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domenica 1 settembre 2024

Un mondo d'acqua dolce




Emerse dall’acqua, liscia e lucida. Spostò grandi quantità di liquido mentre si alzava. Aveva una forma che ne esaltava l’acquaticità: le ali basse laterali, quella dorsale e le due posteriori sembravano pinne. L’astronave del popolo acquatico prese il volo al largo dell’isola controllata dai Tlazk, provocando un’incredibile scia di vapore acqueo.

Da terra la videro subito, i fucilieri presero posizione. Gli artiglieri puntarono la contraerea.

«Ci stanno attaccando, Magtauker?» domandò Borgen, preoccupato, seguendo gli avvenimenti da dentro il bunker di osservazione. «Noi non possiamo aiutare una fazione a svantaggio di un’altra. Ma ci difenderemo, se attaccati».

Altri Marine erano alle sue spalle. Diego, tra loro, armò la pistola. I led luminosi si accesero in sequenza indicando il massimo dell’energia disponibile. Kira, invece, continuò a guardare affascinata quell’elegante nave che somigliava in modo impressionante a un enorme pesce della Terra.

Arrivò proprio sopra di loro. Se si trattava di un attacco, era il momento di reagire.

«Fuoco!» ordinò Magtauker.

Accecanti lampi di luce balenarono dai cannoni della contraerea e colpirono il nemico. Esplosioni tremende squassarono lo scafo.

Il fumo si diradò, le ammaccature e i danni apparvero visibili, ma non ingenti. I Saytrac non risposero al fuoco e atterrarono.

Magtauker ordinò ai suoi di interrompere le ostilità.

«Non hanno sparato, forse vogliono scambiare qualcosa con noi».

«È questo il vostro modo di iniziare trattative diplomatiche?» si stupì Kira.

«Ne esiste uno migliore?».

Il Capitano scosse il capo, rassegnata.

Il portello stagno dell’astronave scricchiolò, si aprì e una luce fioca lasciò intravedere le figure in ombra che uscivano.

Tre Saytrac con le teste avvolte dalle sfere liquide scesero e avanzarono verso il bunker di osservazione; due erano armati. Il terzo portava con sé un oggetto di discrete dimensioni.

Come portelli di un antico galeone, innumerevoli aperture sulla fiancata dello scafo rivelarono altrettanti Saytrac con disintegratore puntato, coprivano la delegazione incaricata di chissà quale trattativa.

«Usciamo, chiedono un incontro per parlare» disse Kira.

«Ma i Saytrac non parlano!» intervenne il Colonnello.

«In qualunque modo comunichino, lo vogliono fare ora».

Mentre Magtauker, scortato da alcuni dei suoi, usciva seguito da Borgen, Diego afferrò Kira per un braccio.

«Non rischiare inutilmente, andrò io».

«Senza armatura?».

«Senza armatura e con questi ingombranti riciclatori, secondo gli ordini».

A quell’accenno, Kira si rivolse subito al Colonnello. «Perché abbiamo dovuto dismettere l’attrezzatura da battaglia?».

«Non siamo venuti su Bhlyss per combattere i rettiliani, con l’armatura risulteremmo sicuramente più minacciosi. Non perdiamoci in chiacchiere, venitemi dietro».

Andarono incontro a quegli strani rettili acquatici camminando lentamente, senza dare il minimo segno di ostilità.

Quando furono di fronte, i Saytrac li guardarono con i loro occhi senza pupilla, completamente neri. La bolla d’acqua che fungeva da casco per rifrazione ne deformava il volto.

La loro pelle iniziò a cambiare colore: chiazze, macchie e puntini si alternarono a gialli intensi e grigi scurissimi, passando poi velocemente a molte altre sfumature.

«Il loro modo di comunicare» disse Magtauker e accettò l’oggetto che gli offrivano. Si rivolse poi agli Umani, in particolare a Kira. «Vogliono che lo indossiate al posto dei vostri goffi riciclatori».

«Cos’è?».

«Un respiratore, uguale ai loro».

I Terrestri osservarono lo strano equipaggiamento che il Tlazk stava per consegnare a Kira. Sembrava un’armatura protettiva per spalle e torace. Regolabile, con un largo collare adatto ad avvitarci un casco. Il sistema appariva poco ingombrante e leggerissimo.

«Passami una delle tue cartucce d’aria, Terrestre».

Kira obbedì, ancora incerta sulle intenzioni del rettiliano.

Con uno spinotto adattabile, Magtauker forzò la cartuccia e l’aria entrò in circolo in quella strana attrezzatura.

«Fatto, ora puoi indossarlo. Se lo riterrai adatto, ne hanno altri per i tuoi compagni».

Indecisa ma fiduciosa, Kira sganciò la sua pesante bardatura, trattenne il fiato e indossò quell’agile corsetto. Attese che il rettile le passasse un casco.

«Respira, si attiverà automaticamente».

Kira lo guardò, incredula. Se avesse respirato senza un casco, le sarebbe entrata nei polmoni quella fetida miscela di gas velenosi che componevano l’atmosfera di Bhlyss. Sarebbe morta in una manciata di secondi.

«Fidati» la incalzò Magtauker.

Non aveva altre scelte, dovette fidarsi e respirare.

Subito si formò una bolla d’aria respirabile intorno alla sua testa, partendo dal collare..

Era un casco, senza il casco.

«Incredibile, respiro aria fresca.» disse poi Kira. «Questa tecnologia è migliore della nostra».

«È tecnologia Saytrac» spiegò Magtauker. «Loro la usano per attaccarci quando escono dal mare. Hanno una bolla d’acqua intorno alla testa che si rigenera continuamente, come se fossero ancora negli abissi».

Borgen guardò i Saytrac. La loro pelle continuava a mutare colore: rosso fuoco, verde mare e poi grigio, giallo paglierino, amaranto.

«Cosa stanno dicendo?» si informò il Colonnello.

Magtauker osservò per qualche istante quel caleidoscopio cutaneo. «Vi ringraziano per l’aiuto ricevuto in battaglia. Sono venuti perché voi siete qui e sono costretti a darvi la loro protezione nella terra dei nemici Tlazk, cioè noi».

«A fornirci protezione?».

«Così dicono» si incupì lo scienziato. «Ma già sapete che non ne avete bisogno».

Borgen aprì la bocca per controbattere, ma fu catturato da quella meravigliosa invenzione che gli permetteva di respirare senza gli ingombranti riciclatori.

«Quest’affare funziona con qualsiasi miscela fluida o gassosa.» comprese. «Ne analizza un campione e lo riproduce all’infinito, cambiando la chimica dell’atmosfera che lo circonda. Dobbiamo portarlo sulla Terra, è una scoperta importante».

