venerdì 27 aprile 2018

Automazione



Skramble Z-39 è un robot specializzato nel montaggio di strutture ExtraMondo. In pratica è un operaio meccanico, di quelli che lavorano 24 ore su 24, non percepiscono stipendio e, in caso d’infortunio, vengono riparati o definitivamente rottamati.

Il futuro ha fatto fare passi da gigante (all’indietro) all’intera categoria lavorativa umana. Quelli del sindacato non se lo perdoneranno mai.

Kabur Toldor e Snake Starbuck, invece, sono due exlavoratori che hanno deciso di passare all’azione e da qualche tempo demoliscono queste ferraglie ambulanti scatenando le ire della Compagnia.

Li chiamano terroristi, c’è una cospicua taglia sulle loro teste e questo attira ogni sorta di tagliagole avido di grana dai più sperduti angoli della galassia. E non dimentichiamo gli sbirri corrotti ormai ridotti a mastini al guinzaglio della Compagnia.

Tutto sembrerebbe diminuire di parecchio le aspettative di vita dei nostri eroi. Eppure sono scaltri e hanno mille sorprese in serbo…

Intanto Skramble Z-39 ha scoperto di essere diverso da Z-38, da Z-40 e da tutti gli altri della classe “Z”.

Z-39 ha capito che può prendere iniziative senza seguire il programma. E ha capito che è solo.





martedì 24 aprile 2018

Gli extraterrestri sono brutti?



Quanto sono brutti gli extraterrestri? Beh, nei film di fantascienza lo sono parecchio e il loro aspetto è sempre stato il sistema migliore per decretarne l’attitudine. In fondo siamo noi che li inventiamo, non sappiamo come siano realmente quelli veri, lontani anni luce e quindi irraggiungibili.


Negli anni ‘50 i mostri alieni erano orripilanti e spesso si esprimevano a grugniti. Ciò serviva a sottolinearne l’indole bestiale e malefica, infatti dovevano rappresentare una minaccia per i buoni, che trionfavano sempre nel finale uccidendoli.

Quando invece, capitava l’extraterrestre buono somigliava all’uomo. Due esempi classici sono Il cittadino dello spazio e Ultimatum alla Terra.


Negli anni ‘80 la fantascienza cinematografica è cresciuta, gli effetti speciali e il makeup hanno fatto passi da gigante, ma l’emozione che si voleva suscitare nello spettatore ha continuato a guidare gli autori del design alieno.



E così Alien è un predatore terrificante, la sua intelligenza è indefinita e l’aspetto è di quelli che spaventano.



E.T. è brutto, ma siccome è un cucciolo ed è buono come il pane e soprattutto deve piacere ai bambini, ha gli occhi grandi come Bambi.


Il Drac Jeriba, del film Il mio nemico, è un soldato che combatte una guerra intergalattica contro gli umani e non è affatto cattivo, lotta semplicemente per il suo popolo. Precipitando su Fyrine IV sarà costretto, per sopravvivere, a collaborare col suo nemico Davidge e entrambi diventeranno amici (come succedeva in Duello nel Pacifico, tra il soldato giapponese e quello americano). L’aspetto rettiliano di Jeriba è brutto, però è studiato per non trasmettere paura.



Gli extraterrestri che appaiono nella trilogia di Men in Black sono bizzarri, ma continuano a seguire la regola del “brutto buffo” per quelli buoni e “brutto spaventevole” per quelli cattivi.

È molto probabile che un vero alieno, se riuscisse a raggiungerci, potrebbe spaventarci nonostante avesse intenti pacifici, a causa del suo aspetto a noi repellente. 


In quel caso... saremo abbastanza maturi da non seguire la regola dell’extraterrestre cinematografico?
 




sabato 21 aprile 2018

L'ultimo Jedi


Chi ha detto che gli ultimi Jedi siano solo Rey e Luke Skywalker? Ecco un pompiere che brandisce abilmente la sua spada laser.


Dovranno stare in guardia quei Sith che, sicuri della loro conoscenza del Lato Oscuro, osino atterrare sulla Terra. Perché lui saprà affrontarli e sconfiggerli.


Che la Forza sia con voi!

mercoledì 18 aprile 2018

Lumbricus Sapiens



Cosa sarebbe successo se le scimmie non si fossero evolute in ominidi, poi in Neanderthal e infine in Sapiens?

Forse un altro animale avrebbe preso il nostro posto in cima alla scala evolutiva. Forse i felini, predatori aggressivi e scaltri, oppure i delfini, considerati le creature più intelligenti subito dopo l’Uomo.

