giovedì 23 febbraio 2017

La Saga del Pozzo - Primo


"Nella Valle degli Innocenti", testo tratto dal romanzo science fantasy "La Cappella Nera" di Gianluca Turconi (vol. 3 Saga del Pozzo):

La pendenza dell’ultima parte del sentiero si fece sentire sui muscoli delle loro gambe. A distanza, forse cinquecento passi a volo d’uccello, videro il primo tumolo fare capolino tra gli alberi.
Alto metà di un uomo adulto, coperto di sassi irregolari, il sepolcro si stagliò contro il cielo, imponente. Poi ne apparve un altro, simile. Quindi videro il terzo, il quarto e, quando uscirono dal bosco, i fianchi delle colline che si allontanavano dal fiume si rivelarono ricoperti da quei tumuli funebri in file disordinate, apparentemente senza fine, lì, nella Valle degli Innocenti.
Alcune croci cristiane e qualche altare sassone o celtico si ergevano sporadici, ma in massima parte erano assenti i simboli di qualunque religione, divenuti inutili davanti ai Risorti.
Walbert procedette diritto, lasciandosi alle spalle un gran numero di tumoli. Ne puntava uno all’apparenza indistinguibile dagli altri, eppure per lui unico. Esso riposava sulla cima, tra erba che, sebbene marcescente, aveva ancora la pretesa di farne terra di conquista.
‒ La Natura vuole che mi dimentichi di te ‒ disse il Pelle-di-lupo, strappando i ciuffi d’erba più prominenti. ‒ Non accadrà mai, finché avrò vita.
‒ Ti posso aiutare? ‒ si offrì Nathaniel, già pronto ad attaccare quella pianta infestante, i cui resti ricordavano che la Natura invocata dal Tredita moriva lentamente.
‒ No! ‒ lo bloccò Walbert, imperioso. I suoi muscoli in tensione impiegarono qualche istante prima di rilassarsi. ‒ Faccio da solo.
‒ Comprendo... ‒ si arrese il compagno di viaggio. ‒ Non era mia intenzione mancarti di rispetto. Volevo solo offrire il mio aiuto.
‒ Naturalmente.
Mentre il Tredita portava a termine la pulizia della tomba, Nathaniel rimase in disparte, silenzioso, a guardare il mare lontano che dalla cima della collina pareva una pozzanghera filiforme. Da lì sarebbe sorta la minaccia l’indomani e, se Walbert avesse avuto ragione, i pochi sopravvissuti dei Popoli del Nord avrebbero conosciuto la vera morte.
A dargli speranza, Nathaniel vide l’edificio del Santuario, poco distante dalla foce del fiume, nel quale Astrid la Guaritrice e i monaci, insediatisi laggiù prima che il Regno di Osraige divenisse l’ultimo rifugio al mondo libero dai Risorti, ancora ricercavano una via per ritardare la fine.
‒ Ascolta la mia preghiera, Spirito del Vento! ‒ pregò con fervore il Tredita, le braccia lanciate al cielo, richiamandosi alle antiche tradizioni sassoni. ‒ Proteggi il suo viaggio e tempra il suo Spirito per renderlo resistente come lo è questa pietra che ho tra le mie mani!
‒ Ascolta la nostra preghiera, Spirito del Vento! ‒ gli fece eco Nathaniel, pur non essendo un Sassone.
Negli anni trascorsi in quella terra aveva compreso quanto fosse importante affrontare l’ignoto grazie a quei riti. In una serie di rune, Walbert incise col coltello il nome Edmund sul sasso e lo incastrò tra gli altri, nel tumulo.
‒ Hai respirato una sola volta in questo mondo ‒ disse il Tredita, direttamente al sepolcro. ‒ Ma sarai mio figlio per l’eternità.
Nathaniel attese con pazienza che il Pelle-di-lupo terminasse il rituale d’omaggio e si decidesse a scendere da quella collina per abbandonare la Valle degli Innocenti, ma non avvenne. Invece, Walbert continuò a fissare lo scheletro di uno scoiattolo morto poco distante dal tumolo. La putrefazione aveva esposto le ossa della cassa toracica, bianche e sottili. Lo raccolse e lo gettò lontano, verso il bosco da cui erano usciti. Subito dopo, riprese il sasso che aveva posto sulla tomba del figlio.
‒ Non possiamo semplicemente perderci nel silenzio ‒ si convinse il Tredita. ‒ Gli Uomini non sono stati creati per questa fine.