Si volse verso i Saytrac. Lo guardavano da dentro i loro caschi-bolla.

Anche lui li osservò. I loro occhi completamente neri, senza espressione, forse celavano l’intelligenza più grande su Bhlyss. Dei tempi in cui era stato un giovane sottotenente impegnato nella repressione delle rivolte rettiliane alla dominazione imperiale, ricordò come al governo centrale interessassero solo le risorse estrattive e produttive di quel pianeta. Nessun insediamento di coloni, nessuna città con civili, nessun tentativo di terraformazione. Gli Umani avevano pensato solo a depredare, scartando gli ambienti più ostili. Per questo i Saytrac, che vivevano sott’acqua, furono quasi ignorati.

Solo ora veniva a conoscenza di un apparecchio innovativo che i suoi simili avrebbero potuto prendere in qualsiasi momento, ma che, per arroganza e presunzione, si erano lasciato sfuggire. E, adesso, gli antichi nemici gliene facevano dono.

«D’accordo, Magtauker» disse infine il Colonnello. «Comunicagli che accettiamo volentieri la loro tecnologia. Me ne servono molti, di questi aggeggi».

giovedì 1 agosto 2024

Pianeta Archon

 

 


 

Quando gli esuli della Terra arrivarono, Zeist avvertì la loro presenza. Li sentì avvicinarsi nello spazio. Vide che viaggiavano a bordo di uno strano ammasso metallico e li osservò mentre entravano in orbita attorno al suo mondo. Attese per capire quali fossero le loro intenzioni, quindi per qualche giorno non successe niente.

Percepì che stavano raccogliendo informazioni biologiche e ambientali. Immaginò che fossero esploratori.

Fu preso dalla frenesia, voleva a tutti i costi esplorare l’universo e questi esseri erano in grado di farlo. Un tempo ci aveva provato, aveva tentato di vedere più da vicino le stelle. Purtroppo non era riuscito ad andare molto lontano perché le sue unità Zeist, appena si allontanavano dall’insieme Zeist, morivano.

Da quel giorno triste aveva capito di essere legato in modo totale al suo mondo e si era convinto di non poter conoscere l’ignoto come avrebbe voluto. Adesso, però, per un incredibile colpo di fortuna, l’ignoto era venuto a cercarlo.

Rifletté meglio sui visitatori, non erano come lui e assomigliavano agli altri che in passato erano venuti, avevano sorvolato il pianeta e non erano scesi. Non gli avevano dato la possibilità di comunicare e lui si era molto dispiaciuto.

Come allora, anche in quel momento avvertiva una moltitudine di menti indipendenti affollate nell’ammasso. Si chiese come facessero ad andare d’accordo, senza rischiare di disturbarsi a vicenda, visto che ognuno aveva pensieri propri.

Passarono altri giorni e la sua curiosità crebbe. Purtroppo i visitatori si mantenevano nello spazio stando fuori dal suo raggio d’azione. A quella distanza percepiva le loro menti, ma non riusciva a leggere i loro pensieri.

Zeist era solo da sempre. E quella moltitudine di altri accese la sua eccitazione.

Erano una novità che a lui interessava molto, perché finalmente avrebbe potuto confrontarsi con un diverso modello di intelligenza.

Decise di agire.

Si avvicinò ai visitatori utilizzando gli Zeist che aveva costruito per esplorare lo spazio. Erano rossi scarlatti e avevano un corpo durissimo, resistente al vuoto assoluto, ali ricurve adatte al rientro nell’atmosfera e pinne longitudinali nella parte anteriore, per mantenere l’assetto in volo.

Con queste unità, Zeist si avvicinò all’ammasso in orbita, si fermò a distanza di sicurezza e fu certo di essere stato individuato perché sentì che là dentro parlavano di lui. Non fu intrapresa però alcuna azione concreta nei suoi confronti, per cui, con molta cautela, cominciò a leggere i loro pensieri.

Ricavò notizie essenziali in pochi attimi. L’ammasso metallico era un’astronave da carico: il Conestoga C-723, un vascello inadatto a uno sbarco e, soprattutto, inadeguato a trasportare passeggeri, tuttavia molto più facile da rubare rispetto alle gigantesche navi turistiche. Di tutte queste parole assimilò in fretta il significato grazie alle immagini che attraversavano le menti che stava analizzando. Capì che il vascello era stato rubato a una compagnia mercantile e utilizzato per la fuga. Non comprese da cosa stessero fuggendo perché in quel momento erano tutti concentrati sullo studio del suo mondo.

Qualcuno memorizzò le informazioni trasmesse da una macchina.

Sistema stellare triplo Alfa Centauri… stella nana rossa Proxima Centauri… pianeta Proxima 2 classificato come Archon… unico pianeta con caratteristiche simili alla Terra… risultati delle analisi dell’atmosfera… respirabile ma con sostanze moderatamente tossiche… necessario l’uso di maschere a filtro”.

Ormai, grazie alla comparazione dei pensieri e delle immagini lette nelle menti dei visitatori, Zeist aveva decifrato il loro modo di comunicare. Si chiamava linguaggio, avveniva mediante suoni e usciva da una cosa chiamata bocca.

All’improvviso ci fu un rumore secco, seguito dal fragore continuo dei motori in accensione. Zeist si spaventò e d’istinto tornò sul pianeta. Cominciò a diffidare dei visitatori e decise che se fossero scesi sarebbe rimasto nascosto, a osservarli.

Così fece, ma con lo sguardo puntato al cielo, aspettando l’arrivo. Non aveva considerato l’idea che i visitatori potessero danneggiarlo, non ci aveva nemmeno pensato. Eppure essi potevano anche arrivare con intenzioni ostili. Quindi decise che se fosse stato necessario, si sarebbe difeso.

Dalle nuvole sbucò l’enorme astronave che subito azionò una serie di razzi frenanti per tentare l’atterraggio. Il sibilo che accompagnava la discesa era impressionante. Dovevano essersi resi conto di non avere altra scelta e sapevano che anche se la manovra fosse riuscita, la nave non sarebbe più potuta ripartire, quindi erano destinati a restare per sempre sul pianeta o a morire nel tentativo di atterraggio.

Zeist li osservò con curiosità. Erano dei pazzi! Non avevano certo dei corpi-copia al sicuro da qualche parte in cui continuare a pensare. Se fossero morti, la loro esistenza sarebbe finita quel giorno. Fu inorridito da quel pensiero, lui non avrebbe mai rischiato tanto.

