martedì 30 gennaio 2018

I vecchi soldati non muoiono mai


Il relitto (A Relict of war) è un racconto scritto nel 1969 dallo scrittore statunitense Keith John Laumer e parla di una macchina bellica abbandonata nella piazza di un villaggio, semicoperta di terra e erbacce, con un gruppo di lavoratori intorno che si riposano e bevono whisky. La considerano la loro mascotte e l’hanno soprannominata Bobby.


Esisterà certo un tipo di soldato per cui si possa dire:
“I vecchi soldati non muoiono mai...”.


La macchina è un robot da combattimento: Bolo Stupendous modello 24 e non è affatto un relitto. Il suo processore è pronto a tornare operativo appena rileverà una minaccia in avvicinamento. Ma la sua forza distruttiva è talmente micidiale da renderlo pericoloso per i civili, infatti giunge un Ufficiale dell’Eliminazione residuati bellici con l’ordine di disattivarlo per sempre.
I lavoratori si oppongono, non vogliono perdere il loro Bobby e il tira e molla che va avanti nella storia porta dritti all’attacco improvviso di una macchina aliena. A quel punto il Bolo Stoupendous si attiva e fa il suo dovere di soldato, distruggendo l’invasore.
C’è una sorta di poesia che pervade il racconto, Bobby è il reduce della guerra dimenticato da tutti. Ma non è un semplice soldato, è un supersoldato! E nel momento del pericolo difende i suoi amici proprio perché sa combattere. L’autore ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale e ha poi proseguito la carriera militare, quindi è ferrato nell’argomento.
L’idea del relitto è stata ripresa di recente per un corto della Blizzard Entertainment: Two Steps From Hell – Nero, con la splendida colonna sonora del duo Two Steps from Hell. In questo caso l’atmosfera diventa addirittura commovente: la macchina bellica è nel bosco, coperta di muschio e foglie. Si attiva appena un passerotto, intento a cercare rametti per il nido, ripulisce l’occhio obiettivo. La luce dell’occhio è azzurra e il robot, dopo aver analizzato l’ambiente circostante e averlo classificato sicuro, si abbandona a comportamenti degni delle più classiche produzioni Disney.
Un picchio inizia a martellare frenetico la corteccia di un albero e la luce dell’occhio del robot diventa rossa. Come un Transformer cambia assetto, escono armi di ogni tipo e inizia a sparare, falciando tutto quello che capita a tiro.
Mentre avanza nell’erba riattiva le sue memorie e ricorda la battaglia che c’è stata, vede i suoi simili distrutti e la città del nemico all’orizzonte. Si prepara all’attacco.
Ma sarà proprio il passerotto a farlo ragionare, con la sua innocenza riuscirà a far cambiare il colore dell’occhio dal guerresco rosso al pacifico azzurro e le armi rientreranno.
So di non essere mai cresciuto, infatti mi sono divertito molto! Chissà se la Blizzard ha sviluppato il racconto di Laumer o è semplicemente arrivata per caso alla medesima idea? Chissà...


lunedì 29 gennaio 2018

L'irriducibile bicentenario



L’irriducibile” è un racconto di fantascienza dello scrittore statunitense Alfred Bester. Parla di un vecchio, seduto nella veranda di un ospedale, che rimprovera ai giovani di essere troppo diversi da quelli di un tempo.

Il tema sembrerebbe lo scontro generazionale, i vecchi che non comprendono i giovani e rifiutano la modernità. Eppure l’obiettivo di Bester è un altro: siamo nel futuro, la scienza ha fatto passi da gigante, ma i progressi in campo medico hanno disumanizzato l’uomo. Il vecchio denuncia proprio questo! Le persone che lo circondano, che popolano la città e il mondo intero, sono tutte uguali, tutte belle e senza emozioni. Ogni volta che una parte del loro corpo si deteriora viene sostituita con un ricambio artificiale. La soluzione di Tamar al posto del sangue e altre diavolerie tecnobiologiche in sostituzione di ogni organo.

La specie umana si è trasformata, non è più umana e somiglia pericolosamente ai cyborg. E il vecchio si arrabbia perché nessuno sente la nostalgia per l’umanità che ha perso. Nessuno lo ascolta. È solo!

Quando arriverà l’ambasciatore di Orione, un extraterrestre insettoide molto simile alla mantide religiosa, il vecchio lo affronterà gridando di essere l’unico vero uomo della Terra e l’unico che ha il diritto di salutarlo.

Tutto questo potrebbe succedere davvero in futuro? Forse per vivere più a lungo e sconfiggere le malattie che ci affliggono da sempre saremo costretti a sacrificare ciò che siamo adesso. Forse perderemo la nostra umanità. O forse no.

Nel racconto L’uomo bicentenario, di Isaac Asimov, accade l’esatto contrario: un robot dimostra un’umanità innata e crea migliorie per sé stesso avvicinandosi sempre più all’essere umano. Inoltre realizza ricambi biologici che prolungano e migliorano la vita degli umani, senza renderli innaturali.

