sabato 28 dicembre 2019

Inganno imperfetto - Andrea Bindella






Il nuovo romanzo di Andrea Bindella
Edizioni Open


Quarta di Copertina:
Tutti i giorni John Anderson torna a casa dopo una giornata di duro lavoro. Cucina, pulisce, ascolta un disco, legge un libro e si sdraia sulla poltrona della Game Enterprise per collegarsi al "gioco". Eppure, la sua non è una vita normale, soprattutto dopo il tramonto. Perché John, nella realtà virtuale, è noto come Alan ed è un efferato assassino che miete vittime al ritmo di due al giorno. Ma Alan non è solo un criminale, è anche uno dei pochi a conoscere la verità sulla Game Enterprise, sul finto benessere in cui si crogiola l'umanità e sui veri "Signori" che dominano la terra. Nella solitudine che lo circonda, John esegue gli ordini e cerca in tutti i modi di impedire che la verità venga a galla, ma un terremoto sta per colpirlo. Tutto quello per cui si è battuto, sta per essere distrutto e forse il mondo conoscerà finalmente i suoi veri padroni. 

 

lunedì 16 dicembre 2019

Kepler-438 b



Rapporto del comandante missione su esopianeta Kepler-438 b. Primo messaggio ultraluce dopo l’atterraggio:

La schermatura da radiazioni ha tenuto alla violenza del primo brillamento stellare, abbiamo un intervallo probabile di cento giorni per eseguire l’esplorazione e raccogliere più dati possibili.
Il pianeta è abitato! L’astronave è stata circondata quasi subito da creature che il nostro team scientifico non è ancora riuscito a classificare: sono senzienti o animali?
Li abbiamo chiamati tripodi, infatti si compongono di una testa che deambula su tre gambe e sono bassi, un metro scarso. Hanno due occhi neri inespressivi e una lunga fessura che probabilmente funge da bocca, ma finora non hanno emesso alcun suono.

Secondo messaggio ultraluce, due giorni dopo l’atterraggio:

Il campo base è piazzato. I tripodi ci osservano continuamente, durante le operazioni di scarico si sono avvicinati a ognuno di noi mantenendo lo sguardo fisso sul loro obiettivo. I nostri sforzi per tentare di comunicare sono falliti e la spiegazione potrebbe essere semplice, in fondo anche sulla Terra il gatto e il cane ci osservano, ma questo non dimostra che siano intelligenti.

Terzo messaggio ultraluce, tre giorni dopo l’atterraggio:

Il suolo del pianeta è monotono, molliccio e trasuda di acqua. Ci sono enormi distese di strane escrescenze che ondeggiano alla brezza leggera di un vento incessante. In un primo momento abbiamo pensato che fossero piante, ma non è così, infatti sono dello stesso materiale molliccio di cui è fatto il terreno.

Quarto messaggio ultraluce, cinque giorni dopo l’atterraggio:

L’atmosfera è molto simile a quella terrestre, anche se l’ossigeno è presente in percentuale leggermente superiore. Ci sono, inoltre, irrisorie percentuali di gas sconosciuti che stiamo analizzando. Se non risulteranno velenosi l’aria potrebbe essere respirabile, ma il rischio batteri alieni è altissimo e ogni attività esterna all’astronave è svolta con tuta pressurizzata, seguita da sterilizzazione al rientro.

Quinto messaggio ultraluce, sei giorni dopo l’atterraggio:

Abbiamo catturato un tripode e lo stiamo esaminando nella sezione quarantena. Se è un animale non si comporta come tale, non ha le reazioni istintive tipiche degli animali: paura e relativa aggressività oppure fuga dal pericolo, o fame e sete.

Sesto messaggio ultraluce, dieci giorni dopo l’atterraggio:

Il pianeta è vivo! Il nostro team scientifico ha stabilito che il suolo si muove senza attività tellurica e le escrescenze inspirano e espirano l’aria dell’atmosfera. La teoria più assurda, formulata come ipotesi fin da subito, è che i tripodi siano gli occhi di un organismo unico, sul quale stiamo camminando da dieci giorni.
Dobbiamo abbandonare la missione prima che sia troppo tardi. I tripodi si stanno moltiplicando e continuano a fissarci sempre più da vicino.

