Le
intelligenze artificiali in fantascienza si possono suddividere in
due categorie: nella prima rientrano i robot, gli automi e i droidi.
Nella seconda gli androidi, i replicanti, i sintetici (Bishop
preferiva persona artificiale) e i cyborg. Tutti sono la
diversificazione a scopo narrativo della medesima idea, eppure quello
che era fantasia negli anni ‘50 sta diventando sempre più realtà
ai giorni nostri. Robot programmati per eseguire azioni lavorative
sono la regola in molte fabbriche, manca solo di realizzare un
cervello artificiale che prenda iniziative proprie.
Nel
film Westworld (in Italia Il Mondo dei robot) le tre
sezioni di Delos: Westworld, Roma Munda e Medievonia, sono popolate
da androidi che servono unicamente a far divertire i turisti. La loro
ribellione causerà una catastrofe!
Proprio
per evitare situazioni come questa Isaac Asimov immaginò, per i suoi
robot, un cervello positronico limitato dalle tre leggi della
robotica:
1)
Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere
che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva
danno.
2)
Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani,
purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
3)
Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa
autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Tuttavia
è difficile prevedere come penserà la prima intelligenza
artificiale che riusciremo a costruire. Sarà fredda, priva di
sentimenti e insensibile alla vita? Skynet è l’esempio negativo
che subito viene in mente, infatti nel film Terminator le
macchine si uniscono grazie a una rete mondiale simile a internet e
progettano l’annientamento del genere umano. Il motivo? Forse ci
considerano dannosi e più fastidiosi degli insetti.
Poi
c’è HAL 9000 nel film 2001: odissea nello spazio che, reso
paranoico da un ordine contraddittorio (la spiegazione arriva nel
sequel 2010: l’anno del contatto), cerca di eliminare
l’equipaggio della Discovery One.
Nel
racconto Il gioco della vita di Chad Oliver, gli ultimi umani
fertili sono stati riuniti in una città sotterranea in Antartide e
un programma computerizzato cerca di convincerli a procreare per
ripopolare la Terra morente. Per far questo si utilizzano ologrammi e
androidi, ma la freddezza e l’oppressione delle macchine rischiano
di ottenere l’effetto contrario.
Il
cacciatore di androidi di Philip K. Dick ha ispirato il film
Blade Runner di Ridley Scott (lasciando purtroppo sul terreno
la pecora e il rospo robotici). I replicanti della Tyrell Corporation
sono simili agli umani in tutto, perfino nei sentimenti. In Blade
Runner 2049, la replicante Rachael partorisce rendendo Deckard padre
di una figlia e la vicenda prende la strada messianica.
La
cosa interessante è l’evoluzione del robot e dell’androide col
trascorrere del tempo. In Westworld gli androidi sono
cibernetici internamente e simili agli umani esternamente. In Alien
i sintetici sono più credibili avendo una misteriosa struttura
interna in plastica con circolazione di linfa bianca.
Per
quanto riguarda i robot si passa dall’inutilmente ingombrante Robby
de Il Pianeta Proibito ai droidi di Star Wars,
essenziali, dalle forme più strane e adibiti per lo più a lavori di
manutenzione. Stesso vale per Huey, Dewey e Louie, i tre piccoli
robot del fim Silent Running (in Italia titolato 2002: la
seconda odissea, con i
robot rispettivamente Paperino, Paperina e Paperone).
Il
film più originale sui robot è sicuramente Chappie (in Italia
Humandroid). Qui un automa della polizia, invece di essere rottamato
a causa dei danni subiti in una sparatoria, finisce nelle mani di
Deon, un programmatore che è riuscito a realizzare l’intelligenza
artificiale senziente. L’automa sarà come un bambino, curioso,
ingenuo e con tanta voglia imparare. Quando Deon, ferito a morte,
trasferirà la sua coscienza in un altro automa fuggiranno insieme
come padre e figlio.
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