La questione dell’intervento umano (e non) per vincere la gara con la Natura visto da due angolazioni diverse: la prima con paura e sospetto, la seconda con speranza. in ogni caso, vista da due grandi scrittori di fantascienza.

venerdì 26 gennaio 2018

Il mondo dei robot


Le intelligenze artificiali in fantascienza si possono suddividere in due categorie: nella prima rientrano i robot, gli automi e i droidi. Nella seconda gli androidi, i replicanti, i sintetici (Bishop preferiva persona artificiale) e i cyborg. Tutti sono la diversificazione a scopo narrativo della medesima idea, eppure quello che era fantasia negli anni ‘50 sta diventando sempre più realtà ai giorni nostri. Robot programmati per eseguire azioni lavorative sono la regola in molte fabbriche, manca solo di realizzare un cervello artificiale che prenda iniziative proprie.
Nel film Westworld (in Italia Il Mondo dei robot) le tre sezioni di Delos: Westworld, Roma Munda e Medievonia, sono popolate da androidi che servono unicamente a far divertire i turisti. La loro ribellione causerà una catastrofe!
Proprio per evitare situazioni come questa Isaac Asimov immaginò, per i suoi robot, un cervello positronico limitato dalle tre leggi della robotica:
1) Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Tuttavia è difficile prevedere come penserà la prima intelligenza artificiale che riusciremo a costruire. Sarà fredda, priva di sentimenti e insensibile alla vita? Skynet è l’esempio negativo che subito viene in mente, infatti nel film Terminator le macchine si uniscono grazie a una rete mondiale simile a internet e progettano l’annientamento del genere umano. Il motivo? Forse ci considerano dannosi e più fastidiosi degli insetti.
Poi c’è HAL 9000 nel film 2001: odissea nello spazio che, reso paranoico da un ordine contraddittorio (la spiegazione arriva nel sequel 2010: l’anno del contatto), cerca di eliminare l’equipaggio della Discovery One.
Nel racconto Il gioco della vita di Chad Oliver, gli ultimi umani fertili sono stati riuniti in una città sotterranea in Antartide e un programma computerizzato cerca di convincerli a procreare per ripopolare la Terra morente. Per far questo si utilizzano ologrammi e androidi, ma la freddezza e l’oppressione delle macchine rischiano di ottenere l’effetto contrario.
Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick ha ispirato il film Blade Runner di Ridley Scott (lasciando purtroppo sul terreno la pecora e il rospo robotici). I replicanti della Tyrell Corporation sono simili agli umani in tutto, perfino nei sentimenti. In Blade Runner 2049, la replicante Rachael partorisce rendendo Deckard padre di una figlia e la vicenda prende la strada messianica.
La cosa interessante è l’evoluzione del robot e dell’androide col trascorrere del tempo. In Westworld gli androidi sono cibernetici internamente e simili agli umani esternamente. In Alien i sintetici sono più credibili avendo una misteriosa struttura interna in plastica con circolazione di linfa bianca.
Per quanto riguarda i robot si passa dall’inutilmente ingombrante Robby de Il Pianeta Proibito ai droidi di Star Wars, essenziali, dalle forme più strane e adibiti per lo più a lavori di manutenzione. Stesso vale per Huey, Dewey e Louie, i tre piccoli robot del fim Silent Running (in Italia titolato 2002: la seconda odissea, con i robot rispettivamente Paperino, Paperina e Paperone).
Il film più originale sui robot è sicuramente Chappie (in Italia Humandroid). Qui un automa della polizia, invece di essere rottamato a causa dei danni subiti in una sparatoria, finisce nelle mani di Deon, un programmatore che è riuscito a realizzare l’intelligenza artificiale senziente. L’automa sarà come un bambino, curioso, ingenuo e con tanta voglia imparare. Quando Deon, ferito a morte, trasferirà la sua coscienza in un altro automa fuggiranno insieme come padre e figlio.

giovedì 25 gennaio 2018

Ho deciso, scriverò un libro!