Settimo messaggio ultraluce, undici giorni dopo l’atterraggio:

Nessun testo. Perso ogni contatto con la missione su esopianeta Kepler-438 b. Necessaria valutazione della possibilità di invio di una missione di salvataggio. Necessaria decisione sui rischi di una nuova missione alla ricerca dell’equipaggio disperso, viste le esigue speranze di sopravvivenza dello stesso.

domenica 1 dicembre 2019

Venus




Chi l’avrebbe mai detto? Duemila anni dopo aver abbandonato la misurazione in anni del tempo e altrettanti settemila cicli dopo la terza Era, l’Uomo colonizzò il primo pianeta del sistema solare. La società umana procedeva ormai divisa in caste e la Storia era andata perduta nella nebbia dell’indifferenza.
Il pianeta scelto per la terraformazione non era stato Marte, come tutti avevano sempre ipotizzato, perché il Sole aveva perso molta della sua forza e la Terra si era ridotta a un mondo di ghiaccio. Così il pianeta che un tempo era stato infernale, Venere, divenne gradualmente raffreddato al punto giusto e fu sufficiente intervenire sulla chimica della sua atmosfera per renderlo abitabile. La massa molto simile a quella terrestre evitò ai coloni dolorosi adattamenti gravitazionali e viaggio dopo viaggio il nuovo Eden crebbe, mentre la madre Terra e i suoi tristi abitanti rimasti morivano.
Fu allora che la casta dei muli, i gradino più basso tra le tre caste, si rese conto di essere rimasta praticamente sola su un mondo morente. Ebbe finalmente accesso alle astronavi e a tutta la tecnologia che aveva costruito per soddisfare i bisogni delle caste superiori e tentò di migrare dove la vita sarebbe stata migliore: su Venere.
Tuttavia raggiungere l’Eden era cosa praticamente impossibile senza il permesso dei venusiani e il Primo Uguale della casta delle aquile, Theosferius Kontezio Darknaster, iniziò una feroce campagna mediatica mirata a demonizzare i terrestri. Menzogne su presunte malattie polari e improbabili tare intellettive si sommarono alle accuse infondate di delinquenza genetica. Tutto fu dato in pasto all’opinione pubblica grazie anche all’appoggio di filosofi e religiosi del culto del Sole.
Il terribile risultato fu il passaggio dal rimpatrio di chi tra mille difficoltà era riuscito ad atterrare, all’autorizzazione all’abbattimento delle astronavi che successivamente sarebbero arrivate. E come succedeva da sempre, le masse popolari applaudirono queste azioni crudeli in nome della loro sicurezza, imbeccate dal potere.
Il genocidio interstellare si consumò e i due terzi dell’umanità, quelli che formavano la casta dei muli, furono spazzati via dalla legge del più forte.
Non tutti, per fortuna. Infatti i superstiti riuscirono a modificare geneticamente i loro figli, a renderli adatti alla vita sul pianeta di ghiaccio e a renderli possenti e resistenti perfino al freddo spaziale.
Col procedere dei cicli fu perso il controllo della genetica e nacque una nuova specie che proliferò e si moltiplicò per tutta la quinta Era. Questa volta la tara divenne reale quanto inaspettata, passò da un individuo all’altro impressa nel DNA e ben presto si presentò agli ignari venusiani sottoforma di vendetta.

venerdì 1 novembre 2019

Staffetta




Era inevitabile! La scintilla che ha permesso l’incremento dell’intelligenza umana non poteva restare esclusiva di una specie. D’altronde l’Uomo ha dominato il pianeta Terra per un breve periodo, se si rapporta all’arco di esistenza del mondo.
I primi segnali di cambiamento sono stati traumatici: alcune persone anziane hanno raccontato il comportamento fin troppo razionale dei loro gatti, ma nessuno ha creduto loro, proprio perché è risaputo che l’età gioca spesso brutti scherzi. Poi è stata la volta dei bambini, cresciuti insieme al gatto come fosse il loro miglior amico, ma anche in questi casi nessuno ha dato il giusto peso agli eventi, spiegandoli unicamente con l’immaginazione dei fanciulli.
Infine, un giorno, un gatto si è rivolto al veterinario in modo schietto: «Dottore, crede che sia grave? Devo preoccuparmi?»
Il fulmine a ciel sereno ha scatenato il panico tra l’uomo comune e ha destato l’interesse nella comunità scientifica, lasciando prevalere il primo effetto sul secondo. Infatti il passaparola è stato più veloce delle azioni dello Stato e la paura nei confronti di animali che non sono più animali ha indotto molti al gatticidio. È stata una carneficina!
Tuttavia, grazie a una fortuita quanto improvvisa mutazione felina e grazie anche a favorevoli condizioni di occultamento nei piani bassi e abbandonati di alcune città, si è sviluppato rapidamente il nuovo Gatto Sapiens. Assumendo la postura bipede ha raggiunto la dignitosa statura del metro e mezzo e ben presto ha iniziato a rivendicare i suoi diritti.
Oggi la guerra tra felini e umani è finalmente finita e l’armistizio ha sancito la coabitazione pacifica tra le due specie intelligenti.
Per questo motivo, io, Bortallone Zarrino Guendo, Primo Gatto nel Consiglio degli Uguali, autorizzo, in data umana 2892 e data felina 571, il primo matrimonio interspecie tra un uomo e una gatta.
Che la nostra Madre Terra benedica questa unione in nome della fusione della ragione e per il bene comune.
Miao.

