“L’irriducibile” è un racconto di fantascienza dello scrittore statunitense Alfred Bester. Parla di un vecchio, seduto nella veranda di un ospedale, che rimprovera ai giovani di essere troppo diversi da quelli di un tempo.
Il
tema sembrerebbe lo scontro generazionale, i vecchi che non
comprendono i giovani e rifiutano la modernità. Eppure
l’obiettivo
di Bester
è
un altro: siamo
nel futuro, la
scienza ha
fatto passi da gigante, ma i progressi in campo medico
hanno
disumanizzato l’uomo. Il
vecchio denuncia proprio questo!
Le
persone
che lo circondano, che popolano la città e il mondo intero, sono
tutte
uguali, tutte
belle
e senza emozioni. Ogni volta che una parte del loro corpo si
deteriora viene
sostituita con un ricambio artificiale. La soluzione di Tamar al
posto del sangue e altre
diavolerie
tecnobiologiche
in
sostituzione
di
ogni
organo.
La
specie umana si è trasformata, non è più umana e somiglia
pericolosamente
ai
cyborg. E il vecchio si
arrabbia perché
nessuno sente la nostalgia per l’umanità che ha perso. Nessuno
lo ascolta. È
solo!
Quando
arriverà l’ambasciatore di Orione, un extraterrestre insettoide
molto simile alla mantide religiosa, il vecchio lo affronterà
gridando di essere l’unico vero uomo della Terra e l’unico che ha
il diritto di salutarlo.
Tutto
questo potrebbe succedere davvero in futuro? Forse per vivere più a
lungo e sconfiggere le malattie che ci affliggono
da sempre saremo costretti a sacrificare ciò che siamo adesso. Forse
perderemo la nostra umanità. O forse no.
Nel
racconto L’uomo bicentenario, di Isaac Asimov, accade l’esatto
contrario: un robot dimostra un’umanità innata e crea migliorie
per sé stesso avvicinandosi sempre più all’essere umano. Inoltre
realizza
ricambi biologici che prolungano e migliorano la vita degli umani,
senza
renderli innaturali.
La
questione dell’intervento umano (e non) per vincere la gara con la
Natura visto da due angolazioni diverse: la prima con paura e
sospetto, la seconda con speranza. in ogni caso, vista da due grandi scrittori di fantascienza.
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