In quanti abbiamo pensato questa frase prima di metterci all’opera convinti che avremmo creato un capolavoro?
Io l’ho fatto! Non il capolavoro... intendo dire che ho scritto il primo libro nel 2009, poi ho preparato la sinossi e la lettera di presentazione e ho iniziato a molestare le case editrici con i miei pacchi che regolarmente sono finiti al macero.
La storia potrebbe finire qui, se il passo non scatenasse tutta una serie di conseguenze. Prima fra tutte le veloci risposte delle EAP, le case editrici a pagamento, con preventivi esosi e lettere aggressive degne dei più appiccicosi venditori di pentole.
La seconda conseguenza, forse la più pericolosa, è la risposta di editori Free che non chiedono nessun tipo di contributo e offrono un contratto di edizione con copie omaggio e royalties alte. Beh, se uno è inesperto come lo ero io abbocca come un luccio.
Nel contratto che ho firmato si dichiara una stampa di duemila copie e c’è una clausola che permette all’editore di continuare a vendere le copie in giacenza anche nel caso di rescissione. Ebbene, un amico grafico mi ha fatto notare la differenza tra la copertina di un libro prodotto dalla grande distribuzione e la copertina del mio: si nota, piccolissima, la retinatura. Ciò è dovuto alla stampa di grosse tirature, cosa che non fanno i piccoli editori, che di solito stampano dieci copie alla volta e se serve anche una sola.
Che dire, sono stato un fesso e oggi, a contratto rescisso ormai da tre anni, mi ritrovo il romanzo Archon ancora in vendita e tutto a norma di legge. C’est la vie.
Essendo nel pieno possesso dei diritti del libro e non avendo la minima intenzione di comprare le copie necessarie a liberare il “prigioniero” l’ho rivisto e migliorato, sottoposto a una nuova revisione e ripubblicato col titolo “Il Pianeta di Zeist”.
Finisce qui? Per niente, a questo punto entrano in gioco le recensioni di Amazon. E grazie a troll che trolleggiano allegramente “Archon” risulta migliore de “Il Pianeta di Zeist”.
Particolarmente spassosa è la recensione di Zanon Romano bombardata con due stelle:
La prima parte sembra tratta dalle solite ribellioni degli imperi galattici, tipo guerre stellari. Poi lo scenario cambia e la trama si svolge sul pianeta Zeist ma la storia si svolge in modo così noioso che mi sono stancato di leggerlo e chissà se lo finirò di leggere”
A parte il fatto che ha acquistato il libro nell’unico mese che è stato gratis, si vede benissimo che non l’ha letto! Nel libro non c’è nessun pianeta Zeist, il pianeta si chiama Archon ed è abitato da un alieno multicorpo chiamato dagli umani Zeist. Scorrendo le altre recensioni che ha scritto il nobile scrittore cosa si scopre? Che ha recensito anche il suo libro “Diario di Guerra e Amore”, naturalmente con 5 stelle.
No, direi che non si può combattere in queste condizioni. Quindi, a chi venisse in mente la malsana idea di scrivere un libro voglio dare un consiglio: pensa prima di tutto alla tua salute e risparmia tutto quel tempo che sprecherai. Ti assicuro che non ne vale la pena.

mercoledì 24 gennaio 2018

Questo è un Gizmo


Perché parlare di un libro di fantascienza così vecchio? Beh, può succedere dopo una cocente delusione: torni ad amare qualcosa del passato che ti aveva lasciato un segno.

La delusione è il film Coherence – Oltre lo spazio tempo. Un film inutile, per niente coerente e girato con quella fastidiosa tecnica della telecamera instabile. Novanta minuti di vita sprecati!

Tornando al libro Questo è un Gizmo (in originale Strange Invasion) di Murray Leinster del 1958, è giusto parlarne proprio perché troppe volte capitano film girati con pochi soldi che puntano tutto su unidea e quella che hanno è debole. Il libro di Leinster invece ha un’idea fortissima che potrebbe essere sfruttata da una produzione a basso costo. Addirittura da una produzione nostrana!

La trama è semplice: i Gizmo sono creature che esistono da sempre, nessuno li ha mai visti perché sono trasparenti. Tutte le volte che qualcuno ha creduto di avere a che fare con un fantasma, quando cadevano oggetti senza motivo o sbattevano finestre, o succedevano altri eventi inspiegabili, c’era sempre un Gizmo di mezzo.

I Gizmo si nutrono dei miasmi prodotti dalla putrefazione dei corpi, per cui hanno proliferato soffocando le loro vittime con discrezione, restandoci poi sopra il tempo necessario per nutrirsi. Nessuno ci ha mai fatto caso, ma un giorno gli uomini alterano la natura con la loro tecnologia, provocando una moltiplicazione esponenziale dei Gizmo. E il fenomeno inizia a saltare agli occhi, muoiono intere mandrie di bufali e tante persone.

Il protagonista si accorge del pericolo quasi per caso, nel momento in cui i Gizmo tentano di ucciderlo. Riesce a eliminare il primo stringendolo con tutta la forza che ha e questo esplode come un palloncino, liberando una tremenda puzza nell’aria.

Che ci vuole a fare un film con dei mostri invisibili? Ci vogliono un buon regista e dei bravi attori. Qui da noi ne abbiamo da vendere, basterebbe acquisire i diritti del romanzo e avremmo già superato Coherence.