giovedì 17 ottobre 2019

Un libro pieno di fantascienza


Sei racconti di fantascienza per un totale di centotrenta pagine. Racconti che spaziano dall’ucronia agli universi paralleli, dagli androidi agli extraterrestri, da Dio fino al Diavolo!

C'è una quinta dimensione oltre a quelle conosciute dall'uomo. È una dimensione grande come lo spazio e smisurata come l'infinito. È a mezza strada fra la luce e l'ombra fra la scienza e la superstizione, fra la sommità delle cognizioni dell'uomo e il fondo dei suoi smarrimenti. È la dimensione della fantasia. È una zona che noi chiamiamo "il confine della realtà".
 

Fu la presentazione del serial Ai confini della realtà. Ebbene, Tales è tutto questo!


Breve estratto


Anno 2214, Base Scientifica Zeus sulla quarta luna di Giove.
Durante gli scavi per l’ampliamento della Base nel sottosuolo ghiacciato di Europa i minatori trovarono una salma congelata. Dalle analisi allo scanner biotronico risultò appartenere a un essere umano e il calcolo dell’età dei tessuti lo fece risalire a due milioni di anni fa.
La scoperta sbalorditiva rimbalzò dal freddo satellite di Giove direttamente sui media della Terra e ci restò per giorni. Dopo l’uomo di Neanderthal e l’uomo di Cro-Magnon, arrivava l’inaspettato uomo di Europa!
Le sorprese non finirono qui, il corpo fu scongelato in ambiente sterile e un team medico si apprestò a effettuare l’autopsia. Ma pochi minuti prima di intervenire lo trovarono vivo e vegeto in piedi davanti al lettino.
Parlava una lingua incomprensibile e i suoi occhi brillavano come le stelle del cielo. Passeggiò a lungo per i corridoi della Base e gli scienziati inviarono, al centro operativo della NASA, rapporti contraddittori.
Oggi abbiamo perso ogni contatto con Europa. Una missione di salvataggio è in partenza dal primo ormeggio della stazione spaziale e nessuno riesce a immaginare cosa possa essere successo lassù.

***

Anno 2215, l’astronave esplorativa Trantis 3 è appena entrata nell’orbita esterna di Giove e il pilota, Hornet 62, esegue le operazioni per l’avvicinamento alla quarta luna, Europa.
«Computer: ripeti il calcolo della traiettoria, quanto margine di errore abbiamo?»
«Traiettoria perfetta, margine di errore 0,0034».
«È possibile eliminare quello 0,0034?»
«Negativo: il pulviscolo spaziale e la forte attrazione del pianeta impediscono un controllo della rotta superiore al 99,98%».
«Beh, Europa è grande! Dovremmo centrarla comunque, non credi?»
«Non afferro la battuta, Signore».
«Lo so, è perché sei un vecchio modello».
L’attivazione dei motori ausiliari a impulso è repentina e Hornet 62 si schiaccia leggermente nella poltrona per l’accelerazione. Trascorrono altre due ore standard e finalmente la sfera grigiastra piena di striature rossicce si staglia imponente e riempie tutta la vetrata dell’abitacolo.
«Base Zeus da astronave Trantis 3, chiedo il permesso per l’allunaggio».
Nessuna risposta.
È inutile chiedere ancora, dalla Terra ci hanno provato per mesi, ma Hornet è un meticoloso e chiama per altre tre volte. Poi procede verso la superficie, dritto sulla Base.
L’allunaggio è dolce. Il ghiaccio si estende ovunque e la Base è quasi invisibile, dato che si sviluppa nel sottosuolo. A rivelarla sono solo alcune antenne e un boccaporto degno di un sommergibile.
La manovra manuale per i casi d’emergenza permette l’ingresso dall’esterno e Hornet entra. Una volta pressurizzato l’ambiente avanza nei corridoi stranamente poco illuminati per raggiungere il centro di comando. Quasi subito gli vengono incontro due ombre.
«Ragazzi, non mi offendo per la fredda accoglienza che mi avete riservato. D’altra parte so bene che qui fa un po' freddino».
Le ombre avanzano mute, lente e a tratti barcollano. Appena incontrano la poca luce vicino a Hornet rivelano volti assenti con gli occhi privi di pupille.
«Direi che avete dei grossi problemi! Una visita dal medico della Base no?» una rapida occhiata al cartellino identificativo di uno dei due fornisce la risposta: lo zombi è un dottore!
Hornet si ritrae, porta la mano alla fondina e estrae il disintegratore. Lo punta su uno dei due ex uomini, ma si rende conto che non sono pericolosi. Sembrano ebeti erranti, colpiti da chissà quale malattia degenerativa, probabilmente diffusa dall’ospite scongelato. La prima direttiva della sua missione è proprio osservare la quarantena in caso di epidemie. E questo sembra proprio quel caso.
Attiva un trasmettitore sulla cintura e invia il rapporto: «Emissario Hornet 62 a Houston, ho preso contatto con i primi due membri dell’equipaggio di Zeus. Sono stati infettati da un morbo sconosciuto, è importante mantenere la quarantena per evitare assolutamente il contagio». La spia brilla di rosso, il transponder della Trantis non riesce a inviare il segnale. E questo non è bene!
Col bioscanner integrato nella cintura analizza i malati: battito cardiaco assente, calore corporeo dieci gradi Celsius, i fluidi interni sostituiti da una densa linfa grigia. Sono morti che camminano, o forse qualcosa di più: emanano un’energia, convertita dalla cinetica dei loro lenti movimenti, e la emanano in direzione del centro di comando.