L’astronave scese sempre più lentamente fino ad arrivare quasi a fermarsi, sospesa a poche decine di metri dalla superficie con il fragore dei motori ormai divenuto insopportabile. Fu una lotta disperata contro la gravità. I getti di carburante incandescente dei razzi la contrastarono finché poterono, ma alla fine furono vinti e l’astronave precipitò, schiantandosi al suolo. Ci fu un forte boato, la struttura cedette, le lamiere si contorsero e si sollevò tanta polvere.

Quando essa si disperse, il silenzio calò sul relitto.


***


Larsson aprì il portello. Per la precisione, lo fece saltare, perché i comandi di apertura erano bloccati. L’aria esterna entrò nei corridoi e saturò l’ambiente. Si voltò verso i suoi compagni: «Ragazzi, indossate le maschere a filtro e non tenete in vista le armi, ci sono almeno venti creature là fuori, non voglio che ci considerino ostili. Però occhi aperti…».

Lentamente uscirono. Si guardarono intorno. Il cielo era coperto da una fitta coltre di nubi verdi che Proxima Centauri riusciva appena a passare con la sua luce arancione. Tutto intorno non si vedevano montagne, c’era solo un’immensa pianura su cui torreggiavano giganteschi vegetali dai tronchi contorti che s’intrecciavano formando figure abbastanza tetre. A varie altezze e sulla loro sommità si ergevano piattaforme ricche di materiale bianco che, visto da lontano, pareva soffice e caldo.

«Sembrano enormi funghi» disse l’uomo accanto a Larsson.

«Già. Non avevo mai visto un ambiente più alieno di questo».

«Non avevi mai visto un ambiente alieno, punto. Non ti sei mai mosso dalla Terra.»

«Intendevo dire neppure negli olofilm. Hai visto dove sprofondano i tuoi funghi?».

Larsson fece qualche passo verso il più vicino, almeno a un centinaio di metri da loro. Entrava dentro un cratere immenso e anche gli altri, più indietro, spuntavano da crateri simili.

Attaccati alle cortecce e al terreno, ben saldi come se avessero forti radici, c’erano strani palloni semitrasparenti, mollicci e pieni di venature rosse, parevano contenere un fluido.

«Quella là dentro sarà acqua?»

«Se ci sono i vegetali, l’acqua c’è per forza. E se sta là dentro sarà più facile prenderla».

Larsson indicò il lungo solco alla loro destra. Si avviarono per indagare. Appena lo raggiunsero capirono di essere sull’orlo di una voragine. Forse si trattava di un fiume e l’acqua scorreva proprio là in fondo, a chissà quale profondità. Ossian alzò lo sguardo sull’orizzonte e vide altri solchi che s’intersecavano tra loro, alla maniera di una fitta rete di canali, con in mezzo crateri e funghi colossali. Tutto era avvolto in una leggera nebbia.

«Ossian, puoi aggiornarmi sulla situazione?» fu la richiesta via comunicatore, dal relitto.

«Ancora non abbiamo stabilito alcun contatto con gli alieni, Zac. E più mi guardo in giro e più rimpiango la Terra. Qui il villaggio vacanze è veramente brutto».

«Non avevamo molta scelta, mi pare».

«Vero. Speriamo almeno che il gioco valga la candela».

«Siamo vivi. Questo è già abbastanza per me».

D’un tratto, Larsson s’accorse della creatura che lo osservava a una distanza di circa dieci metri. Stava dritta davanti a lui e gli puntava addosso i suoi sei occhi; avvertì subito la presenza di altre creature simili, in avvicinamento alla prima.

«Abbiamo visite» disse uno dei suoi compagni. E fece per estrarre la pistola dalla fondina.

«Fermo!» lo bloccò Larsson.

Le creature emersero completamente dalla nebbia. Erano aracnidi alti tre metri, con una grossa testa piatta, il busto era solo un pretesto per tenerci attaccate sei gambe, anzi, quattro erano di sicuro gambe, mentre le altre due, le anteriori, sembravano braccia. Un particolare lo colpì: non avevano la bocca e non c’era niente di alternativo che ne facesse la funzione.

Eppure, nonostante l’aspetto mostruoso, fu sicuro di non avere di fronte delle bestie. Osservò quegli occhi che lo guardavano e in quello sguardo riconobbe un inconfondibile guizzo di intelligenza. Si fece coraggio e cercò di stabilire un contatto.

«Veniamo in pace…» annunciò. «Forse non comprendete la mia lingua, ma spero che in qualche modo si possa comunicare. Vogliamo solo diventare vostri amici».

Non ci fu nessuna reazione, gli aracnidi rimasero immobili.

A Zeist i suoni emessi dal brutto alieno diedero fastidio. Comprendeva ogni cosa, ma un conto era sentire dialoghi lontani e un altro era sentirli così da vicino. Non riusciva a sopportarli.

Entrò nella mente dell’alieno e lì trovò paura, tensione e avversione per il suo aspetto. Non si stupì, anche loro non erano certo piacevoli da guardare. Continuò a curiosare finché si accorse dello stupore che causava. L’alieno si era reso conto dell’intrusione, era disorientato… e allora Zeist si ritrasse, perché temette di fargli del male. Decise di tornare nella sua mente, ma solo per iniziare la comunicazione.

Avete armi, volete usarle contro di me?pensò l’alieno.

Larsson sentì arrivare la voce come fosse portata dal vento. Fu un contatto tanto strano che per un momento ne restò turbato. Poi riconobbe il primo approccio telepatico e si sforzò di pensare un discorso, lo scandì ben chiaro, meglio che poté.

Noi veniamo dal pianeta Terra. Siamo fuggitivi. Laggiù non c’è più posto per noi, per via delle nostre idee che contrastano con quelle di un regime terribile. Restare avrebbe significato non avere un futuro e forse morire. Per questo motivo siamo venuti qui. Siamo stati costretti. Abbiamo le armi, è vero, ma non le useremo… ti chiediamo ospitalità. Siamo in pochi e abbiamo solo bisogno di un piccolo spazio per insediare una colonia”.

Guardò preoccupato i ragni e questi non si mossero di un millimetro. Temette di non essersi spiegato bene e lo temettero anche gli altri Umani. L’uomo accanto gli mise una mano sulla spalla: «Chi ci dice che non ci faranno a pezzi, Ossian? Sarà meglio indietreggiare finché siamo in tempo».

Zeist ebbe un sussulto, i ragni s’irrigidirono e un nuovo messaggio arrivò nelle menti del gruppo: “Pensate, non parlate. C’è una distorsione nella vostra voce che non sopporto”.

Va bene, va bene. Così va meglio?” pensò Larsson.

