martedì 12 novembre 2024

Diafanoidi o Ultracorpi?

 

I Diafanoidi vengono da Marte fa parte di una quadrilogia diretta e prodotta da Antonio Margheriti tra il 1965 e il 1967: gli altri tre film sono I criminali della galassia, Il pianeta errante e La morte viene dal pianeta Aytin.

Girarono tutti e quattro i film in sole dodici settimane sfruttando le stesse scenografie e la maggior parte del cast. L’obiettivo era il mercato statunitense e bisogna ammettere che nonostante siano stati realizzati a basso costo, non hanno granché da invidiare ai B-movie americani dell’epoca. Certo, col 1968 arrivò 2001: Odissea nello spazio e spazzò via quel tipo di fantascienza antiquata dai cinema, ma questa è un’altra storia.

La quadrilogia è disponibile su YouTube e io ho visto I Diafanoidi vengono da Marte ieri sera, con cinquantotto anni di ritardo. Bé, meglio tardi che mai.

Dei quattro è quello che racconta una minaccia extraterrestre piuttosto simile a L’invasione degli Ultracorpi (1956) tratto dal romanzo Gli invasati di Jack Finney del 1954. Che poi era simile a Il terrore dalla Sesta Luna (1994) tratto dal romanzo di Robert A. Heinlein del 1951 e a The father thing (2018) telefilm tratto dall’omonimo racconto di Philip K. Dick del 1954.

La mia curiosità per chi fossero i Diafanoidi è rimasta delusa nello scoprire che si tratta solo di un’idea rubata ai grandi scrittori statunitensi per realizzare un film da vendere proprio agli statunitensi. Tra l’altro i Diafanoidi hanno una forma piuttosto banale: sono luci verdi che si avvicinano minacciose, attaccano diffondendo un fumo verdastro, paralizzano le vittime e poi si impadroniscono del loro corpo. La trama del film presenta alcune lacune logiche, per esempio le pistole a fiamma che sparano attraverso le pareti della stazione spaziale. Oppure quando i protagonisti rompono il vetro della base su Marte e camminano trattenendo il fiato per raggiungere l’astronave di salvataggio. Però bisogna ricordarsi dell’epoca in cui è stato realizzato e soprattutto di quanti errori simili commettevano anche gli americani nei loro B-movie.

C’è un film semiserio su Netflix che riprende il tema degli Ultracorpi e lo sviluppa in modo simile ai Diafanoidi. Il film è norvegese del 2022 e si intitola Blasted – In due contro gli alieni.

Due amici d’infanzia, campioni europei di laser tag si ritrovano a Hessdalen, una località famosa per gli avvistamenti alieni e perfetta per giocare a paintball. Peccato che la zona sia infestata dagli extraterrestri impegnati ad attuare la loro invasione. Naturalmente si tratta di una commedia con atmosfere in stile Resident Alien, però c’è il punto in cui i terrestri rapiti sono nella caverna e stanno essere convertiti in alieni che somiglia in modo impressionante a quando i Diafanoidi convertono i terrestri nelle miniere di Marte.

Chissà, forse lo sceneggiatore norvegese ha visto il film di Margheriti!

domenica 10 novembre 2024

Mutant Chronicles

 

Mutant Chronicles è un film del 2008 che costò venticinque milioni di dollari e ne incassò soltanto due. Infatti da noi non fu distribuito fino al 2010 e comunque finì, senza passare dal cinema, direttamente in DVD.

Era tratto da un gioco di miniature degli anni ‘90 della svedese Target Games che, come il più famoso concorrente Warhammer 40000 dell’inglese Games Workshop, aveva anche dei romanzi collegati. Io avevo apprezzato il gioco soprattutto per le fantastiche illustrazioni di Paolo Parente, tuttavia per le miniature preferivo di gran lunga Warhammer 40000.

Nel film ci si rende poco conto della complessità dell’ambientazione, infatti dopo una breve battaglia tra le tante della Prima Guerra Corporativa si passa subito alla Fratellanza che sceglie i Doomtrooper che dovranno fermare l’Oscura Legione. Questa sembra formata solo da zombi, mentre nel gioco era comandata dai Cinque Apostoli e composta da Necromutanti, Non-Morti e umani eretici.

La semplificazione, probabilmente per restare nei centoundici minuti della pellicola fu di sicuro uno dei fattori del flop. Inoltre i brevi accenni allo steampunk e al dieselpunk, vanno sprecati e non hanno seguito. Forse una serie di film avrebbe reso meglio l’intera opera, ma dopo il tremendo tonfo al botteghino… qualsiasi sogno di grandezza fu spazzato via dal pubblico.