mercoledì 9 ottobre 2019

iSpace Dramas - Vega Lee & John Nova



Vega Lee e John Nova sono un duo di musicisti e produttori del futuro prossimo. Alla metà del 2.19, la loro città sulla costa nord mediterranea, viene ufficialmente isolata dal resto del mondo.
Da allora i due trasmettono clandestinamente onde elettroniche di resistenza : codici, mappe, istruzioni sonore per mantenere attivi i poteri dell’immaginazione umana oramai in stato d’assedio ovunque ci sia ancora traccia di vita. 




iSpace Deamas, é un album di ambient-elettronico suonato con sintetizzatori analogici e chitarre, dove immagini nitide di esplorazioni siderali si alternano con altre più astratte e dilatate di calma neurale.
Mentre le pulsazioni delle macchine si intrecciano con gli interventi strumentali, residui della forma-canzone riaffiorano all’orizzonte di inediti paesaggi sonori.

L’album racconta due diversi viaggi nello spazio interno - il paesaggio della coscienza – sotto forma di voli spaziali con equipaggio.
Nel primo viaggio ( Tracce 1- 4 ) l’astronauta riesce a realizzare la sua più grande ambizione : spostarsi al di fuori di spazio e tempo e restarci.
Nel secondo viaggio ( Tracce 5- 8 ) invece qualcosa và storto, l’orbita non si stabilizza e il viaggiatore, costretto ad un atterraggio di emergenza, ritorna sulla terra.
Due viaggi per tutti. Due possibilità di vita per tutte quelle degne di portare questo nome : o si riesce a trascendere le coordinate umane o non si puo' far altro che ricominciare a provarci.


Dedicato a James Graham Ballard (1.930 – 2.09 )




L'Album sugli Store online:

Juno
iTunes
Google Play
Spotify
iSpace Dramas




Credits :


Prodotto da Vega Lee e John Nova
Suonato e registrato da Vega Lee in Veganova, EU, 2019
Mixato da Vega Lee e Karen Novotny
Artwork di John Nova


1 Lift Off - Erase Your Past
2 Reaching Orbit - Exhaust All Possible Futures
3 Overflooded - Anything There Stands Outside Time
4 Decode Quasar
5 Launched Into
6 Orbit Decay
7 Terminal Transmission


martedì 1 ottobre 2019

Moonlift - Daniele Missiroli



Nel XXII secolo, la giovane dottoressa Kimberly ha inventato un ascensore per la Luna. Raymond Peterson, il direttore dell'Agenzia Spaziale Terrestre, è inizialmente scettico, ma si rende conto che grazie a quel progetto può riscattarsi dal fallimento dell'anno precedente e accetta di costruirlo. L'unico luogo sulla Terra adatto al progetto si trova in Kenya, dove sorgono molti problemi tecnici e soprattutto di natura religiosa: la popolazione è devota al Dio Ngai, che osserva dall'alto della montagna sacra tutto ciò che ha creato. Il gigantesco cavo che sale verso la Luna scatenerà reazioni impreviste e Raymond dovrà combattere per salvare sé stesso e la donna di cui si sta innamorando.