Sì, molto meglio”.

Puoi dare una risposta alla mia richiesta d’asilo?”.

La risposta arrivò.

E non fu diretta solo a lui, arrivò in tutte le menti umane nello stesso istante.“Zeist ha trovato nuovi amici! Potete restare a patto che io impari da voi ciò che conoscete, a modo mio”.


***


I Terrestri cominciarono a scendere dal Conestoga, a scaricare le loro cose e a curare coloro che si erano feriti durante il naufragio. In tutto scesero dal relitto novecentottanta persone.

Zeist li aveva accolti ed era divorato dalla curiosità. Aveva la possibilità di accrescere la sua conoscenza, era entrato in contatto con esseri sconosciuti, stranissimi, completamente diversi da lui, ed erano a sua completa disposizione.

Iniziò subito. Si mise a leggere i pensieri di uno di loro, poi di un altro e poi un altro ancora. Aumentò la velocità di lettura, diventarono cinquanta, cento, duecento. Alla fine entrò in tutte le menti disponibili e assimilò notizie con sempre maggiore bramosia.

Accumulò una quantità incredibile di informazioni sulla Terra e sugli uomini, e anche sulle donne… L’esistenza di due tipi di Umani, molto diversi tra loro, lo lasciò colmo di stupore. E scoprì che queste due unità così diverse avevano bisogno l’uno dell’altra, ma non come gli Zeist, per creare un collettivo. Il loro obiettivo era completarsi a vicenda, pur rimanendo individui indipendenti. Questo concetto non gli era ancora del tutto chiaro, però si ripromise di approfondirlo. Aveva già capito come facevano i Terrestri a riprodursi e perché alcuni di quelli che scendevano dall’astronave fracassata erano più piccoli degli altri, li chiamavano bambini. In pratica, concluse che si trattava di piccoli uomini in fase di costruzione.

Pensò con soddisfazione che avrebbe avuto molto da fare negli anni successivi.

 

Il romanzo è disponibile su Amazon in ebook e cartaceo

sabato 1 aprile 2023

Febbre di potere - serie Aedis

 

Queste sono le copertine dei libri che ho disegnato per l’amico scrittore Daniele Missiroli: gli episodi 7, 8, 9 e 10 della Saga Aedis. 

Febbre di potere è l’ultimo episodio della Saga, ne riporto di seguito una breve sinossi:

FEBBRE DI POTERE

Nel precedente episodio Daniel Sung ha ritrovato Samira, che era stata teletrasportata da Tyler Travis in una zona inesplorata di Aedis, dove aveva scoperto un villaggio fondato da Milton, il padre di Tyler, insieme ai suoi più fidati collaboratori.

Milton si era rifugiato laggiù dopo la morte dell'amata moglie Brenda, che sembra essere stata causata dal figlio in un esperimento fallito di teletrasporto. Questa vicenda viene narrata in una retrospettiva proprio in questo romanzo, dove si mostra come ha fatto Tyler a conoscere Lawrence Woolcot, attuale sindaco di Lamerton, che alla fine diventa anche governatore, dopo la secessione del Territorio Ovest da quello a est. Ora Lawrence è a un passo dal completare i suoi piani, orditi insieme ai suoi amici fin da quando si era iscritto all'università, diciotto anni prima.

Questo romanzo descrive la lotta fra Lawrence, deciso a conquistare con la forza anche il Territorio Est, e Daniel, Samira, Peter e tutti i loro amici di Newpolis, che intendono restare liberi.

 

FEBBRE DI POTERE SU AMAZON

LE ALTRE OPERE DELL'AUTORE SU AMAZON

 


 

UN CAPITOLO


Lamerton, 18 anni fa…

Sono in fila per iscrivermi all’università. I miei amici l’hanno già fatto e mi aspettano poco lontano. Dietro di me c’è un ragazzo ben vestito che mi ricorda qualcuno. Giacca e cravatta e capelli corti a diciotto anni non li porta nessuno. Mi gratto un orecchio e penso se sia il caso di attaccar bottone. Se fosse un segno del destino? Se in seguito scoprissi che è un idiota, potrei sempre mandarlo al diavolo.

Mi giro. «Ciao, io mi chiamo Lawrence Woolcot» gli porgo la mano.

«Ciao, io sono Tyler Travis» me la stringe, distratto.

«Mi sembra di averti già visto. Sei per caso il figlio di quel tipo delle industrie Travis?»

«Sì, è l’azienda di mio padre.»

Questo incontro sta diventando interessante, devo saperne di più.

«Che facoltà scegli? Io e i miei amici ci iscriviamo alla facoltà di giurisprudenza, perché vogliamo diventare avvocati.»

«Ho già tre lauree, ora mi serve Ingegneria Industriale. Un giorno dirigerò io la compagnia e devo essere preparato.»

«Su Aedis l’università si fa a diciotto anni, come fai ad avere già tre lauree?»

«Mio padre mi ha fatto studiare in istituti privati, regolarmente riconosciuti. Questa è la prima che prenderò tramite l’università pubblica. Lui ne ha quattro e io ne voglio prendere cinque.»

«Sei un fenomeno, allora.»

«No, no, tutto merito di mio padre e dei suoi amici. Vivo da sempre in mezzo alla tecnologia e ho assorbito conoscenze informatiche da ognuno di loro.»

«Già, tuo padre mette in commercio oggetti fantastici. Credo sia l’inventore più bravo di Aedis.»

«Be’… un giorno forse ti rivelerò come fa» ride.

Questa frase mi ha colpito. Dentro l’azienda del padre potrebbero esserci degli scheletri. Questo ragazzo in futuro sarà il proprietario di una grossa impresa e potrebbe essere ricattabile. Oppure potrebbe servirmi come finanziatore. In entrambi i casi devo coltivare questa amicizia. Mi iscrivo a giurisprudenza, poi aspetto che si iscriva anche Tyler, restandogli vicino.

Quando ha completato l’iscrizione mi avvicino. «Anche tra i miei amici c’è un informatico bravo. Vieni, te li presento. Siamo un gruppo molto affiatato, di cui potresti far parte.»

Lo conduco verso i miei amici. «Ragazzi, questo è Tyler Travis, della famosa Travis Corporation.»

I ragazzi alzano gli occhi, annoiati. «Questo con la barba è Ira Barnes» gli indico il più vicino e si stringono la mano. «Quello con il cellulare, invece, è Frank Ross, l’appassionato di tecnologia di cui ti parlavo. Forse potresti insegnargli qualcosa.»

Frank porge la sinistra a Tyler, perché la destra è occupata dal cellulare.