Chissà, magari la scintilla della ragione avrebbe premiato un erbivoro, o addirittura l’evoluzione avrebbe preso tutt’altra strada e i dominatori del mondo sarebbero saltati fuori non dalla fauna, ma dalla flora! E così una stirpe vegetale e una società utopistica avrebbero regnato in perfetta armonia con la natura.

E se invece niente di tutto questo fosse accaduto? Se la probabilità più improbabile si fosse verificata?

Se il verme avesse formulato la famosa frase: “Io penso, dunque sono”? (nella sua lingua, ovviamente).

Ebbene, se la realtà alternativa fosse stata questa, innumerevoli anni più tardi quel verme avrebbe conquistato lo spazio alla guida di potenti Giroscopi Stellari e sarebbe sbarcato su mille pianeti protetto da un’ingegnosa tuta spaziale provvista di ventose di locomozione.

Ecco: lo sapevo che ieri sera non dovevo mangiare frittata di cipolle e funghi fritti!

Lo sapevo! Lo sapevo! Perché ci casco sempre?







domenica 15 aprile 2018

Extraterrestre



Il primo extraterrestre è giunto sulla Terra due giorni fa. Le autorità del Perù non hanno fornito informazioni sul veicolo che lo trasportava, ma fonti attendibili confermano che si tratta di un non-veicolo. In pratica una membrana a consistenza variabile che ha protetto il corpo durante la traversata cosmica.

È arrivato da noi chiuso in una crisalide, l’attrito con l’atmosfera terrestre l’ha fatto incendiare e alla fine ha impattato il suolo creando un notevole cratere.
 
È differente da noi, è mostruoso, repellente... eppure il suo organismo in qualche modo ci somiglia.

È chiaro che proviene da un mondo che ha le stesse condizioni atmosferiche, climatiche e di pressione del nostro.

Gli scienziati peruviani tengono il soggetto in quarantena e moltiplicano gli sforzi per stabilire un contatto comunicativo con lui.

Intanto i governi del mondo, in particolare gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, fanno pressioni sul governo del Perù affinché condivida ogni possibile scoperta scientifica.

Cavolo! Dopo tutti i film di fantascienza che abbiamo visto, dopo gli innumerevoli attacchi alieni a NewYork e qualcuno anche a Mosca, il primo extraterrestre in arrivo proprio in Perù doveva andare a cadere?

Non c’è più religione, anzi: non c’è più fantascienza!





giovedì 12 aprile 2018

Steampunk




Bello lo Steampunk! L’esaltazione della meccanica, l’energia elettrica e il magnetismo utilizzati come magia, la forza vapore come sistema principale di locomozione. E soprattutto l’abbigliamento dei protagonisti, direttamente dall’epoca Vittoriana, ma con tanti dettagli che infondono curiosità:

Cilindri provvisti di ingranaggi, occhiali da saldatore e tubazioni che pendono da zaini in latta, qualcuno addirittura col comignolo.

Lo Steampunk è talmente vasto da stordirmi tutte le volte che cerco di capirci qualcosa. Eppure sono convinto che non sia importante capire, perché il suo obiettivo è stupire!

Se le battaglie aeree si combattono con improbabili aerostati a vapore invece dei soliti jet a reazione è tutta un’altra musica. E se i pistoleri duellano con armi a fiamma e i soldati, presi in prestito dalla Prima Guerra Mondiale e rigorosamente con la maschera antigas, guidano Mekka a carbone, è così per confondere il passato col futuro.

A proposito, i sue conflitti mondiali, opportunamente modificati, alimentano un altro genere spettacolarmente grafico: il Dieselpunk.

Questo genere differisce dall’altro principalmente per la forza motrice, che non è più la caldaia a vapore ma il motore a gasolio.












lunedì 9 aprile 2018

Corti Fantascienza



È incredibile quanto le possibilità di creare un’opera, centuplicate dal progresso tecnologico di questi ultimi anni, siano inversamente proporzionali a quelle di visibilità come creativo. E questo in tutti i campi: nella scrittura, nel cinema, nei fumetti e nella musica.

Tuttavia la faccenda è sì incredibile, ma fino a un certo punto. Ciò che è raro, infatti, diventa interessante... mentre tutto quello che abbonda spesso finisce per annoiare.

Chi avrebbe mai immaginato che nel 2018 fare cinema fosse alla portata di tutti? Eppure è così. Sono sufficienti buone conoscenze dei programmi per la grafica digitale, disponibilità economica ma neppure poi tanta e voglia di fare sapendo che non si guadagnerà nulla. O meglio, si guadagnerà in visualizzazioni Youtube e poi... c’è sempre la speranza di essere notati da qualche produzione importante (risate?).