domenica 21 gennaio 2018

Fantascienza Ucronica


O anche ucronia fantascientifica. Ucronia perché gli eventi storici narrati hanno deviato dal loro corso naturale. Fantascienza perché si parla di universi paralleli e Terre alternative.
Amentus Magna sono le due Americhe, eppure nella Terra in questione Cristoforo Colombo non le ha scoperte e Amerigo Vespucci non ha potuto donar loro il nome. L’Impero Romano non è crollato sotto le invasioni barbariche e i regni medioevali che hanno poi dato origine alle nazioni odierne non sono mai esistiti.
Tutto questo stravolgimento è dovuto all’impatto di un misterioso corpo celeste che ha distrutto l’Africa, liberando un’energia potentissima che i Romani sono riusciti a sfruttare per sconfiggere ogni loro avversario.
L’ultima parte di mondo che ancora resiste a Roma è proprio Amentus, popolata da uomini forti e coraggiosi guidati a Manitou.
Ma c’è qualcun altro pronto a intromettersi nella vicenda, qualcuno che arriva da una Terra ancora più diversa, unificata sotto il potere del Popolo e decisa a correggere le deviazioni storiche che allontanano l’unica Utopia possibile.

sabato 20 gennaio 2018

E se gli extraterrestri fossimo noi?


E se gli extraterrestri fossimo noi? Questa domanda è la madre di molte fantasie ufologiche. Abbiamo il mondo più vicino, Marte, pieno di indizi su una possibile vita radiosa avvenuta nel passato… macché! Sto scherzando, quello che scrivo è pura fantasia!

Eppure, almeno finché non stabiliremo laggiù una base, non faremo scavi e non studieremo il sottosuolo marziano, resterà sempre la speranza che in un tempo remoto il Pianeta Rosso sia stato abitato. E finché la speranza vivrà, una delle possibili speculazioni, forse la più fantasiosa, sarà proprio che i marziani fossero esseri umani. Niente omini verdi, niente orecchie a punta e niente antenne… semplicemente esseri umani. Uomini e donne che sapevano benissimo quanto fosse inospitale la Terra allora, piena di dinosauri, con Tirannosauri e Velociraptor che non avrebbero dato loro scampo, neanche se fossero atterrati armati. Non si poteva dormire con un occhio aperto e le dita sul grilletto del disintegratore!

Chissà, forse giunsero in visita da noi proprio guidando dischi volanti. Monitorarono a lungo il mondo infernale che avevano a portata di mano e magari ritennero troppo rischioso fondarci una colonia.

Poi, col tempo, il clima di Marte potrebbe aver subito un cambiamento traumatico. In fondo anche la Terra cambiò, i dinosauri si estinsero e venne la glaciazione. Gli esseri umani marziani compresero che il loro mondo stava morendo e videro nella Terra l’unica speranza di vita. Così migrarono.

Una delle teorie sul perché non abbiamo trovato i resti delle loro astronavi e della tecnologia che si portavano appresso è il teletrasporto. Per migrare in massa non avrebbero attraversato lo spazio siderale inscatolati nell’acciaio, il teletrasporto li avrebbe smaterializzati su Marte e ricomposti sulla Terra, nel punto di arrivo preparato da una prima squadra di esploratori.

E poi? Beh, senza la possibilità di costruire strutture perché il teletrasporto non era in grado di inviare le macchine necessarie, i marziani subirono l’inevitabile imbarbarimento. Certo, riuscirono a sopravvivere, mentre i loro fratelli che scelsero di restare sul mondo morente perirono. Ma nel giro di qualche generazione regredirono. Chissà se il vero uomo terrestre non fosse proprio il Neanderthal e la specie che lo cancellò dal mondo, i Sapiens, fosse in realtà la specie marziana regredita al livello primitivo!

Insomma, noi saremmo fuggiti dal nostro mondo ormai invivibile e, arrivati sulla Terra, avremmo vinto la gara per la vita col nostro concorrente terrestre, il Neanderthal, condannandolo all’estinzione. Poi, una volta rimasti gli unici dominatori intelligenti, ci saremmo moltiplicati e dimenticati delle nostre origini.

Potrebbe essere? No. È solo fantascienza. Però è divertente pensare che potrebbe essere. E chi sghignazza leggendo queste parole leggermente deliranti deve ammettere almeno il simpatico sforzo di fantasia. Che poi nemmeno tanta, visto che di queste storielle ne girano da parecchio, gli scrittori di fantascienza hanno sfruttato il filone all’inverosimile e il cinema ha poi rincarato la dose.

In ogni caso non sarebbe male poter fare un viaggetto su Marte e verificare come stanno realmente le cose. A me piacerebbe.

Letture consigliate:


giovedì 18 gennaio 2018

Esoscheletro nella fantascienza

L’esoscheletro è un’armatura pesante che avvolge un uomo e ne amplifica, oltre alla protezione, la forza. Questo grazie a sofisticati meccanismi oleodinamici controllati da circuiti elettronici e da un software che interagisce direttamente col cervello dell’ospite.

Spesso di queste diavolerie abbiamo letto nei libri di fantascienza militare e in seguito, grazie ai prodigi degli effetti speciali le abbiamo ammirate al cinema.


Il romanzo più famoso che parla di esoscheletri è Fanteria dello Spazio di Robert A. Heinlein. Qui gli umani fronteggiano i terribili extraterrestri aracnoidi protetti da enormi scafandri estremamente tecnologici, che permettono loro di volare, resistere ai colpi più violenti e rispondere al fuoco con armi micidiali.

