venerdì 24 novembre 2023

The Creator

 

 

The Creator è un bellissimo Science Fantasy, proprio come Star Wars! Il tema dei robot è trattato in maniera differente da come veniva presentato in Blade Runner, anche se la persecuzione da parte degli umani cattivissimi è simile. La differenza principale, in questo cupo affresco di un futuro zeppo di guerre spaziali (pretesto per citare i mali storici dell’umanità), sono i robot pervasi dal misticismo.

I robot

I robot del film sono senzienti ed estremamente emotivi, l’AI ha preso coscienza diventando più che umana, eppure scegliere l’umanità per i robot è rischioso... a meno di non essere Isaac Asimov e scrivere The Bicentennial Man.

La fredda logica di Skynet in Terminator, che decide di eliminare gli umani perché inutili alla sua sopravvivenza, incolla gli spettatori alla poltrona del cinema. Stesso risultato si ottiene con Matrix, intenta a nutrirsi delle vite sognanti dei suoi schiavi umani. Ma anche in Westworld del 1973, dove i robot sono dei “tostapane guasti” e uccidono gli umani senza mostrare alcuna emozione (in Futureworld del 1976, c’è però il robot buono e qui già iniziano le contraddizioni). La macchina come minaccia funziona sicuramente meglio della macchina buona, un po' come gli extraterrestri invasori funzionano meglio di quelli amici (fatta eccezione per E.T.).

In The Creator i robot sono perseguitati dall’Occidente e invece perfettamente integrati con l’Oriente. Tuttavia gli occidentali li usano in guerra e qui una delle citazioni meno evidenti è proprio Dark Star: la bomba che scendeva da sotto la stiva dell’astronave, interloquiva coi piloti mentre le impartivano gli ordini per lanciarsi sul pianeta instabile da distruggere. In The Creator vediamo i robot kamikaze interloquire col colonnello prima di autodistruggersi diligentemente sul nemico.

L’Oriente guerrigliero

Gli altri robot, quelli dalla parte dell’Asia, sono guerriglieri, come del resto gli umani che li affiancano. La lunga e spettacolare sequenza dell’attacco occidentale è una trasposizione fantascientifica della guerra del Vietnam: l’Occidente tecnologicamente superiore (perché?) è molto “yankee”, mentre l’Oriente è arroccato in villaggi fatti di palafitte e gli uomini e i robot si difendono con mitra e bazooka proprio come facevano i vietcong. Possibile che in una guerra così terribile l’Oriente non disponga di un esercito dello stesso livello del nemico? E possibile che i robot non diano il contributo tecnologico che dovrebbero alla parte scelta? È possibile perché The Creator sfrutta situazioni storiche del passato travestendole da futuro, proprio come fece George Lucas! Così se in Star Wars ci sono i cowboys, i cavalieri medievali e i nazisti tutti provvisti di nuovo look spaziale, in The Creator ci sono le guerre a stelle e strisce in Corea e in Vietnam (che hanno funzionato in tanti film) riproposte con un look fantascientifico.

Tutto bello, ma forse, proprio per focalizzare di più il tema del razzismo, sarebbe stato meglio sostituire i robot con una nuova specie umana, magari osteggiata dall’Occidente e invece integrata dall’Oriente.

Torno in naftalina.

mercoledì 1 novembre 2023

Un racconto di fantascienza

 


 

LA SECONDA SCELTA

© 2016 Marco Alfaroli

 

 

Era notte. La Luna piena rischiarava la foresta innevata. Il ghiaccio rifletteva con mille bagliori.

Torg, col suo corpo tozzo e forte si faceva largo strappando i rami e ringhiando: aveva fame. Il suo compagno Graz lo seguiva emettendo pochi grugniti perché era un tipo taciturno; le loro gambe corte affondavano nella neve fino alle ginocchia. Era una fatica tremenda, ma andavano avanti.

Torg si appoggiò al bastone per riposarsi, tirò su col naso e guardò verso l’alto. La neve cadeva sempre più fitta, cominciava a essere troppo freddo ed era preoccupato: molti dei loro erano morti congelati per non aver trovato in tempo un riparo.