(La versione cartacea seguirà a breve e questo articolo sarà aggiornato).

Daniele Missiroli è nato a Ravenna. Vive a Bologna, dove lavora come analista programmatore e consulente privacy nell'azienda che ha fondato. Laureato in fisica con lode, è appassionato di matematica, astronomia e scienze in generale, oltre che di fantascienza, fumetti e film. Scrive libri di fantascienza e ha creato una serie ambientata su un lontano pianeta. Inoltre ha scritto un libro di matematica sul calcolo mentale.


venerdì 20 settembre 2019

Fantasie sul futuro




La terraformazione di Marte fu completata nel 2492, con largo anticipo sulle previsioni. I marziani vivevano ancora dentro le cupole e potevano circolare all’aperto solo indossando le maschere con l’ossigeno, ma ormai la vegetazione aveva preso il sopravvento e il deserto rosso fu gradevolmente contaminato dal verde.
Le nuove generazioni furono afflitte dal mal di Terra: essere nati su Marte significava avere l’organismo adatto a gravità 0,376 g, per cui scendere sulla Terra divenne impossibile, sarebbero sicuramente morti! E questo lo subirono come un terribile divieto della natura, anche se la natura non c’entrava per niente.
La ricerca dell’antica civiltà marziana non portò a nulla: chi aveva ipotizzato che l’umanità fosse nata su Marte e si fosse spostata in seguito sulla Terra aveva preso un granchio colossale. Marte non era un pianeta morto, infatti non era mai nato!
In compenso gli extraterrestri nel sistema solare c’erano davvero. Su Europa, la quarta luna di Giove, sotto la spessa crosta ghiacciata che copriva tutta la superficie, c’era un immenso oceano freddo brulicante di pesci e molti di questi erano enormi.
La base Zeus, costruita nel ghiaccio, si collegava all’acqua mediante un pozzo d’acciaio e grazie a sofisticati sottomarini gli scienziati ebbero modo di studiare il primo ecosistema complesso Extra Mondo.
Anche Venere ospitò un avamposto dell’uomo: la base Afrodite galleggiava stabilmente sulle dense nubi venusiane a un’altitudine che non aveva certo temperature infernali come quelle del suolo. Inoltre la gravità del pianeta era la più simile a quella terrestre in tutto il sistema solare e questo rendeva meno traumatico il rientro a casa per chi soggiornava nella base, sicuramente meno traumatico di quello subito dagli equipaggi della base lunare Selene.
Eppure, il 2492 fu ricordato per un evento incredibile che cambiò radicalmente la storia dell’umanità: proprio in mezzo allo spazio tra le orbite di Nettuno e Urano si materializzò un’enorme astronave aliena, giunta a velocità UltraLuce dalle profondità dei sargassi siderali…
E il cambiamento fu.