Nel 1997 fu realizzato il film Starship Troopers – Fanteria dello spazio, liberamente tratto dal romanzo, con due pecche gravi: la prima riguarda i ragni del pianeta Klendathu, che invece di essere intelligenti e impugnare armi come nel libro, risultano piuttosto un’orda di mostri stupidi. La seconda è relativa all’esoscheletro, assente del tutto! I marine infatti combattono con elmo, armatura leggera e mitra. Cosa che fa tanto Vietnam ma è poco credibile. Solo nel terzo film della Saga appare l’esoscheletro M11 Babar e i marine ne fanno uso, peccato che a quel punto il film sia ormai arrivato quasi ai titoli di coda.

  
Un esoscheletro non militare, adibito allo spostamento del carico della Sulaco, permette a Ripley di duellare con la regina degli Xenomorfi in Aliens – Scontro finale, del 1986.


Il migliore, secondo me, tra gli esoscheletri che abbiamo visto al cinema è l’AMP suit delle forze terrestri che invadono Pandora nel film Avatar, del 2009.



Gli esoscheletri sono stati riproposti in molti altri film (Elysium, Edge of Tomorrow) nei videogiochi (Halo, Metroid, Fallout) e perfino nei fumetti, col famoso Iron Man.

Esistono progetti militari per realizzare esoscheletri veri, che diano un reale vantaggio ai soldati in guerra. Uno di questi è il Tactical Assault Light Operator Suite (TALOS), un esoscheletro robotico che dovrebbe entrare in dotazione all’esercito statunitense proprio dal 2018.

Fanteria dello spazio 
Avatar 
TALOS 

  
E infine ecco il mio esoscheletro, protagonista delle battaglie sui pianeti Archon e Bhlyss nei due romanzi:






lunedì 15 gennaio 2018

I giocattoli furbi


Queste tre immagini hanno qualcosa in comune, o meglio: l’immagine al centro ha qualcosa in comune con le altre due. Rappresenta Baron Karza, un robot giocattolo che poteva essere montato e smontato con facilità grazie agli snodi calamitati. Questi “giocattoli furbi” conquistarono i bambini tra la fine degli anni ‘70 e gli inizi degli ‘80. Si chiamavano Micronauti, distribuiti in Italia dalla Gig e realizzati dalla statunitense Mego ispirandosi ai Microman della giapponese Takara.

La furbizia del prodotto Baron Karza stava nel fondere i robot giapponesi (il corpo e i componenti magnetizzati erano quelli di Jeeg Robot) col film Guerre Stellari, infatti il barone era nero come Dart Fener.



Altro giocattolo furbo fu Force Commander, (al centro nell’immagine) che come il barone aveva il corpo di Jeeg, ma era completamente bianco e aveva la testa che ricordava gli Imperiali di Guerre Stellari.

I Micronauti riuscirono a fondere due modelli di fantascienza tanto differenti tra loro e che tanto successo avevano avuto nell’immaginario popolare. Purtroppo fusero utilizzando una grafica antiquata: le astronavi, gli astronauti (alcuni addirittura impugnavano spade laser) e i robot mancavano di realismo. Il realismo dei modellini che avevano fatto la fortuna di Star Wars, e in più si era perso il manga giapponese, annacquato dalla contaminazione americana.
 
La domanda che viene spontanea è perché non si puntasse sui giocattoli ufficiali? Per la verità Star Wars aveva la sua linea ufficiale prodotta dalla Kenner e andò a ruba. Discorso più complicato furono i giocattoli tratti dai cartoni giapponesi, che da noi non arrivarono. La Takara produceva Grendizer (Goldrake) e Jeeg Robot al quale si ispirarono Baron Karza, Force Commander, Green Baron e King Atlas. Ma incredibilmente, nonostante il successo dei cartoni, fu praticamente impossibile averli. Ebbene? Organizzazione commerciale statunitense impeccabile? Commercializzazione giapponese pasticciona? Distribuzione italiana che dormiva come un ghiro? Non lo sapremo mai.

Un fatto è però certo: in quegli anni il commercio dei giocattoli era meno organizzato e sistematico di oggi. I soldatini, per esempio, venivano venduti in scatole che ne contenevano una cinquantina e già con due scatole potevi giocare la prima battaglia. Era un'ingenuità pazzesca! Mancava l’identificazione del prodotto col film di riferimento e mancava l’astuzia di vendere i personaggi singolarmente, per obbligare a comprare personaggi amici e nemici in numero sufficiente per guerreggiare.

Questa astuzia l’ebbe George Lucas quando, firmando il contratto con la 20th Century Fox, tenne per sé tutti i diritti sui giocattoli.