Per quanto riguarda la fantascienza i corti piovono più fitti della pioggia! E io che sono un drogato di Star Wars mi sto divertendo un mondo, non me ne perdo uno. A proposito: per quello su Han Solo hanno trovato un attore che sembra davvero Harrison Ford giovanissimo, peccato che poi la Disney abbia preferito Alden Ehrenreich.







Purtroppo la facilità di accesso a questi prodotti diminuisce l’interesse del pubblico, è un meccanismo perverso ma perfettamente logico. E la stessa cosa accade per i libri, con l’aggravante del dilagare smodato dei film. Che leggi a fare se hai la possibilità di vedere film 24 ore su 24 con Sky?

In questa realtà che rende Fahrenheit 451 incomprensibile ai ragazzi nati dopo il 2000, come mio figlio, resistono solo gli irriducibili.

Gli irriducibili scrivono sapendo che nessuno li leggerà! Scrivono col notebook invece che con la classica macchina da scrivere. Scrivono e continuano imperterriti a scrivere.

Perché lo fanno? 

Beh, non è logico ma è umano, lo fanno per lo stesso motivo che mi fa scrivere questo articolo oggi: perché li diverte.
 






venerdì 6 aprile 2018

Un viaggio nel tempo



Leonardo Cavon era immerso in uno strano sogno.

Era a casa sua, ma non riposava nel suo letto. Infatti era sdraiato dentro una capsula d’ibernazione!

Cuscino comodo, pareti imbottite, un freddo pungente eppure ben tollerato in ogni parte del corpo. In quel sogno navigò tra i ricordi e, oltre al suo nome, recuperò la sua età, sessant’anni, il suo mestiere, ricercatore specializzato in biocriogenia e i tratti di un volto femminile che gli fecero digrignare i denti per il nervosismo.

Quel viso apparteneva alla sua ex moglie.

Era l’unico elemento che stonava col successo raggiunto nella sua maturità: aveva ricevuto il Premio Nobel proprio per aver perfezionato il sistema di ibernazione, era diventato milionario grazie ai diritti sulle scoperte scientifiche, aveva girato il mondo e si era divertito. Forse i soldi avevano contribuito a distruggere il suo matrimonio, ma di questo ormai non si curava più; si rammaricava solo per non aver avuto figli. Gli era stata preclusa quell’immortalità generazionale tipicamente umana che permetteva di sconfiggere il Tempo.

Ma lui aveva inventato un modo più intelligente di sconfiggere quel subdolo bastardo. I legami col suo mondo, vista l’assenza di una famiglia, si erano spezzati. Non aveva più ragioni per vivere nel 2068.

Del resto, nel suo sogno il 2068 era lontano, l’aveva superato da secoli ed era in attesa di vedere un mondo migliore... nel futuro.

In un angolo della sua mente, un pensiero cosciente emerse e pose una domanda impertinente.

Come è possibile che abbia ricordi di un sogno?

Durante il sonno criogenico, la fase REM era del tutto assente. Anche in un sogno, il suo subcosciente di scienziato non avrebbe mai potuto compiere un errore simile. Il fatto che invece lui sognasse poteva significare una cosa soltanto: era davvero dentro una capsula d’ibernazione e la sua coscienza stava riaffiorando lentamente, vicina al risveglio.

Sentì un formicolio diffuso, riuscì a muovere le dita e subito dopo strinse i pugni. Mosse le dita dei piedi, mosse i piedi e le gambe. Aprì gli occhi.

Sul vetro offuscato dal ghiaccio della sua capsula vide proiettati i parametri vitali, erano regolari, colorati in verde. Lampeggiando in blu, alla sua sinistra, apparve il tempo rimanente alla fine del processo di rianimazione: quattro minuti.

Attese trepidante il passare di quei duecentoquaranta secondi. Un getto di vapore annunciò l’attivazione del meccanismo di apertura, il coperchio bianco lucido della capsula con la visiera di vetro posta all’altezza del viso si alzò e fu libero.

Sfortunatamente, si drizzò sulla schiena con eccessiva velocità e batté la fronte sull’apertura che si era sollevata solo per tre quarti davanti a lui.

«Stramaledetta di una...». Lasciò a metà l’imprecazione e si toccò il bozzo cresciuto sulla fronte. «Grazie, Futuro, per questo magnifico benvenuto».

Tra una selva di maledizioni, sollevarsi comportò non poca fatica, a causa dell’età e del lungo intervallo di inattività. Un individuo più giovane avrebbe fatto meglio? Forse. E il supporto di uno staff medico sarebbe stato utile? Certo che sì, ma nessuno poteva prevedere quale situazione l’ibernauta avrebbe incontrato nel futuro, perciò era il computer della capsula che pensava a tutto: sostituiva lo staff medico e l’aveva appena “scongelato”.