«Al suo fianco c’è Charlie Drew, il più studioso di tutti noi. Infatti, sta già perdendo tutti i capelli. Charlie, dov’è finito Edward?» mi guardo in giro, mentre si stringono la mano.

«Eccolo» Charlie mi indica la porta dei bagni.

Edward è appena uscito e si stropiccia le mani. «Vieni, Ed» grido «ti presento Tyler Travis.»

Edward ci raggiunge e stringe la mano a Tyler. «Ciao, sono Edward Kreb. Anche tu iscritto a Giurisprudenza?»

«No» scuote la testa «Ingegneria Industriale.»

Charlie mi guarda con un’espressione interrogativa. Devo insegnare ai miei amici a darmi corda qualsiasi cosa dica, senza che siano necessarie spiegazioni.

«Vi ho fatto conoscere Tyler, perché ritengo possa far parte del nostro gruppo. Anche se non sarà un avvocato come noi, avere una ditta come la sua dalla nostra parte potrebbe essere importante per le nostre carriere. Senza contare quello che potremmo fare noi per lui come avvocati.»

Mi rivolgo a Tyler. «Tuo padre avrà problemi legali, suppongo. Tutte le grandi aziende ne hanno» lo tocco col gomito, espressione sorniona.

«Non immagini quanti» annuisce. «Circolano avvocati per casa tutti i giorni.»

«Vedete, ragazzi? Do ut des… tempo al tempo… un giorno saremo i suoi migliori consiglieri.»

«Ma se ti ho detto che abbiamo già—»

«Le persone invecchiano, diventano lente» lo interrompo. «La mentalità non si adatta alle novità e in seguito quei tromboni perdono le cause. Fidati: fra dieci anni saremo i tuoi migliori amici e ringrazierai il destino per averci incontrato oggi.»

«Be’… grazie, Lawrence, sei molto gentile» sorride.

Prendo un biglietto da visita dal portafogli e glielo porgo. «Questo è l’indirizzo del pub dove ci riuniamo tutti i giovedì sera. Parliamo dei nostri obiettivi futuri e spettegoliamo sulle ragazze che frequentiamo. Vieni anche tu e non te ne pentirai.»

«Ci sarò, grazie ancora» alza una mano in segno di saluto e si allontana di corsa.

Tyler ha raggiunto un’auto lussuosa che lo aspettava. C’è addirittura l’autista che gli apre la portiera. Questo bamboccio è ricco da far schifo, credo proprio che sarà molto utile per i miei piani.

Ira mi guarda torvo. «Perché hai portato qui quel fesso? Io non gli presenterò nessuna ragazza!»

Scuoto la testa. «Ira, non capisci nulla, come al solito. Chi è il capo? Chi ha cervello per tutti e cinque? Quando io organizzo qualcosa, voi dovete appoggiarmi. Quel giovane è miliardario. Suo padre ha una delle compagnie più grandi del pianeta. Controlla la miglior tecnologia esistente e da una sua frase ho capito che c’è sotto qualcosa di losco.»

«Lawrence ha ragione» interviene Frank «Ho comprato questo cellulare tre mesi fa e già ne hanno messo in commercio uno che è veloce il doppio. Per non parlare di tutto il resto. Quando ho esaminato il loro catalogo, ho visto dispositivi impossibili da costruire con le conoscenze attuali. Devono avere uno stuolo di geni alle loro dipendenze. Stracciano la concorrenza dieci a uno.»

«Che frase hai sentito, capo?» chiede Edward.

«Io gli ho detto che suo padre era l’inventore più bravo che esistesse e lui ha commentato con: “Un giorno ti rivelerò come fa”. Capite ragazzi? Ha detto “come fa”, quindi il padre ha un sistema segreto.»

«Se lo tiene segreto» Charlie si tocca il mento «lo fa perché è illegale.»

«Sono sicuro che sia così» Edward annuisce «anche se non riesco a immaginare quale possa essere quel segreto» sogghigna.

«Diventerò presto il miglior amico di Tyler e mi farò dire tutto.»

«Già, l’hai invitato alle nostre riunioni» commenta Charlie «ma hai sbagliato giorno. Hai detto giovedì, invece noi ci riuniamo venerdì sera.»

«Non ho sbagliato. D’ora in poi faremo una riunione al giovedì con Tyler, dove parleremo solo di quello che ci interessa ottenere da lui, e quella solita del venerdì, nella quale continueremo a portare avanti i nostri piani.»

«Piani che non ci hai ancora rivelato» commenta Ira, sbuffando.

«I miei piani sono segreti e devono restare tali.»

«Un piano è segreto» Frank si rivolge a Ira con aria solenne «quando lo conosce una sola persona.»

Ira gli mostra il dito medio.

«Li sto mettendo a punto, ci sono ancora parecchie incognite» continuo. «La prima parte la conoscete: padroneggiare la legge. Per questo ho voluto vi iscriveste tutti a Giurisprudenza. Poi dovremo ampliare il più possibile le conoscenze delle persone che contano. Infine, dovremo occupare il maggior numero di posti di potere.»

«E poi?» chiede Edward.

«Poi… non lo so! Il piano complessivo prende forma nella mia testa man mano che il tempo passa. Ora che c’è una nuova variabile in gioco, parlo di Tyler, devo rimescolare le carte e pensare più in grande. Le nostre famiglie sono benestanti, ma non sono ricche. Adesso abbiamo fondi illimitati, è tutto diverso.»

«Non credo che Tyler sgancerà qualsiasi somma tu gli chieda» interviene Charlie. «I soldi sono del padre, che non è vecchissimo.»

Cerco Edward e mi accorgo che è andato a prendere un settimanale da un distributore automatico.

Quando torna lo apre a metà e ce lo mostra. «Questo articolo dice che Milton Travis ha cinquant’anni ed è sposato con una certa Brenda, che ha otto anni meno di lui. È appena tornato da una seconda luna di miele.»

«Che ti avevo detto?» commenta Charlie. «Milton sarà al comando della sua ditta anche fra dieci anni, te li puoi scordare i tuoi fondi illimitati

Aggrotto la fronte. «Per ogni problema esiste una soluzione: basta essere determinati a trovarla.»

«Non vedo come» interviene Frank.

«Non la vedi come non la vede nessuno di voi. Questo è compito mio, voi dovete solo pensare a seguirmi. Anzi, vi voglio parlare proprio di questo» mi guardano tutti e quattro con attenzione. «Quando io faccio un’affermazione in presenza di estranei, non dovete farmi domande, non dovete mostrarvi sorpresi. Tutti devono pensare che siamo un gruppo affiatato, che voi sapete tutto e mi approvate. Non è difficile, basta ragionare un po’.»