Di seguito una breve descrizione delle corporazioni, che nel film furono visivamente appiattite, mentre nelle illustrazioni del gioco e nelle miniature vennero molto caratterizzate.

Le cinque megacorporazioni che dominano la Terra del ventitreesimo secolo sono:

Capitol: vagamente a stelle e strisce, è la più grande e si ispira a valori democratici. Ha una forte presenza su Marte.

Bauhaus: molto più teutonica, si basa sulla discendenza. Ha una forte presenza su Venere.

Mishima: discende dai nobili casati giapponesi, la sua filosofia è “morte piuttosto che disonore”. Ha una forte presenza su Mercurio.

Imperiale: Decisamente british, è la più piccola ma considerata da tutti “la fazione dannata”. Ha presenze in tutto il sistema solare e una struttura basata su clan.

Cybertronic: è la megacorporazione più giovane, basata sulla tecnologia, le macchine pensanti e la bioingegneria. Ci sono forti sospetti che si tratti di un camuffamento dell’Oscura Legione per infiltrarsi nella società umana.

Ricordo di aver visto il film in inglese coi sottotitoli, proprio perché in Italia non l’avevano distribuito. E tutto sommato mi piacque abbastanza.

sabato 9 novembre 2024

I primi Star Wars televisivi

 


I primi due spin-off di Star Wars furono a basso costo, realizzati per la televisione statunitense e indirizzati ai bambini. Lucas aveva tenuto nel cassetto il libro La Gemma di Kaiburr commissionato a Alan Dean Foster, da usare per un film a basso costo nel caso che Guerre Stellari fosse andato male al botteghino. Poi la trilogia divenne un mito e del libro di Foster, con Luke e Leila innamorati e decisamente non fratello e sorella, gli Yuzzem tremendamente simili agli Wookiee e Darth Vader che finisce nel pozzo, ce ne siamo dimenticati. Però nel 1984 e nel 1985, dopo aver già realizzato l’orripilante The Star Wars Holiday Special per la TV, Lucas produsse i due film televisivi: The Ewok Adventure e Ewoks: The Battle for Endor.

In Europa i furbissimi distributori li proiettarono al cinema e in Italia fu cambiato il titolo al secondo, per cui divennero L’avventura degli Ewoks e Il Ritorno degli Ewoks.

I due film, comunque, sono decisamente brutti.

A giudicare dai poster (tantissimi) e dai molti titoli diversi, sembrerebbe che altri paesi abbiano fatto come l’Italia. In ogni caso il poster di Drew Struzan titolato Caravan of Courage e quello di Renato Casaro titolato The Battle for Endor sono (secondo me) i migliori.


giovedì 7 novembre 2024

Masters of the universe

 


Nel 1976 Mattel rifiutò la proposta di lanciare una serie di action figure dell’allora sconosciuto Star Wars di George Lucas. Dopo il successo del film, nel 1977, con i giocattoli andati a ruba, Mattel si mangiò le mani a morsi!

Si ripresentò l’occasione, nel 1980, quando fu proposta una linea di giocattoli basata sul film di prossima uscita Conan il Barbaro. Mattel declinò ancora, per via dell’alto tasso di violenza e le scene di nudo che permeavano l’opera. Però questa volta pensò bene di copiare l’idea di Robert Ervin Howard limandola il più possibile per veicolarla senza problemi ai bambini. Così nacque il barbaro biondo muscoloso He-Man, la versione culturista, plastificata e parecchio annacquata dell’antieroe cimmero.

Masters of the Universe (He-Man e i buoni contro Skeletor e i cattivi) divenne una fortunata serie di giocattoli e il mezzo scelto per accompagnarli furono ovviamente i cartoni animati. Eppure, dieci anni dopo l’uscita di Guerre Stellari, fu deciso di trarne un film che da noi arrivò col titolo tradotto (forse fu una delle ultime volte che successe): I dominatori dell’Universo.

Il film differisce molto dai cartoni animati e per certi versi strizza l’occhio, guarda caso, proprio a Guerre Stellari. In pratica da Fantasy diventa Science Fantasy, mischiando ancora di più la tecnologia e la magia di quanto non succedesse nei cartoni. In Italia si optò per scrivere il titolo sul poster col medesimo effetto e lo stesso colore giallo usati per Guerre Stellari.