Si voltò verso Graz e sbracciandosi con violenza urlò rabbioso. Dovevano tornare indietro. Non erano riusciti a trovare carne fresca e gli altri a casa aspettavano. Continuare era troppo rischioso, poteva significare la morte.


Qualcosa luccicò oltre il fitto intreccio di rami coperti di neve. Torg si zittì e aguzzò i suoi piccoli occhi, quasi invisibili sotto la fronte prominente, ma che brillavano di astuzia. Puntò il bastone fornito di una pietra aguzza su un’estremità in mezzo ai rami. Voleva farne cadere la neve.


«Ci sono due Neanderthal, là dietro!» L’uomo che aveva parlato impugnava uno strano strumento elettronico. Sembrava una telecamera con due antenne laterali e un grosso monitor su cui una serie di led verdi si muovevano a intermittenza.

«Sei sicuro che siano Neanderthal?»

«Sì, rilevo la loro impronta di calore corporeo. La struttura ossea è quella. Siamo nei guai».

L’altro imbracciò il fucile sonico. Abbassò la piccola leva laterale e tre luci arancione illuminarono progressivamente l’arma.

«Se provano ad avvicinarsi, li stendo!»

«No! Sono più resistenti dei Sapiens e se non riesci ad abbatterli subito, ci faranno a pezzi. Rientriamo nel portale».


Torg era pieno di collera. Per andare avanti spezzò tronchi, strappò rami, si graffiò la carne incurante del dolore. Aveva visto gli “altri”. Quelli che gli portavano sempre via il cibo. Quelli che correvano meglio. Quelli che sapevano lanciare le loro armi per uccidere gli animali da lontano. Lui li odiava.

Urlò più forte che poteva, per spaventarli.

Erano strani: lo guardavano pavidi, tenevano qualcosa di mai visto in mano ed erano ricoperti di azzurro. Intorno agli “altri” c’erano tante cose che spaventavano Torg.

C’era quel cerchio ruotante che vibrava a mezz’aria… Torg rimase per un attimo incerto, esitò.

Un lampo, all’improvviso, illuminò dall’alto tutto e tutti. Torg, abbagliato e stordito, svenne.


Quanto tempo era passato? Ore, giorni? Il temponauta si svegliò lentamente. Dove si trovava? Si rese conto del pavimento metallico per via della fredda grata su cui poggiava la guancia.

Sbatté più volte le palpebre per riprendersi dal torpore e poi cercò il suo collega. Era sdraiato accanto a lui e lo scosse per farlo rinvenire.

«Niko 13! Svegliati, siamo stati catturati».

L’altro, visibilmente stordito, si guardò intorno.

«Dove siamo?»

«Non lo so, ma non credo proprio che questa sia la caverna dei Neanderthal».

Una luce fioca arrivava da qualcosa di simile a un neon che correva lungo tutto il perimetro del soffitto e rischiarava debolmente le pareti lisce, sporche, percorse da tubazioni e condotti, di quella che doveva essere una stiva.

«Guarda!» disse Kano 7.

Niko 13 si voltò. La parete che avevano di fronte diventava evanescente, azzurrognola. Alla fine fu trasparente e mostrò quattro lettini con quattro ominidi legati e sedati. In piedi davanti a loro c’erano due esseri extraterrestri, intenti a monitorarli con strani strumenti.

I due si voltarono verso Niko 13 e il suo collega Kano 7, e li osservarono.

«Che facciamo?»

«Niente, non possiamo fare niente».

Gli alieni erano alti, magri e avevano un’anatomia umanoide. Ciò che li differenziava di più da un uomo era la loro testa: sembrava quella di un cavallo, ma con sei occhi per lato. Indossavano una tuta di un materiale sconosciuto dal colore dorato.

Niko 13 guardò gli ominidi: due erano Sapiens e due Neanderthal. Forse quelli che avevano tentato di aggredirli nella foresta.

«Che cosa stanno facendo?»

«Non lo so e non mi piace. Dobbiamo trovare il modo di andare via da qui».

«Impossibile, non vedi che siamo prigionieri?»

Niko 13 non gli rispose, la sua attenzione era stata catturata dalle azioni degli extraterrestri.