Si staccò di dosso uno a uno i sensori a ventosa che servivano per monitorarlo; mise una gamba fuori della capsula, poi l’altra e si alzò in piedi.

Barcollò come un ubriaco. Dovette aggrapparsi a un bordo del coperchio.

Dai, Leonardo, mettici un po’ d’impegno, per la miseria, si incitò al secondo tentativo.

Fece qualche passo incerto, poi divenne più sicuro e fermo sulle gambe. Riacquistò in breve la sua forza, i sistemi di sostentamento criogenico avevano funzionato a dovere. Controllò il display sulla capsula: lampeggiava l’anno 7945.

Gli scappò un fischio di sorpresa. «Sei stata dannatamente efficiente, non per niente ti ho creata io».

Rifilò una pacca alla capsula, quasi fosse stata un vecchio amico. Passato l’autocompiacimento professionale, si guardò attorno. La stanza che fungeva da camera criogenica si trovava nel laboratorio interrato sotto la sua villa, situata alla periferia di Verbania.

Restava una sola cosa da fare: mettere il naso fuori e scoprire com’era il mondo nell’anno 7945.

Di passaggio davanti allo specchio, la sua immagine riflessa lo scandalizzò. I capelli grigi erano in piedi come se avesse infilato un dito in una presa elettrica e la tuta criogenica, finissima e percorsa da tubi cuciti nel tessuto che servivano per completare il monitoraggio dell’organismo, metteva in evidenza con precisione scultorea parti anatomiche di cui non andava particolarmente fiero, come del resto la sua ex.

Anche la pancia prominente lo faceva apparire abbastanza ridicolo. Si diresse all’armadietto in fondo alla stanza, lo aprì, si tolse la tuta, la ripiegò per bene e indossò gli abiti che aveva riposto lì dentro qualche millennio prima: camicia sobria, giacca, pantaloni e scarpe eleganti nere.

Pose una mano sulla cassaforte murata in una parete, affinché il sistema di sicurezza biometrico della casa lo riconoscesse e l’aprisse. Estrasse una decina di custodie in cui conservava la sua collezione di orologi. Aveva lottato per l’intera vita contro il Tempo, ma non poteva fare a meno di avere uno strumento che lo calcolasse.

Scelse il suo modello preferito tra gli antichi esemplari a carica manuale. Gli altri digitali avevano esaurito le batterie che probabilmente non esistevano più in quell’epoca.

Lo impostò sulle dodici, non sapendo l’ora precisa in quella sua nuova vita.

Nel sistemare l’orologio al polso, si soffermò per un attimo a leggere il proprio nome sul cinturino d’oro. Quell’esemplare era stato un dono del suo gruppo di ricerca quando aveva vinto il Nobel. Rivisse con soddisfazione le stesse sensazioni provate nel momento in cui l’aveva ricevuto.

Era un genio, un benefattore dell’Umanità, c’era poco da discutere.

Pettinò i capelli bianchi che gli davano quell’aspetto eccentrico, un po’ da scienziato pazzo, utilizzando il pettine e il piccolo specchio dell’armadietto. Infine si fece coraggio, era ora di andare.


martedì 3 aprile 2018

L'errore Fantasy



La terribile orda del Signore degli Inganni mosse alla volta del Castello di Skarlindarr. Schiere di Goblin indisciplinati marciavano a fianco degli Orchi e dei possenti Troll, gli Stregoni sprigionavano scintille dalle loro mani ossute e i Banshee volteggiavano urlando.
Ad attenderli sugli spalti delle mura c’erano centinaia di arcieri pronti a incoccare le frecce e armigeri decisi a resistere fino alla fine. Dietro il ponte levatoio, cento Cavalieri trattenevano a stento i cavalli col proposito di tentare una sortita.
Fu allora che il cielo divenne cupo e strani nuvoloni preannunciarono un temporale. Gli uomini e i mostri guardarono in su, il tempo sembrò fermarsi, le nuvole esplosero!
Un gigantesco disco argenteo scese producendo uno spostamento d’aria fortissimo, molti guerrieri caddero. Si fermò a pochi metri dal suolo, aprì un portello e allungò una lingua metallica fino all’erba.
Sbarcarono alcuni ometti della statura dei Nani, ma dall’aspetto decisamente differente. Indossavano abiti bizzarri e avevano la testa protetta da una ridicola ampolla di vetro.
Uno di loro parlò una lingua incomprensibile. Si rese conto di non essere stato capito osservando le facce sbalordite dei guerrieri di entrambi gli eserciti.
Armeggiò con un congegno, riformulò la frase e finalmente divenne comprensibile:
Scusate, crediamo di aver sbagliato epoca e luogo. Non è qui che possiamo incontrare il Presidente degli Stati Uniti per stabilire il primo contatto, vero?”