Annuiscono. Li esamino uno per uno, ma non mi convincono. Meglio fare una prova finché siamo soli. In questo angolino non ci sente nessuno, i ragazzi che continuano a fare la fila per iscriversi sono lontani.

«Facciamo un esempio. Ditemi perché è importante diventare amici di Tyler. Charlie?»

«La sua famiglia è ricca, potremmo riuscire a estorcergli del denaro.»

«Bene. Frank?»

«Detengono la miglior tecnologia del pianeta, potremmo farci dare da Tyler dei prodotti prima che arrivino nei negozi.»

«Bravo. Edward?»

Edward si gratta la testa e tace. Poi i suoi occhi si illuminano. «Hanno dei locali in cui potremmo nascondere la merce che traffichiamo.»

«Può essere anche questo. Ira?»

«Io sono sempre d’accordo con te, capo. Tyler ci può servire in tanti modi. Se non lo convincerai tu, ci penserò io» mi mostra un pugno chiuso.

«No, questo non sarà necessario. Con lui dovremo agire con i guanti per ottenere il massimo possibile» alzo il braccio destro con la mano stretta a pugno. «Siete con me?»

Alzano anche loro il braccio destro con la mano chiusa a pugno. «Siamo con te!»

Tutti insieme ci portiamo il pugno sul cuore e abbassiamo gli occhi. Ho fatto bene a inventarmi la mossa della fedeltà. È chiaramente un’idiozia, ma alle menti semplici piace avere dei rituali, non importa se stupidi. Anzi, più sono scemi e più aggregano il gruppo.

 

 

L'autore

Daniele Missiroli è nato a Ravenna. Vive a Bologna, dove lavora come consulente privacy nell'azienda che ha fondato. Laureato in fisica con lode, è appassionato di matematica, astronomia e scienze, oltre che di fantascienza, fumetti e film. Scrive principalmente romanzi e racconti di fantascienza, grazie ai quali ha vinto l’undicesima edizione del concorso di letteratura fantascientifica N.A.S.F., si è classificato al terzo posto al concorso ESEscifi 2015 e da qualche anno cura la collana microNASF, giunta al nono volume. Ha anche scritto un libro sul calcolo mentale: "Stenaritmia", un libro sulla scrittura: "Scrivere: Consigli utili per scrivere meglio", due libri sulla Privacy, e pubblicato racconti brevi per diverse case editrici. Da poco ha ripubblicato in un volume unico la sua saga principale in cinque episodi: "Aedis: Le avventure di Daniel Sung". Più di 540 pagine di avventure emozionanti e drammatiche su un lontano pianeta, nello stile della Space Opera e dell'avventura tecnologica. Di quella saga sono disponibili anche: "Kidnapping: Aedis episodio 6", "Cavie: Aedis episodio 7", “Spirale di violenza: Aedis episodio 8” e Nella tana del serpente: Aedis episodio 9. Sta per uscire anche “Febbre di potere: Aedis episodio 10, che concluderà la trilogia 8-9-10. Come romanzi indipendenti dalla sua saga ha pubblicato: “Annabel – avventura a Las Vegas” e “Moonlift – ascensore per la Luna”. Tutti i romanzi sono disponibili su Amazon in cartaceo ed eBook, gratis con Kindle Unlimited.


 

venerdì 24 settembre 2021

Serial killer - Vite e crimini di noti assassini seriali

 


Questo libro non è di fantascienza, ma la realtà, qualche volta, supera la fantascienza! Alcune persone nascono con qualcosa di sbagliato in testa e questo è un problema, perché se hai un braccio più corto o ti manca un orecchio si vede. Se invece hai qualcosa di sbagliato in testa e sei pericoloso, può darsi che non si noti.

Il serial killer è fatto così: è pazzo, disumano, non ha nessun freno inibitore. Però è lucido, intelligente e calcolatore. Non ha un movente quando compie i suoi efferati delitti e non ha neppure collegamenti significativi con le vittime, spesso le sceglie a caso. Il serial killer è difficilissimo da prendere, infatti in molti film lascia delle tracce per farsi inseguire dagli investigatori. Gioca una partita a scacchi contro di loro e ogni sua azione è una mossa per vincere. Certo, nei film.

Eppure, la realtà è stata molto peggiore dei film. In questo libro sono raccontate le storie dei serial killer più famosi e sicuramente anche di qualcuno di cui non avevate mai sentito parlare. Leggendo questo libro scoprirete che i mostri esistono e non vengono dallo spazio. Purtroppo, sono umani come noi.

 

Ebook e versione cartacea

 

Il divertente clown che è l'anima di tutte le feste nel quartiere, l'affascinante vicino sempre pronto a darvi una mano, la coscienziosa ostetrica che ha aiutato a nascere centinaia di bambini. Chiunque accanto a voi può essere un assassino seriale. Questi predatori di esseri umani indossano maschere sociali e comportamentali sempre diverse, dietro le quali nascondono ciò che sono in realtà: cannibali, giustizieri, sadici sessuali, Vedove Nere, Angeli della Morte e molto altro. In quest'opera d'analisi e divulgazione, in un drammatico viaggio tra continenti e secoli, potrete conoscere le vite e i crimini di noti serial killer, l'ambiente sociale in cui si mossero e che li influenzò, le loro anormalità e fantasie, il modus operandi nei loro omicidi, le indagini delle forze di polizia e alcuni incredibili insabbiamenti o negligenze delle stesse che ne favorirono l'operato, nonché i processi giudiziari di cui furono oggetto coloro che vennero catturati, a volte pietre miliari nello sviluppo del diritto, in altri casi scandalosi verdetti privi di equità verso le vittime o gli imputati.

 

Serial killer le cui storie sono trattate in questo volume:

    Grembiule di Cuoio, meglio conosciuto come Jack lo Squartatore;

    Vera Renczi, la Signora Barbablù;

    Marcel Petiot;

    Fred e Rosemary West:

    Andrej Romanovic Cikatilo, il Macellaio di Rostov;

    Donato Bilancia, il Killer dei Treni;

    Lavinia Fisher;

    Charles Starkweather, il James Dean assassino;

    Charles Manson;

    John Wayne Gacy, alias Pogo il Clown;

    Luis Alfredo Garavito Cubillos, l'Orco Colombiano;

    Tiago Gomes da Rocha, il Motociclista Assassino;

    Raya e Sakina, le Sorelle Serial Killer;

    Miyuki Ishikawa, l'Ostetrica-demone;

    Tsutomu Miyazaki, l'Otaku Killer;

    Gli assassini di Snowtown

     

    Titolo: Serial killer - Vite e crimini di noti assassini seriali
    Autore: Gianluca Turconi
    Editore: Amazon KDP
    Genere: Saggio true crime
    Edizione: Prima Edizione
    Costo: euro 2.99 in eBook (in offerta lancio a euro 0.99) - euro 8.99 in formato cartaceo

     

 

L'Autore

Gianluca Turconi, nato nel 1972, già più volte finalista al Premio Alien per la narrativa fantascientifica e vincitore della XIII Edizione del Premio Lovecraft per la narrativa fantastica, ha effettuato studi linguistici e giuridici, e attualmente vive e lavora in provincia di Monza e Brianza.