Il colpo d’occhio cade subito sugli Skeletor Trooper, guerrieri soldato a metà strada tra un armigero medievale e un tedesco della Wehrmacht. Inseriti nel film per imitare gli Stormtrooper dell’Impero Galattico di Guerre Stellari, come del resto avevano già fatto anche i creatori di V-Visitor nel 1983, proponendo i rettiloidi Shock Trooper.

La caratteristica che accomuna questi tre tipi di soldati appartenenti a saghe così diverse è che tutti sparano tantissimo ma non riescono quasi mai a colpire qualcuno.

He-Man, interpretato dall’ex Ivan Drago Dolph Lundgren, indossa un mantello e un’armatura molto dissimili dai pochi indumenti del personaggio giocattolo. Inoltre arriva dalle arti marziali, quindi non ha certo il fisico da culturista. Tutto questo serve per allontanare il paragone con Conan il barbaro della Marvel, pericolosamente imitato nei fumetti Masters targati DC Comics.

Il film ha una prima parte ambientata a Eternia, con le forze del malefico Skeletor che attaccano il Castello di Grayskull. Qui He-Man, Teela e Man-At-Arms salvano Gwildor e la sua chiave cosmica, ambita da Skeletor per conquistare gli altri universi. Fuggono nel nostro universo, sulla Terra, e perdono la chiave.

Skeletor invia i quattro mercenari Karg, Saurod, Blade e Beast Man a caccia dei fuggitivi e l’ambientazione viene astutamente spostata negli States, con notevole risparmio di effetti speciali e col coinvolgimento dei teenagers che fa tanto Ritorno al Futuro fuso con Terminator, soprattutto appena ritrovano la chiave e sono inseguiti dai cattivi e difesi dai buoni.

I dominatori dell’universo non è certo un capolavoro, ma considerando a cosa si è ispirato, bisogna ammettere che è venuto anche troppo bene.

 

lunedì 4 novembre 2024

Duello nello spazio

 


Il mio nemico è un film del 1985, diretto da Wolfgang Petersen e liberamente tratto dal romanzo breve di Barry B. Longyear, che vinse il Premio Nebula e il Premio Hugo nel 1980.

Ricordo che al cinema mi colpì molto la schermaglia tra i caccia a inizio film, anche perché dal 1983 ero in crisi di astinenza da Star Wars e bramavo avidamente una nuova battaglia spaziale. I caccia terrestri non mi entusiasmarono granché ma i caccia Drac erano fantastici, avevano una linea aliena formidabile e stranamente oggi si fa fatica perfino a trovare delle buone foto che li riproducano fedelmente.

La storia, comunque, prende forma appena il pilota Davidge (Dennis Quaid) riesce ad abbattere l’ultimo caccia Drac, ma precipita per aver urtato il relitto. Il naufragio sul pianeta Fyrine IV causa la morte del suo copilota e Davidge, assetato di vendetta, inizia la caccia all’alieno che è riuscito a eiettarsi con la capsula di salvataggio atterrando ad alcuni chilometri di distanza.

Lo scontro tra il terrestre Davidge e il Drac Jeriba (Louis Gossett jr.) è inizialmente spietato e riflette tutto l’odio che hanno le due specie in guerra tra loro. Poi, trovandosi in balia di un pianeta ostile e sconosciuto, i due sono costretti a cooperare e diventano amici.

Questa prima parte del film, nonostante il romanzo di Longyear sia pluripremiato e magari lo scrittore non si sia fatto influenzare da altre fonti, fa venire subito in mente un bellissimo film di guerra del 1968: Duello nel Pacifico, di John Boorman. In quel film, un pilota statunitense (Lee Marvin) precipita su un’isola abbattuto da un capitano della marina imperiale giapponese (Toshirō Mifune). E subito inizia una tremenda battaglia all’ultimo sangue tra i due, proprio perché appartengono a due popoli diversi che si odiano per via della guerra in corso.

Anche in questo caso, dopo aver tentato più volte di uccidersi a vicenda, saranno costretti a cooperare per sopravvivere e diventeranno quasi amici. Furono previsti tre finali diversi per il film e forse quello definitivo non è il migliore.

Il fatto che nel romanzo breve il pilota di caccia umano precipita su un’isola durante una battaglia e incontra il nemico rettiliano che l’ha abbattuto fa pensare che probabilmente Longyear abbia visto il film di Boorman e gli sia piaciuto parecchio, ma questo è solo un mio lieve sospetto.