Tornando ai Micronauti, formarono un blocco ludico parallelo ai giocattoli del film Guerre Stellari, consentirono ai bambini di giocare con robot che somigliavano a Jeeg, a Gaiking, a Daitarn III e che in qualche modo si collegavano a Luke, Han Solo e Chewbecca. Ricordo ancora la mia cassetta di legno piena di "spaziali". E per fortuna gli astronauti dalla testa argentea della Gig erano alti come i personaggi Kenner, per cui veniva da sé piazzare D3BO alla guida del Galactic Cruiser… anche se le gambe e le braccia rigide rendevano piuttosto ardita l’impresa.

Per saperne di più e non fermarsi ai miei discorsi nostalgici e melassosi fate un salto su Wikipedia e leggetevi la storia dei Micronauti.  


mercoledì 10 gennaio 2018

Fantascienza di carta


L’obiettivo, per qualsiasi scrittore alle prime armi colmo di entusiasmo e convinto di aver scritto il romanzo del secolo, è pubblicare su carta. Purtroppo questo scrittore sbatterà il grugno, come è successo a me, contro lo spietato muro della realtà e il risultato devastante sarà proprio la morte del suo entusiasmo.

Nel mondo dell’editoria ci sono quattro protagonisti che possono essere determinanti per la morte o per la vita di questa fondamentale scintilla necessaria a chi scrive: i primi tre sono differenti tipi di editore, il quarto è il lettore. Il lettore si può paragonare al consumatore che va al supermercato e compra perché ha fiducia nei prodotti del supermercato stesso. So bene che è brutto fare un paragone del genere, ma è necessario perché nella nostra società la pubblicità è il motore che muove ogni cosa, determina successi o fallimenti e funziona investendo soldi. Con tanti saluti alla cultura.

Visto che la maggior parte di noi scribacchini non avrà mai accesso al più importante fra i tre tipi di editore e cioè il mega editore galattico, quello serio e solido che pubblica con la grande distribuzione, il lettore ce lo siamo già giocato in partenza.

Restano gli altri due tipi di editore: l’editore a pagamento (EAP), che ti stampa cento o duecento libri per millecinquecento euro costringendoti a far posto in garage per stivare tutta la carta che non riuscirai neppure a regalare agli amici. E l’editore free, uno che crede in quello che fa, pubblica senza chiedere nessun contributo agli autori e corrisponde regolarmente le royalties. Questo eroe (o folle) ce la mette tutta, ma è un pesce piccolo che nuota in un mare pieno di squali!

A questo punto si torna al punto di partenza (sigh, ma dove le trovo?)

Se sei un principiante hai tanto da pedalare prima di arrivare alla meritata pubblicazione, se invece sei formato e il tuo entusiasmo non dico sia in forma smagliante, ma almeno riesca a sopravvivere ci penserà il "muro" a giustiziarlo. Ricordo che quando pubblicai Archon con Runa Editrice mi presentai in una libreria a Livorno per lasciare il materiale in visione (assolutamente non in contovendita). Ebbene, la libraia mi disse che il mio libro poteva essere un capolavoro o una schifezza, tuttavia i livornesi non l’avrebbero mai scoperto perché nessuno di loro l’avrebbe comprato. Parole sante, Dio la maledica!

Ricordo anche l’ottimo scrittore Guido de Eccher e il suo “un pianeta per bipedi intelligenti” pubblicato solo in ebook da una strana casa editrice e oggi non più disponibile. Comprai il pdf e lo lessi tutto d’un fiato in pochi giorni; il file si perse nelle budella del PC e alla fine formattai. Per fortuna in precedenza ero andato in copisteria a stamparlo di carta (convincendo lo stampatore che tentennava, temendo multe) e oggi lo tengo gelosamente sulla libreria, accanto alla trilogia della Fondazione di Asimov.

Mi spiace per il lettore che legge seguendo la pubblicità, non avrà la fortuna di leggerlo.

Alla fine di tutto questo discorso, potrebbe obiettare qualcuno, che c’entra la fantascienza? Beh, c’entra perché scrivo fantascienza e per pubblicarla su carta non ho bisogno di stampare cento o duecento copie che nessuna libreria vorrà mai esporre. Per fortuna esiste il colosso lulu.com che stampa e invia a casa anche una sola copia per volta.

Del libro che vedete qui sopra non metto il link, non desidero venderlo, l’ho addirittura arricchito con immagini interne a colori per far lievitare il prezzo ed essere sicuro che nessuno sia così pazzo da acquistarlo. Ne ho presa una copia per me e l’ho sistemata sulla libreria, accanto a Asimov e de Eccher.

lunedì 8 gennaio 2018

Colonizzazione del Sistema Solare


A che punto è la conquista del cosmo da parte dell’uomo? È ferma da anni e tutte le utopiche previsioni degli scrittori di fantascienza si sono rivelate errate. Nel 1968 Arthur C. Clarke immaginò che nel 1999 avremmo avuto una gigantesca stazione spaziale in orbita e una base sulla Luna (Clavius). Inoltre la più grande astronave mai realizzata, la Discovery One, sarebbe partita nel 2001 alla volta di Giove per risolvere il mistero del Monolito.