venerdì 13 settembre 2019

Saytrac



Emerse dall’acqua, liscia e lucida. Spostò grandi quantità di liquido mentre si alzava. Aveva una forma che ne esaltava l’acquaticità: le ali basse laterali, quella dorsale e le due posteriori sembravano pinne. L’astronave del popolo acquatico prese il volo al largo dell’isola controllata dai Tlazk, provocando un’incredibile scia di vapore acqueo.
Da terra la videro subito, i fucilieri presero posizione. Gli artiglieri puntarono la contraerea.
«Ci stanno attaccando, Magtauker?» domandò Borgen, preoccupato, seguendo gli avvenimenti da dentro il bunker di osservazione. «Noi non possiamo aiutare una fazione a svantaggio di un’altra. Ma ci difenderemo, se attaccati».
Altri Marine erano alle sue spalle. Diego, tra loro, armò la pistola. I led luminosi si accesero in sequenza indicando il massimo dell’energia disponibile. Kira, invece, continuò a guardare affascinata quell’elegante nave che somigliava in modo impressionante a un enorme pesce della Terra.
Arrivò proprio sopra di loro. Se si trattava di un attacco, era il momento di reagire.
«Fuoco!» ordinò Magtauker.
Accecanti lampi di luce balenarono dai cannoni della contraerea e colpirono il nemico. Esplosioni tremende squassarono lo scafo.
Il fumo si diradò, le ammaccature e i danni apparvero visibili, ma non ingenti. I Saytrac non risposero al fuoco e atterrarono.
Magtauker ordinò ai suoi di interrompere le ostilità.
«Non hanno sparato, forse vogliono scambiare qualcosa con noi».
«È questo il vostro modo di iniziare trattative diplomatiche?» si stupì Kira.
«Ne esiste uno migliore?».
Il Capitano scosse il capo, rassegnata.
Il portello stagno dell’astronave scricchiolò, si aprì e una luce fioca lasciò intravedere le figure in ombra che uscivano.
Tre Saytrac con le teste avvolte dalle sfere liquide scesero e avanzarono verso il bunker di osservazione; due erano armati. Il terzo portava con sé un oggetto di discrete dimensioni.
Come portelli di un antico galeone, innumerevoli aperture sulla fiancata dello scafo rivelarono altrettanti Saytrac con disintegratore puntato, coprivano la delegazione incaricata di chissà quale trattativa.
«Usciamo, chiedono un incontro per parlare» disse Kira.
«Ma i Saytrac non parlano!» intervenne il Colonnello.
«In qualunque modo comunichino, lo vogliono fare ora».
Mentre Magtauker, scortato da alcuni dei suoi, usciva seguito da Borgen, Diego afferrò Kira per un braccio.
«Non rischiare inutilmente, andrò io».
«Senza armatura?».
«Senza armatura e con questi ingombranti riciclatori, secondo gli ordini».
A quell’accenno, Kira si rivolse subito al Colonnello. «Perché abbiamo dovuto dismettere l’attrezzatura da battaglia?».
«Non siamo venuti su Bhlyss per combattere i rettiliani, con l’armatura risulteremmo sicuramente più minacciosi. Non perdiamoci in chiacchiere, venitemi dietro».
Andarono incontro a quegli strani rettili acquatici camminando lentamente, senza dare il minimo segno di ostilità.
Quando furono di fronte, i Saytrac li guardarono con i loro occhi senza pupilla, completamente neri. La bolla d’acqua che fungeva da casco per rifrazione ne deformava il volto.
La loro pelle iniziò a cambiare colore: chiazze, macchie e puntini si alternarono a gialli intensi e grigi scurissimi, passando poi velocemente a molte altre sfumature.
«Il loro modo di comunicare» disse Magtauker e accettò l’oggetto che gli offrivano. Si rivolse poi agli Umani, in particolare a Kira. «Vogliono che lo indossiate al posto dei vostri goffi riciclatori».
«Cos’è?».
«Un respiratore, uguale ai loro».
I Terrestri osservarono lo strano equipaggiamento che il Tlazk stava per consegnare a Kira. Sembrava un’armatura protettiva per spalle e torace. Regolabile, con un largo collare adatto ad avvitarci un casco. Il sistema appariva poco ingombrante e leggerissimo.
«Passami una delle tue cartucce d’aria, Terrestre».
Kira obbedì, ancora incerta sulle intenzioni del rettiliano.
Con uno spinotto adattabile, Magtauker forzò la cartuccia e l’aria entrò in circolo in quella strana attrezzatura.
«Fatto, ora puoi indossarlo. Se lo riterrai adatto, ne hanno altri per i tuoi compagni».
Indecisa ma fiduciosa, Kira sganciò la sua pesante bardatura, trattenne il fiato e indossò quell’agile corsetto. Attese che il rettile le passasse un casco.
«Respira, si attiverà automaticamente».
Kira lo guardò, incredula. Se avesse respirato senza un casco, le sarebbe entrata nei polmoni quella fetida miscela di gas velenosi che componevano l’atmosfera di Bhlyss. Sarebbe morta in una manciata di secondi.
«Fidati» la incalzò Magtauker.
Non aveva altre scelte, dovette fidarsi e respirare.
Subito si formò una bolla d’aria respirabile intorno alla sua testa, partendo dal collare..
Era un casco, senza il casco.
«Incredibile, respiro aria fresca.» disse poi Kira. «Questa tecnologia è migliore della nostra».
«È tecnologia Saytrac» spiegò Magtauker. «Loro la usano per attaccarci quando escono dal mare. Hanno una bolla d’acqua intorno alla testa che si rigenera continuamente, come se fossero ancora negli abissi».
Borgen guardò i Saytrac. La loro pelle continuava a mutare colore: rosso fuoco, verde mare e poi grigio, giallo paglierino, amaranto.
«Cosa stanno dicendo?» si informò il Colonnello.
Magtauker osservò per qualche istante quel caleidoscopio cutaneo. «Vi ringraziano per l’aiuto ricevuto in battaglia. Sono venuti perché voi siete qui e sono costretti a darvi la loro protezione nella terra dei nemici Tlazk, cioè noi».
«A fornirci protezione?».
«Così dicono» si incupì lo scienziato. «Ma già sapete che non ne avete bisogno».
Borgen aprì la bocca per controbattere, ma fu catturato da quella meravigliosa invenzione che gli permetteva di respirare senza gli ingombranti riciclatori.
«Quest’affare funziona con qualsiasi miscela fluida o gassosa.» comprese. «Ne analizza un campione e lo riproduce all’infinito, cambiando la chimica dell’atmosfera che lo circonda. Dobbiamo portarlo sulla Terra, è una scoperta importante».
Si volse verso i Saytrac. Lo guardavano da dentro i loro caschi-bolla.
Anche lui li osservò. I loro occhi completamente neri, senza espressione, forse celavano l’intelligenza più grande su Bhlyss. Dei tempi in cui era stato un giovane sottotenente impegnato nella repressione delle rivolte rettiliane alla dominazione imperiale, ricordò come al governo centrale interessassero solo le risorse estrattive e produttive di quel pianeta. Nessun insediamento di coloni, nessuna città con civili, nessun tentativo di terraformazione. Gli Umani avevano pensato solo a depredare, scartando gli ambienti più ostili. Per questo i Saytrac, che vivevano sott’acqua, furono quasi ignorati.
Solo ora veniva a conoscenza di un apparecchio innovativo che i suoi simili avrebbero potuto prendere in qualsiasi momento, ma che, per arroganza e presunzione, si erano lasciato sfuggire. E, adesso, gli antichi nemici gliene facevano dono.
«D’accordo, Magtauker» disse infine il Colonnello. «Comunicagli che accettiamo volentieri la loro tecnologia. Me ne servono molti, di questi aggeggi».