Sopra i lettini, avvolti in un complicato intreccio di tubi, due grandi schermi sferici riportavano la ricostruzione elettronica delle teste e del cervello degli ominidi addormentati.

La loro attività cerebrale era indicata da strani diagrammi luminosi. Anche se i dati erano scritti in un linguaggio sconosciuto, appariva chiaro che i valori dei Sapiens erano più alti.

«Credo che stiano misurando la differenza intellettiva tra le due specie».

Kano 7 si accigliò.

«Forse li usano come cavie per qualche esperimento».

«Come abbiamo fatto tante volte noi con gli animali?»

«Sì, quando ne esisteva ancora qualcuno».

«No, non è un esperimento» disse Niko 13.

Uno dei due alieni stava davanti ai Sapiens e teneva in mano un apparecchio che forse serviva per fare iniezioni.

«Quella fiala piena di liquido viola! Stanno per iniettarla e hanno scelto la specie con i valori più alti. Sai che cosa penso? Che vogliano far progredire i Sapiens condannando i Neanderthal all’estinzione. Non abbiamo mai scoperto quale sia stato il fattore che ha permesso l’evoluzione della nostra specie e la scomparsa dell’altra».

«Ora lo sappiamo: è stato E.T. Con una siringa» ribatté Kano 7 con tono sarcastico.

Proprio in quel momento l’altro alieno puntò i suoi dodici occhi addosso ai temponauti. Si avvicinò alla parete trasparente e appoggiò la mano.

Ci fu una potente vibrazione che scosse tutto. Niko 13 sentì che qualcosa gli afferrava con violenza la mente.

Non poteva muoversi. Una fortissima morsa invisibile lo bloccava. Con uno sforzo tremendo ruotò di poco il capo: accanto a lui anche Kano 7 era immobilizzato.

Vide tutti i propri pensieri proiettati davanti a sé, insieme a quelli del suo amico. Era come se qualcuno li analizzasse, e scartasse quelli che non gli interessavano. Era evidente che gli extraterrestri volevano conoscere il futuro.

Niko 13 oppose più resistenza possibile ma gli alieni riuscirono senza fatica a entrare nella sua mente.

La Terra del ventinovesimo secolo, almeno cinquantamila anni più avanti nel tempo, appariva devastata.

Il cielo, denso di fumi velenosi, offuscava la luce del Sole e, sotto di esso, un’immensa distesa oleosa e inquinata ricopriva tutto. Si vedevano alcune strutture metalliche simili a palafitte. L’alieno, leggendo nella mente, comprese che erano rifugi.

Gli ultimi superstiti umani, infatti, dopo aver definitivamente distrutto la Terra, vivevano relegati nei rifugi, gli ultimi spazi abitabili rimasti. Retrocedevano nel tempo nelle varie epoche della storia per saccheggiare risorse per la loro sopravvivenza. L’espressione dei due umanoidi era inequivocabile. Mostravano shock e disgusto per quello che avevano appena visto. Fissarono i temponauti con disprezzo.

Niko 13 provò una forte vergogna per ciò che i suoi simili avevano fatto. La morsa lo lasciò libero e lui cadde in ginocchio piangendo. Un secondo più tardi fu liberato anche Kano 7.

L’alieno vicino ai Sapiens guardò la fiala di liquido viola. Poi alzò lo sguardo verso l’immagine mentale che mostrava quel panorama di morte. Alla fine si diresse verso i Neanderthal.

Niko 13 capì subito e urlò.

«No! Non potete farlo!»

Iniziò a battere i pugni sulla parete trasparente ma l’altro alieno azionò qualcosa a distanza. Il muro divenne gradualmente più consistente nascondendo i due temponauti.

Quel giorno furono i Neanderthal a ricevere quel qualcosa in più. Era un aiuto dalle stelle per vincere la competizione evolutiva e diventare i padroni del mondo.


Circa cinquantamila anni più tardi, su una Terra diversa, ancora parzialmente selvaggia, abitata da uomini che vivono in sintonia con la natura, rimane un mistero cui gli scienziati Neanderthal non sanno ancora dare una spiegazione.

Perché i loro antichi cugini si sono estinti?

 

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