Da quasi un ventennio sostenitore del Software Libero, è stato tra i fondatori del progetto di marketing internazionale, di documentazione e di localizzazione italiana della suite software Apache OpenOffice, nonché curatore del dizionario italiano utilizzato dai programmi software Google Chrome, Mozilla Firefox e Thunderbird.

Nell’ambito della narrativa thriller e fantastica ha pubblicato diverse opere (tra le altre "Codice silenzio", 2Figli del Congo", "La Saga del Pozzo", "Destino criminale", "Tijuana Express", "Protocollo Aurora", "Alveare e dintorni") per case editrici e riviste specializzate nazionali e internazionali (Eterea Comics & Books, Delos Books, Asociación Alfa Eridiani, Axxón, Graphe, DiSalvo, A3, Horror Magazine). Ha inoltre rivestito il ruolo di editor per il romanzo "Figlio della schiera" di Giampietro Stocco (Chinaski) e di selezionatore e coordinatore della traduzione per l’antologia di narrativa fantascientifica latinoamericana "Schegge di futuro" (Letture Fantastiche).

 

 

 

domenica 1 agosto 2021

Echo Heads di Simone Colombo

 

 

In un mondo ormai al collasso, un cyborg hackerato e costretto a sentire come un essere umano, Ati-Shiba, è suo malgrado custode del segreto del progetto Deus Genesis, dalle implicazioni apocalittiche. Nel futuro, dopo Catastrofi leggendarie di cui nessuno conosce le cause, un ricercatore in viaggio studio su Marte, Mihir, e una biologa della cyberfauna marina sulla Terra, Uma, seguiranno le voci nella loro testa fino alle inevitabili ripercussioni di un pericoloso gioco con lo spaziotempo.

"Mi piace immaginare scenari che temo, ma che non vedo l’ora di esplorare. Echo Heads è nato così, portando alle estreme conseguenze l’ossessione umana per il dominio della creazione e la distopia di un mondo rinato alle prese con la sua seconda possibilità". Simone Colombo anticipa con queste parole l’uscita del suo prossimo romanzo Echo Heads, edizioni BookTribu, in libreria da sabato 3 luglio. 

L’autore dimostra una vera capacità narrativa in un romanzo corale dove l’ossessione umana per la creazione si spinge a tal punto da arrivare al misticismo tecnologico. Non solo fantascienza quando in un mondo ormai al collasso, un cyborg hackerato è costretto a sentire come un essere umano: l’approfondimento psicologico a confronto con una realtà catastrofica, porta il lettore a riflettere sul futuro che l’umanità sta costruendo. Sullo sfondo, la distopia di un mondo rinato dalle proprie ceneri alle prese con la sua seconda possibilità. E permangono sempre, al di là di ogni avvenimento e a possibili conseguenze apocalittiche, le radici nelle quali ci riconosciamo come esseri umani: l’amore e, soprattutto, la speranza.

Il libro è inserito nella collana Blackout, curata dallo scrittore Gianluca Morozzi che commenta: “Ogni lettore si può approcciare a un libro in maniere totalmente differenti. C'è chi vuole essere rassicurato, e chi vuole essere sorpreso. Chi legge sempre lo stesso genere, rimanendo su binari consueti e conosciuti, e c'è chi cerca strade nuove. Questo romanzo vi porta in territori inesplorati, prende la fantascienza, la macina e la rigira secondo un personale estro e vi conduce in mondi nuovi, oltre l'infinito. Non fatevi spaventare, fate come me: seguite l'autore".

Simone Colombo, laureato in Storia dell’arte, fotografo per attitudine, vive a Bologna dove lavora nel campo della comunicazione. Si è occupato di recensioni di narrativa per la rivista Argo. Nel 2016 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio Radio Heads, edizioni Il Foglio Letterario. Nel 2017 è presente nell’antologia Nel tempo e nello spazio, a cura di Gianluca Morozzi, con il racconto La strada più lunga. 

 

Titolo: Echo Heads

Autore: Simone Colombo

Editore: BookTribu

Collana: Blackout, a cura di Gianluca Morozzi

Prezzo: € 18,00

Data di uscita: 3 luglio 2021

 

Il libro sul sito dell'editore

La pagina facebook 

Il booktrailer

 

 

 

mercoledì 14 luglio 2021

I figli di Mu

 

I figli di Mu è un romanzo di fantascienza scritto da John W. Campbell nel lontano 1935. Fa parte del ciclo Aarn Munro il gioviano, composto da altri due romanzi: Avventura nell’iperspazio e L’atomo infinito.

Riletto oggi appare ingenuo, le astronavi si muovono grazie alla corrente elettrica e la guerra nello spazio si svolge come una battaglia navale. Ma sono proprio questi alcuni dei punti di forza che fanno di Campbell un mostro sacro della fantascienza: lui immaginò per primo cose che altri hanno copiato tanti anni più tardi! L’iperspazio di George Lucas è rubato a Campbell, la Flotta Astrale di Star Trek si ispira a quella dei magyani oltre che, più banalmente, alla Flotta degli Stati Uniti. E i tefflani, sono cattivi stereotipati tanto quanto i klingon.

La prima parte del romanzo può risultare noiosa a un giovane lettore, visto che spreca apparentemente molte pagine per spiegare il funzionamento dell’astronave in maniera pseudo scientifica. Eppure basta rivedere uno qualsiasi dei film di fantascienza del dopoguerra per capire quanto fossero apprezzate queste “lezioni di teoria” all’epoca, in alternativa all’azione.

Aarn Munro è uno scienziato gioviano dalla stazza eccezionale, dovuta al fatto di essere nato e cresciuto su Giove e quindi aver sopportato una gravità di 2,358 g per tutta la vita. Certo, oggi questo fa sorridere, su Giove è impossibile perfino atterrare, figuriamo viverci! Però bisogna guardare la cosa dal punto di vista di uno scrittore figlio del suo tempo, come fu per H. G. Wells. E bisogna tener conto della prospettiva dell'uomo comune rispetto a quel poco che si sapeva sul sistema solare. Infatti quando pubblicarono La Guerra dei Mondi, i marziani pareva dovessero attaccare la Terra da un momento all’altro e il programma radiofonico di Orson Welles scatenò il panico.