domenica 1 settembre 2019

Immortali




Il 2163 fu l’anno più cupo che l’umanità abbia mai dovuto sopportare. Il lavoro del dottor Kjell Bjørneboe, proseguito e completato da altri ricercatori dopo la sua morte, giunse a termine. Trasferire la coscienza di un uomo morente in un clone o in un androide divenne finalmente possibile.
Questo non significò vita eterna per tutti gli uomini. Significò vita eterna solo per chi poteva pagare. Quindi le persone estremamente ricche si comprarono l’immortalità e il resto della popolazione mondiale continuò a morire come aveva fatto da sempre.
Nel 2201 gli esseri umani erano già definitivamente divisi in due caste: gli immortali e i temporanei.
Gli immortali avevano molte copie della loro coscienza immagazzinate nei server della Zoe Corporation, che facevano da assicurazione in caso di morte violenta o improvvisa. In quel caso, infatti, la Compagnia avrebbe trasferito la coscienza di riserva in un nuovo involucro e l’immortale resuscitato si sarebbe subito precipitato a saldare la cospicua parcella.
Tutto filò liscio nella sua ingiustizia fino al 2299, quando un uomo sconosciuto, sicuramente un temporaneo che non aveva più niente da perdere, iniziò a uccidere gli immortali. Poco male, pensarono questi, sicuri della loro assicurazione. Ma alcune ondate di tremendi attacchi hacker distrussero le copie alla Zoe Corporation e si scatenò il terrore: essere uccisi senza poter operare un trasferimento in un altro corpo significava la fine anche per un immortale.
Fu messa una taglia sul misterioso killer, ma gli avventurieri che lo cercavano facevano sempre una brutta fine appena lo trovavano.
Angelo Nero fu il soprannome dato dai media di regime e il popolo lo applaudì come un nuovo Zorro che rubava ai ricchi quella vita che loro avevano tolto ai poveri.
Scrivo queste righe con la mano che trema, vivo asserragliato nella mia fortezza ormai da quindici anni e sono l’ultimo immortale rimasto. Non ho più voglia di fuggire dal mio destino, sento sferragliare lame nel piazzale sotto alle mie stanze. E sento anche molti colpi di arma da fuoco. Lui è qui, ne sono sicuro. Ho assoldato i peggiori tagliagole per difendermi dalla sua vendetta, ma credo che non riusciranno a salvarmi.
Sento la fine che si avvicina e sono ormai convinto che Angelo Nero non sia un uomo. Sono convinto che lui sia la punizione divina per noi arroganti che abbiamo tentato di forzare la natura.

