giovedì 22 agosto 2019

Prospect





Prospect è un piccolo film a basso budget. Di fantascienza ha solo il vestito, avrebbe potuto essere anche un western ambientato nel Klondike, con padre e figlia cercatori d’oro che si imbattono in altri due cercatori d’oro senza scrupoli. E i mercenari incontrati più avanti nel film, si sarebbero potuti benissimo sostituire con gli indiani.
Quindi una trama classica traslata nella fantascienza? Certo, ma non solo. Prospect ha alcuni aspetti interessanti:
Narra di un futuro completamente analogico, manopole e levette fanno da padrone sulla strumentazione dell’astronave. I fucili e le pistole sono elettrici, addirittura caricati a manovella! E la loro forma ricorda quella delle antiche armi ad avancarica.
Curioso anche il fatto che ogni astronauta abbia una tuta spaziale differente, come se ciascuno provvedesse a costruire la propria attrezzatura, magari con mezzi di fortuna.
Insomma, un futuro retrò in cui l’elettronica non è mai stata perfezionata. Eppure questo non può essere il nostro futuro, l’elettronica del 2019 è avanzata e non potrà sparire. E poi i manuali di istruzioni della nave sono scritti in una lingua sconosciuta fatta di strani ideogrammi. Questo fatto insieme alla tecnologia analogica suggerisce che si tratti del futuro di una Terra alternativa, in un universo parallelo. Potrebbe essere?
Prospect non è tratto da un romanzo e neppure da un videogioco: nel 2013 Zeek Earl e Chris Caldwell realizzarono il cortometraggio omonimo, che fu pluripremiato al South by Southwest Film Festival. E in seguito hanno deciso di trasformarlo in un film, uscito nel 2018. La vicenda è stata dilatata fino a 97 minuti, sono stati introdotti nuovi personaggi e qualche colpo di scena (pochi, per la verità).
Alla fine del discorso Prospect è un piccolo film coraggioso, che avrebbe potuto essere qualcosa di più, ma che forse non ci è riuscito.


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