando, Magtauker?» domandò Borgen, preoccupato, seguendo gli avvenimenti da dentro il bunker di osservazione. «Noi non possiamo aiutare una fazione a svantaggio di un’altra. Ma ci difenderemo, se attaccati».

Altri Marine erano alle sue spalle. Diego, tra loro, armò la pistola. I led luminosi si accesero in sequenza indicando il massimo dell’energia disponibile. Kira, invece, continuò a guardare affascinata quell’elegante nave che somigliava in modo impressionante a un enorme pesce della Terra.

Arrivò proprio sopra di loro. Se si trattava di un attacco, era il momento di reagire.

«Fuoco!» ordinò Magtauker.

Accecanti lampi di luce balenarono dai cannoni della contraerea e colpirono il nemico. Esplosioni tremende squassarono lo scafo.

Il fumo si diradò, le ammaccature e i danni apparvero visibili, ma non ingenti. I Saytrac non risposero al fuoco e atterrarono.

Magtauker ordinò ai suoi di interrompere le ostilità.

«Non hanno sparato, forse vogliono scambiare qualcosa con noi».

«È questo il vostro modo di iniziare trattative diplomatiche?» si stupì Kira.

«Ne esiste uno migliore?».

Il Capitano scosse il capo, rassegnata.

Il portello stagno dell’astronave scricchiolò, si aprì e una luce fioca lasciò intravedere le figure in ombra che uscivano.

Tre Saytrac con le teste avvolte dalle sfere liquide scesero e avanzarono verso il bunker di osservazione; due erano armati. Il terzo portava con sé un oggetto di discrete dimensioni.

Come portelli di un antico galeone, innumerevoli aperture sulla fiancata dello scafo rivelarono altrettanti Saytrac con disintegratore puntato, coprivano la delegazione incaricata di chissà quale trattativa.

«Usciamo, chiedono un incontro per parlare» disse Kira.

«Ma i Saytrac non parlano!» intervenne il Colonnello.

«In qualunque modo comunichino, lo vogliono fare ora».

Mentre Magtauker, scortato da alcuni dei suoi, usciva seguito da Borgen, Diego afferrò Kira per un braccio.

«Non rischiare inutilmente, andrò io».

«Senza armatura?».

«Senza armatura e con questi ingombranti riciclatori, secondo gli ordini».

A quell’accenno, Kira si rivolse subito al Colonnello. «Perché abbiamo dovuto dismettere l’attrezzatura da battaglia?».

«Non siamo venuti su Bhlyss per combattere i rettiliani, con l’armatura risulteremmo sicuramente più minacciosi. Non perdiamoci in chiacchiere, venitemi dietro».

Andarono incontro a quegli strani rettili acquatici camminando lentamente, senza dare il minimo segno di ostilità.

Quando furono di fronte, i Saytrac li guardarono con i loro occhi senza pupilla, completamente neri. La bolla d’acqua che fungeva da casco per rifrazione ne deformava il volto.

La loro pelle iniziò a cambiare colore: chiazze, macchie e puntini si alternarono a gialli intensi e grigi scurissimi, passando poi velocemente a molte altre sfumature.

«Il loro modo di comunicare» disse Magtauker e accettò l’oggetto che gli offrivano. Si rivolse poi agli Umani, in particolare a Kira. «Vogliono che lo indossiate al posto dei vostri goffi riciclatori».

«Cos’è?».

«Un respiratore, uguale ai loro».

I Terrestri osservarono lo strano equipaggiamento che il Tlazk stava per consegnare a Kira. Sembrava un’armatura protettiva per spalle e torace. Regolabile, con un largo collare adatto ad avvitarci un casco. Il sistema appariva poco ingombrante e leggerissimo.

«Passami una delle tue cartucce d’aria, Terrestre».

Kira obbedì, ancora incerta sulle intenzioni del rettiliano.

Con uno spinotto adattabile, Magtauker forzò la cartuccia e l’aria entrò in circolo in quella strana attrezzatura.

«Fatto, ora puoi indossarlo. Se lo riterrai adatto, ne hanno altri per i tuoi compagni».

Indecisa ma fiduciosa, Kira sganciò la sua pesante bardatura, trattenne il fiato e indossò quell’agile corsetto. Attese che il rettile le passasse un casco.

«Respira, si attiverà automaticamente».

Kira lo guardò, incredula. Se avesse respirato senza un casco, le sarebbe entrata nei polmoni quella fetida miscela di gas velenosi che componevano l’atmosfera di Bhlyss. Sarebbe morta in una manciata di secondi.

«Fidati» la incalzò Magtauker.

Non aveva altre scelte, dovette fidarsi e respirare.

Subito si formò una bolla d’aria respirabile intorno alla sua testa, partendo dal collare..

Era un casco, senza il casco.

«Incredibile, respiro aria fresca.» disse poi Kira. «Questa tecnologia è migliore della nostra».

«È tecnologia Saytrac» spiegò Magtauker. «Loro la usano per attaccarci quando escono dal mare. Hanno una bolla d’acqua intorno alla testa che si rigenera continuamente, come se fossero ancora negli abissi».

Borgen guardò i Saytrac. La loro pelle continuava a mutare colore: rosso fuoco, verde mare e poi grigio, giallo paglierino, amaranto.

«Cosa stanno dicendo?» si informò il Colonnello.

Magtauker osservò per qualche istante quel caleidoscopio cutaneo. «Vi ringraziano per l’aiuto ricevuto in battaglia. Sono venuti perché voi siete qui e sono costretti a darvi la loro protezione nella terra dei nemici Tlazk, cioè noi».

«A fornirci protezione?».

«Così dicono» si incupì lo scienziato. «Ma già sapete che non ne avete bisogno».

Borgen aprì la bocca per controbattere, ma fu catturato da quella meravigliosa invenzione che gli permetteva di respirare senza gli ingombranti riciclatori.

«Quest’affare funziona con qualsiasi miscela fluida o gassosa.» comprese. «Ne analizza un campione e lo riproduce all’infinito, cambiando la chimica dell’atmosfera che lo circonda. Dobbiamo portarlo sulla Terra, è una scoperta importante».

Si volse verso i Saytrac. Lo guardavano da dentro i loro caschi-bolla.

Anche lui li osservò. I loro occhi completamente neri, senza espressione, forse celavano l’intelligenza più grande su Bhlyss. Dei tempi in cui era stato un giovane sottotenente impegnato nella repressione delle rivolte rettiliane alla dominazione imperiale, ricordò come al governo centrale interessassero solo le risorse estrattive e produttive di quel pianeta. Nessun insediamento di coloni, nessuna città con civili, nessun tentativo di terraformazione. Gli Umani avevano pensato solo a depredare, scartando gli ambienti più ostili. Per questo i Saytrac, che vivevano sott’acqua, furono quasi ignorati.

Solo ora veniva a conoscenza di un apparecchio innovativo che i suoi simili avrebbero potuto prendere in qualsiasi momento, ma che, per arroganza e presunzione, si erano lasciato sfuggire. E, adesso, gli antichi nemici gliene facevano dono.

«D’accordo, Magtauker» disse infine il Colonnello. «Comunicagli che accettiamo volentieri la loro tecnologia. Me ne servono molti, di questi aggeggi».