giovedì 22 agosto 2019

Prospect





Prospect è un piccolo film a basso budget. Di fantascienza ha solo il vestito, avrebbe potuto essere anche un western ambientato nel Klondike, con padre e figlia cercatori d’oro che si imbattono in altri due cercatori d’oro senza scrupoli. E i mercenari incontrati più avanti nel film, si sarebbero potuti benissimo sostituire con gli indiani.
Quindi una trama classica traslata nella fantascienza? Certo, ma non solo. Prospect ha alcuni aspetti interessanti:
Narra di un futuro completamente analogico, manopole e levette fanno da padrone sulla strumentazione dell’astronave. I fucili e le pistole sono elettrici, addirittura caricati a manovella! E la loro forma ricorda quella delle antiche armi ad avancarica.
Curioso anche il fatto che ogni astronauta abbia una tuta spaziale differente, come se ciascuno provvedesse a costruire la propria attrezzatura, magari con mezzi di fortuna.
Insomma, un futuro retrò in cui l’elettronica non è mai stata perfezionata. Eppure questo non può essere il nostro futuro, l’elettronica del 2019 è avanzata e non potrà sparire. E poi i manuali di istruzioni della nave sono scritti in una lingua sconosciuta fatta di strani ideogrammi. Questo fatto insieme alla tecnologia analogica suggerisce che si tratti del futuro di una Terra alternativa, in un universo parallelo. Potrebbe essere?
Prospect non è tratto da un romanzo e neppure da un videogioco: nel 2013 Zeek Earl e Chris Caldwell realizzarono il cortometraggio omonimo, che fu pluripremiato al South by Southwest Film Festival. E in seguito hanno deciso di trasformarlo in un film, uscito nel 2018. La vicenda è stata dilatata fino a 97 minuti, sono stati introdotti nuovi personaggi e qualche colpo di scena (pochi, per la verità).
Alla fine del discorso Prospect è un piccolo film coraggioso, che avrebbe potuto essere qualcosa di più, ma che forse non ci è riuscito.


lunedì 12 agosto 2019

Korolev, la luce di Eris

E se Neil Armstrong non fosse morto?
No, niente cospirazionismo di bassa lega: siamo nella fantascienza
della più bell'acqua, quella di Paolo Aresi!




Ormai ogni volta che si parla di Apollo 11 si finisce sempre per accennare in qualche misura alla più classica delle teorie cospirazioniste: e se sulla Luna non ci fossimo andati veramente? Se tutte le immagini che abbiamo visto fossero state solo un film creato dal genio di Stanley Kubrick? La risposta da dare a chi avanza queste teorie è semplice: hai ragione! L'unico problema è che Kubrick era un tale perfezionista che ha preteso di andare a girare sulla Luna per fare un film come lo voleva lui.
La domanda che avanziamo nel titolo non è una di queste tesi assurde, e anzi lungi da noi voler mancare di rispetto a una persona che è stata indubbiamente uno dei grandi eroi dell'era moderna. Paolo Aresi ha scritto un romanzo su un altro di questi eroi, Sergej Korolev, immaginando che non fosse morto, salvato da un'intelligenza aliena. E nel finale del secondo romanzo, Korolev La luce di Eris c'è un colpo di scena. Va be', qualcosa forse avete già intuito.


Era stato l'ingegnere capo del progetto spaziale russo, la mente dietro imprese storiche come il volo di Yuri Gagarin. Poi era sparito: ufficialmente era morto, ma la realtà, come a volte accade, era molto più incredibile. Recuperato su Marte da una missione euroamericana oltre cento anni dopo, ora Korolev deve nuovamente mettere il suo genio a disposizione dell'umanità. Perché forse il mistero della scomparsa dei Marziani non è sepolto nel passato come molti credevano.


E per chi non avesse letto il romanzo precedente:



Nel 2084 la storia dell'astronautica ha fatto enormi passi avanti. È passato oltre un secolo da quando gli eroi della corsa allo spazio, come Sergej Pavlovic Korolev, padre del programma spaziale sovietico, avevano mandato in orbita i primi razzi. Ora la quarta missione euroamericana ha raggiunto Marte. Sembra ormai routine, ma arriva una incredibile scoperta, destinata a cambiare la storia dell'umanità: in una valle marziana viene rinvenuta una capsula Sojuz, risalente agli Anni sessanta del ventesimo secolo. Come può essere arrivata fin lì? E soprattutto, c'era a bordo qualcuno?



giovedì 1 agosto 2019

Alien Platinum



Antologia di racconti di fantascienza

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