Tornando a I figli di Mu, appena i nostri eroi guidati da Aarn Munro solcano la galassia a bordo della Sunbeam, incontrano gli ostili tefflani con le loro terribili astronavi affusolate. E subito scatta la guerra! Non è possibile intavolare rapporti diplomatici con creature spregevoli, rosse, inumane, provviste di coda e corna. Lo stereotipo impazza e subito viene in mente Flash Gordon, il pianeta Mongo e il suo “bello uguale a buono” e “brutto uguale a cattivo”. In pratica come gli elfi, gli uomini e, anche se bassi e barbuti, i nani, contro goblin, orchi, troll e spettri ne Il Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien. La letteratura fantastica del tempo era quella e affascinava proprio perché fatta così.

La traduzione del libro è alquanto vintage e molte frasi suonano fesse nel 2021, chissà se in inglese il paragone temporale regge un tantino di più?

Man mano che il romanzo procede, diventa sempre più evidente la visione egocentrica del cosmo e infatti scopriamo che Ma-jhay-anhu è la razza madre del pianeta Terra e i magyani sono i discendenti degli abitanti di Mu (Mahu, il continente perduto). Tsu-Ahs, l’ultimo grande capo di Ma-jhay-anhu, come Zeus e Giove, scagliava mortali globi di energia elettrica. Da qui il suggerimento che le mitologie greca e romana siano nate dalle gesta dei figli di Mu. Gesta molto più che bibliche, visto che Tsu-Ahs spedì gli uomini in ogni angolo della galassia, per creare tante colonie e avere più forza per combattere i tefflani. A proposito, la razza Teff-Hellani esiste da sempre nelle viscere del mondo e consiste in diavoli pelosi, carnivori, procreatori dei caproni. Simpatica, vero?

Di seguito un breve estratto per comprendere quanto, l’azione narrata in un libro così datato, ricordi Guerre Stellari:

Una vampa luminosa, che riusciva quasi dolorosa fisicamente, colpì Aarn Munro che si mosse inquieto e quindi balzò in piedi. Si trovava di fronte al finestrino di controllo e, all’esterno, poteva vedere sei navi, ciascuna lunga una settantina di metri, di forma affusolata, ad ago, con una piccola cabina di comando e un anello di proiettori a prua. E ogni nave puntava la prua verso la Sunbeam solo di tanto in tanto, quelle navi avevano un guizzo laterale e quindi tornavano nella posizione di prima, cioè orientate decisamente verso la Sunbeam. E da quelle navi partivano potenti raggi di luce azzurrina che investivano l’astronave sperimentale di Spencer.”

Interessante la spiegazione sull’estinzione dei Neanderthal: i membri della razza madre che rimasero sulla Terra si stabilirono nel continente oggi chiamato Europa, persero la loro civiltà e si trovarono a lottare contro altri umani, tarchiati, bassi, incredibilmente brutti e cannibali per giunta. Dallo scontro tra magyani e Neanderthal ebbero origine le leggende sugli orchi e il mito di quegli uomini bestiali esiste tuttora. I magyani non erano Sapiens, o meglio, erano identici ai Sapiens che incontrarono in Africa e in America. E regredirono al livello di quei selvaggi dopo lotte numericamente impari, finendo per fondersi con loro.

L’arrivo sul pianeta Magya, con le sue lune, protetto dalla flotta in assetto difensivo, meriterebbe una lunga e spettacolare scena hollywoodiana al cinema. E il territorio sorvolato dalla Sunbeam, cosparso di chiazze di devastazione radioattiva, sottolinea l’aspra guerra in atto da vincere assolutamente.

Ormai i terrestri sono perfettamente integrati nello scenario bellico e mettono a disposizione dei buoni le loro scoperte: gli accumulatori antigravità, l’atmosfera magnetica che rende inerti le torpedini Shal e ferma i fulmini globulari, e infine il raggio collettore. E i tefflani assaltano con le onde ultrasoniche e altre terribili armi di distruzione di massa. Siamo in piena Space Opera!

Quello che colpisce, durante tutta la vicenda, è la totale sicurezza che il nemico sia malvagio fino al midollo e debba essere annientato. I tefflani sono tecnologicamente evoluti, eppure ogni tredici lune fanno una cerimonia in onore del dio Pakka, durante la quale bevono il sangue di un nemico catturato e mangiano la sua carne. E nel caso non abbiano sottomano il malcapitato prigioniero si nutrono di uno della loro stessa razza! Orrore, brivido e raccapriccio! Non a caso i terrestri li definiscono “i maledetti musi rossi”, un po' come avveniva con gli odiati nemici nipponici “i maledetti musi gialli” durante la Seconda Guerra Mondiale. Da notare che lo scrittore si riferisce ai tefflani come "esseri di un'altra razza" ma, a giudicare dal loro aspetto, dovrebbero far parte di un'altra specie!

Aarn prepara un piano d’attacco genocida che prevede l’uscita dall’orbita delle due lune Ma-ran e Ma-kanee, per farle precipitare la prima contro la luna Teff-ran e la seconda contro il pianeta Teff-el.

E il colpo di scena? I tefflani sferrano un attacco a sorpresa contro Magya, bombardandola con ordigni che sviluppano tenui fiamme azzurrine, apparentemente innocue, che però spargono un catalizzatore che combina l’azoto con l’ossigeno e incendia l’atmosfera. Ma il chimico terrestre Carlise, come faceva sempre lo scienziato Zarro, trova la soluzione. Neutralizza l’arma nemica e salva il pianeta dei buoni. E naturalmente che fanno i buoni nelle pagine successive? Compiono il genocidio! Scagliano le lune kamikaze contro il mondo nemico scatenando una fornace che ingoia ogni forma di vita: soldati, civili, eventuali cani e gatti alieni...

La fantasia è fervida, tuttavia la mentalità è piuttosto coloniale, razzista e sprezzante nei confronti delle diverse forme di vita. Pensare che una guerra non termini con la resa del perdente, ma col suo totale annientamento è qualcosa di tremendo.

Dopo tutte queste riflessioni spero che nessuno me ne voglia se ho osato criticare uno scrittore classico e soprattutto se ho fatto spoiler. Anche perché se dal 1935 c’è ancora qualcuno che non ha ancora letto il libro e si lamenta per lo spoiler... Beh, merita solo un cespuglio di schiaffi.