Prospect è un piccolo film a basso
budget. Di fantascienza ha solo il vestito, avrebbe potuto essere
anche un western ambientato nel Klondike, con padre e figlia
cercatori d’oro che si imbattono in altri due cercatori d’oro
senza scrupoli. E i mercenari incontrati più avanti nel film, si
sarebbero potuti benissimo sostituire con gli indiani.
Quindi una trama classica traslata
nella fantascienza? Certo, ma non solo. Prospect ha alcuni aspetti
interessanti:
Narra di un futuro completamente
analogico, manopole e levette fanno da padrone sulla strumentazione
dell’astronave. I fucili e le pistole sono elettrici, addirittura
caricati a manovella! E la loro forma ricorda quella delle antiche
armi ad avancarica.
Curioso anche il fatto che ogni
astronauta abbia una tuta spaziale differente, come se ciascuno
provvedesse a costruire la propria attrezzatura, magari con mezzi di
fortuna.
Insomma, un futuro retrò in cui
l’elettronica non è mai stata perfezionata. Eppure questo non può
essere il nostro futuro, l’elettronica del 2019 è avanzata e non
potrà sparire. E poi i manuali di istruzioni della nave sono scritti
in una lingua sconosciuta fatta di strani ideogrammi. Questo fatto
insieme alla tecnologia analogica suggerisce che si tratti del futuro
di una Terra alternativa, in un universo parallelo. Potrebbe essere?
Prospect non è tratto da un romanzo
e neppure da un videogioco: nel 2013 Zeek
Earl e Chris Caldwell realizzarono
il cortometraggio omonimo, che fu pluripremiato al South
by Southwest Film Festival.
E
in seguito hanno deciso di trasformarlo in un film, uscito nel 2018.
La vicenda è stata dilatata fino a 97 minuti, sono stati introdotti
nuovi personaggi e qualche colpo di scena (pochi, per la verità).
Alla
fine del discorso Prospect è un piccolo film coraggioso, che avrebbe
potuto essere qualcosa di più, ma che forse non ci è riuscito.
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