La seconda parte del film di Petersen prende una strada inaspettata: i Drac si riproducono per partenogenesi e Jeriba riesce a partorire un figlio prima di morire. Davidge cresce il piccolo Drac, che lo chiama zio, e cambia radicalmente la sua opinione sulla specie aliena che l’umanità sta combattendo.

Quando torneranno i suoi commilitoni a recuperarlo difenderà con le unghie e con i denti il suo “nipote acquisito”, lo salverà dai trafficanti di schiavi e nel finale il Drac, diventato adulto, inserirà Davidge nella ”lista degli antenati” stabilendo così qualcosa di simile a un legame di sangue.






venerdì 1 novembre 2024

I classici e i loro svarioni




È stato tanto tempo fa, ero un bambino e restai affascinato da quei film americani pieni di extraterrestri cattivi che cercavano di conquistare la Terra. E per loro (gli extraterrestri) finiva sempre nello stesso modo: venivano sconfitti con trovate imprevedibili e definitive. Quando era l’acqua di mare, quando gli ultrasuoni, talvolta i microbi, oppure la corrente elettrica.

Per quanto sembrassero invincibili durante tutto il film, negli ultimi dieci minuti si scopriva sempre il loro tallone d’Achille.

Un giorno vidi un film russo, con sette cosmonauti che sbarcavano su Venere e lo scoprivano primitivo, zeppo di dinosauri. Ebbene, i venusiani c’erano nel film, ma erano tutt’altro che minacciosi. Se ne stavano nascosti per spuntare solo nel finale, quando i terrestri ripartivano col loro razzo. Il riflesso nella pozzanghera venusiana mi lasciò solo intravedere una creatura schiva, misteriosa e probabilmente pacifica.

Quella fu la mia prima volta degli alieni buoni, molto prima degli incontri ravvicinati di Spielberg.

Tra i due meccanismi narrativi, quello degli extraterrestri cattivi è sicuramente il più inverosimile: le distanze astronomiche, le incompatibilità ambientali, i pericoli di contagio, rendono assurda qualsiasi mira di conquista interstellare. Eppure i film sull’invasione incollano lo spettatore alla poltrona molto di più di quelli sul contatto pacifico permeato dal senso di meraviglia.

La trovata più azzeccata fu in quella serie TV con gli UFO che rapivano i terrestri per espiantargli gli organi.

Oggi sembra che le idee siano un tantino a corto, forse perché in tanti hanno già raschiato il barile. E infatti assistiamo troppo spesso alla fiera del già visto.

Tornando a quando ero bambino, il ricordo va inquadrato in quell’epoca, quando ancora non avevamo visto niente. Non eravamo smaliziati e quasi tutto c’incantava.

Rivedere oggi ciò che affascinò allora diventa spesso una delusione.

Ieri ho visto il film “La cosa da un altro mondo”, del 1951. A parte il fatto di aver sostituito l’originale mutaforma del libro con un gigante alieno vegetale, praticamente un uomo albero, c’è un grosso difetto che fu tipico del periodo e che allora quasi nessuno notava.

Un po’ come succedeva nei film di cowboys e indiani i buoni e i cattivi erano talmente definiti da risultare quasi personaggi a due sole dimensioni. Nei western, infatti, gli indiani erano sempre cattivi e lo erano gratuitamente. Nessuno spiegava che i bianchi avevano rubato la loro terra, nessuno si preoccupava delle loro ragioni. Erano semplicemente i selvaggi che “l’arrivano i nostri” del 7° Cavalleria avrebbe spazzato via tra gli applausi in sala a fine film.

Per gli extraterrestri era lo stesso e fu lo stesso anche per il povero uomo albero, pilota di un astronave precipitata su un pianeta a lui ostile. Nonostante fosse, per ovvie ragioni, più evoluto dei terrestri, gli sceneggiatori lo resero rozzo come un Neanderthal e lo fecero avanzare con un bastone sulla passerella elettrificata intento ad avventarsi sugli umani gratuitamente proprio come gli indiani facevano contro i cowboys. Un bruto con poco cervello, con cui non valeva la pena di tentare comunicazione... e infatti fu fritto con la corrente elettrica! Tra l'altro, per giustificare il tutto, misero lo scienziato che tentava di parlargli (in inglese ovviamente) e veniva regolarmente ammazzato. Praticamente la stessa regola di non parlare agli indiani, se non si vuol finire scotennati!

Il ricordo deve restare un ricordo, tralasciando gli incredibili svarioni che ci propinarono a quei tempi.