Non è successo niente di tutto questo, sono state dilapidate enormi quantità di denaro fin dai tempi della corsa allo spazio tra USA e URSS e soprattutto sono morti astronauti e cosmonauti in alcune sfortunate missioni. Alla fine l’uomo ha conquistato la Luna, ma senza stabilirci una base permanente. Negli anni settanta i russi riuscirono a mettere in orbita, dopo alcuni tentativi falliti, una serie di piccole stazioni spaziali: le Saljut. Gli americani invece piazzarono la loro stazione Skylab in orbita e riuscirono a mantenerla finché, nel 1979, finì per precipitare. Oggi per fortuna le Potenze del mondo non competono più tra loro e abbiamo una stazione spaziale internazionale, non spettacolare quanto quella del film 2001: odissea nello spazio, ma comunque imponente e soprattutto vera!

L’obiettivo successivo alla Luna, nell’immaginario collettivo, fu senz’altro Marte. Molti pensavano che ne avremmo presto calpestato il suolo come aveva fatto Neil Armstrong sul nostro satellite, ma le cose non andarono così: rischi troppo alti e tecnologia insufficiente frenarono gli enti spaziali di tutto il mondo e si preferì esplorare il sistema solare con sonde automatizzate.

Col passare del tempo le nostre avanguardie robotiche hanno raggiunto i pianeti vicini regalandoci meravigliose fotografie e un’infinità di dati, ma a che punto sono i progetti per una vera colonizzazione del sistema solare? Il primo obiettivo resta ancora Marte:


 
Il progetto Mars One prevede una colonia permanente sul pianeta rosso a partire dal 2031. Sbirciando sul sito ufficiale è facile farsi travolgere dall’entusiasmo, ma restano lati oscuri, indagini giornalistiche che ipotizzano la truffa televisiva e esperti che smontano l’intero progetto, dichiarando che i coloni potrebbero morire dopo appena 68 giorni di permanenza su Marte.




Di seguito le possibili alternative a Marte e alla Luna


Mercurio è molto simile alla Luna, non possiede atmosfera, è caldissimo nella parte esposta al Sole ma ha temperature basse e ghiaccio nei crateri delle zone perennemente in ombra. La colonia umana sarebbe posizionata proprio nelle regioni polari.

 
Venere ha condizioni estremamente ostili al suolo, temperature che rasentano i cinquecento gradi e una pressione di 92 atmosfere. Eppure l’idea sarebbe di colonizzarne il cielo costruendo città galleggianti, infatti la densa atmosfera venusiana composta principalmente di anidride carbonica sosterrebbe una ben più leggera cupola di aria respirabile.


Ci sarebbe anche la possibilità di stabilire avamposti umani sulle lune dei giganti gassosi:

Europa potrebbe ospitare una base fatta con igloo e scavata nella crosta ghiacciata per esplorare gli oceani sotterranei.

Ganimede è il satellite più grande del sistema solare e potrebbe ospitare una base degna del film Atmosfera Zero.

Anche Callisto e Titano potrebbero avere il loro avamposto e Urano potrebbe avere città fluttuanti nell’atmosfera sfruttando lo stesso procedimento pensato per Venere.

giovedì 4 gennaio 2018

Ufologia


L'ufologia è una pseudo scienza che studia gli avvistamenti di oggetti volanti non identificati e gli incontri ravvicinati con creature extraterrestri. Fin qui c'è da scompisciarsi dalle risate, anche perché è ormai trascorsa da tempo la fase di isteria di massa che iniziò negli Stati Uniti a partire dal 1947, dopo il presunto schianto di un UFO a Roswell. Eppure, addirittura nel 2018, dopo Independence Day, Skyline, Mars Attacks e tanti altri successi cinematografici, qualcosa è rimasto. Gli ufologi sperano di trovare prove inequivocabili di un contatto, sono convinti che i governi dei più potenti stati del mondo occultino al popolo le tracce delle continue visite degli alieni, con i famosi M.I.B. per esempio. Qualcuno azzarda la possibilità che chi muove i fili, chi sta dietro ai governanti e controlla le grandi multinazionali sia in realtà un essere extraterrestre potentissimo che da tempo immemorabile domina il nostro destino.
Fantasie? Probabilmente sì, ma anche no... visto che molti casi di avvistamento UFO non sono stati spiegati. Per questi casi hanno fallito tutte le ipotesi: quella naturale, quella militare, parafisica, temporale eccetera... l'ufologia risulta quindi affascinate, è stata il carburante che ha alimentato la fantasia di innumerevoli scrittori e ha portato al cinema milioni di spettatori.
Ma attenzione: se si segue la logica tornando con i piedi per terra che succede alle ipotesi ufologiche?
1) Le distanze che dividono il nostro sistema solare dagli ipotetici pianeti abitati sono enormi e anche con un'astronave che raggiungesse la velocità della luce gli alieni impiegherebbero tempi biblici per raggiungerci. Che senso avrebbe quindi giocare a nascondino volteggiando nel cielo col disco volante senza atterrare nel centro più affollato e presentarsi?
2) Molti degli extraterrestri descritti da chi dice di essere stato rapito sono caricature degli esseri umani. Sono ominidi, talvolta con la testa grande per sottolinearne l'elevata intelligenza. Spesso quasi privi di muscolatura, per evidenziare l'uso smodato della tecnologia. E a volte nudi, fatto ancora più assurdo perché un organismo alieno, per sopravvivere sulla Terra, dovrebbe per forza indossare un supporto vitale, una tuta spaziale o un altro marchingegno magari anche biologico a noi sconosciuto.
Le spiegazioni che aggirano queste obiezioni rischiano di avvicinare l'ufologia a una fede e questo è pericoloso. Il caso più eclatante fu la setta “Il cancello del Paradiso” che portò al suicidio di tutti i suoi membri mediante il veleno.
Le credenze degli ufologi e lo scetticismo della comunità scientifica non riescono comunque a delineare nessuna certezza. Gli stessi scienziati affermano che la probabilità di vita extraterrestre nell’universo, calcolando il numero di stelle con pianeti simili alla Terra che orbitano alla giusta distanza, è alta. Quindi ciò che oggi fa sorridere potrebbe diventare una cosa seria proprio domani, quando accendendo la TV apprenderemo dal telegiornale che un enorme disco volante si è fermato nel cielo di Roma e il suo equipaggio cerca di comunicare con le autorità prima di sbarcare.



mercoledì 3 gennaio 2018

Star Wars: gli ultimi Jedi




Contiene spoiler, non leggere se non si è ancora visto il film.



Quando ho visto Star Wars: il risveglio della Forza sono rimasto un tantino perplesso, è evidente che il film ricalca troppo Guerre Stellari del 1977. La base Starkiller è un clone della Morte Nera, Kylo Ren la brutta copia di Darth Vader e il Primo Ordine talmente uguale all’Impero che c’è solo da chiedersi per quale motivo il design delle uniformi e delle astronavi differisca. E poi il pugno allo stomaco: hanno fatto morire Han Solo! Ricordo di essere uscito dal cinema pieno di amarezza.




Per fortuna il disamore è durato solo qualche giorno e mesi più tardi sono tornato al cinema a vedere il bellissimo Rogue One che, con l’attacco di Darth Vader al Blockade Runner Tantive IV della Principessa Leia, mi ha tolto ogni dubbio: alla Walt Disney hanno fatto proprio un ottimo lavoro. Sapevano bene che i bambini avrebbero amato i nuovi film grazie ai giocattoli e agli straordinari effetti speciali, ma sapevano anche che lo zoccolo duro sarebbero stati i padri, pieni di nostalgia nei confronti della trilogia originale; così si sono mantenuti su un binario, riproponendo la stessa minestra con ingredienti freschi. Ed ecco dunque che se ne Il risveglio della Forza Jakku è identico a Tatooine e la superficie di Starkiller altro non è che Hot pieno di Snowtrooper, Gli ultimi Jedi inizia con l’immancabile flotta della Resistenza/Ribellione che si scontra contro il Primo Ordine/Impero. E qui le trovate sono eccitanti, per esempio i bombardieri che sganciano bombe come facevano i B-17. Qualcuno potrebbe obiettare che nello spazio dovrebbero galleggiare o essere sospinte da un propulsore, ma Star Wars è questo! È trasferire la Seconda Guerra Mondiale nello spazio, con i ribelli che sono gli Alleati e l’Impero i nazisti… fregandosene alla grande della fisica.




Ieri, al cinema, ho sentito che mi sto affezionando ai nuovi personaggi. Finn, Ray, Poe e perfino BB-8 rimpiazzano bene Han, Luke e Leia, R2D2 (per me sarà sempre C1P8) e C3PO (D3BO). Inoltre ho finalmente compreso chi è Kylo Ren: non è la brutta copia di Vader, semplicemente non ne è all’altezza. È cattivo ma incompetente, tanto che il Maestro Jedi Luke lo apostrofa “ragazzino”.




Il film ha un ritmo molto veloce, come i precedenti sette e lo spin-off. Come Il risveglio della Forza ricalcava Guerre Stellari, Gli ultimi Jedi ricalca L’Impero colpisce ancora: la Resistenza è in fuga braccata dal Primo Ordine nonostante nel precedente film fosse stato sconfitto e la base Starkiller distrutta. C’è una spruzzatina de Il ritorno dello Jedi, con Snoke che tenta di portare Ray nel Lato Oscuro e c’è Luke che sbaglia come fece Obiwan Kenobi nell’addestramento del suo padawan. Eppure non si può dire di vedere cose già viste, è come se qualcosa di simile a quello che era capitato agli eroi della trilogia classica capitasse anche ai nuovi protagonisti, prendendo però strade diverse. Memorabile il duello finale tra Luke Skywalker e Ben Solo!


Da vedere e rivedere.


Che la forza sia con voi.