(Walbert Tredita e Nathaniel il Massacratore si recano alla Valle degli Innocenti, nel Regno di Osraige, nell’Irlanda del IX secolo dopo Cristo minacciata dai Risorti. Testo tratto dal romanzo science fantasy “La Cappella Nera” di Gianluca Turconi, vol. 3 della Saga del Pozzo.
 
TRAMA DELLA SAGA
Dalle assolate spiagge dei moderni Caraibi alle fangose pianure dell’Europa medievale, un epico viaggio nella sfida al Tempo e al misterioso Pozzo che vi si è insinuato, per scoprire Scienza e Magia nel IX secolo dopo Cristo, tra eroi epici, potenti creature evocate e la trama della Storia in disfacimento.


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giovedì 9 febbraio 2017

Fantascienza tra fumetti e racconti

«È il mio turno ai monitor» disse Josephine, entrando in plancia, a prua della nave. Dimitriy, seduto, si voltò e sorrise.
«Accomodati, avevo giusto voglia di sgranchirmi... e mi chiedevo dove fossi finita».
«Ce ne vuole per arrivare qui. Hai idea delle dimensioni di quest’affare?» scherzò lei.
«Già. Una scatola di sardine è di sicuro più grande».
«Novità dalle stelle?»
«Nessuna. Neppure un alieno... così, tanto per scambiare due chiacchiere».
Dimitriy si alzò, cedette il posto a Josephine e fece per uscire. Ma prima volle aggiungere qualcosa, tutt’altro che serio: «Che fai stasera, dopo il turno?»
«Sono indecisa. Ho talmente tanti spasimanti... lo sai».
«Che ne dici di un ristorantino sul mare, appena fuori città?».
«Non mi piace il pesce, te ne sei dimenticato?» scoppiò a ridere.
«Peccato, sarebbe stato fantastico» concluse lui. Qualche battuta di spirito, ogni tanto, interrompeva la noia. A questo si aggiungeva il fatto che Josephine piaceva a Dimitriy, così rendersi simpatico, scherzare e aumentare sempre più la confidenza era parte di un piano. Naturalmente Josephine aveva già capito tutto, ma non dava a vedere quali fossero i suoi sentimenti. Dimitriy uscì. La porta scorrevole gli si chiuse dietro.
L’Inquiring non era certo grande. Con i suoi ottanta metri di lunghezza si poteva paragonare a un sottomarino della Seconda Guerra Mondiale; in pratica, i quattro membri dell’equipaggio, solcavano i sargassi siderali, chiusi dentro un guscio allungato, simile a un siluro pieno di sporgenze, tecnologia e alettoni. Una piccola nave con una missione lunga e noiosa.

Il comandante Mathieu, nella sua cabina, archiviava i dati elaborati dal Computer negli ultimi due mesi. Avevano trovato cinque pianeti, una insidiosa nuvola di polvere cosmica e un asteroide vagante, tutti interamente fatti di antimateria. Oltre a questo, nient’altro.
Le rotte commerciali erano caratterizzate da astronavi prive di equipaggio umano e una delle più fastidiose qualità che aveva l’antimateria era la repulsione gravitazionale. Per la verità questa nasceva dall’incontro con la materia, per cui la colpa era solo un punto di vista, ma un’astronave guidata dal Computer non prendeva iniziative, seguiva un programma, e trovarsi gradatamente respinta da un corpo celeste con gravità inversa finiva per portarla fuori rotta fino a farla perdere nello spazio.
La Compagnia aveva così affidato all’Inquiring il futuro della sua flotta per salvaguardare gli introiti futuri; quello che era già accaduto troppe volte non doveva più ripetersi.
Il Comandante aggiornò le rotte. Fantasticando, pensò al limite che l’Universo aveva imposto all’esplorazione dell’uomo. Esistevano pianeti che non si sarebbero mai potuti esplorare. Scendere su un Antipianeta, infatti, avrebbe significato trasformarsi in energia fotonica per annichilazione. Probabilmente la morte sarebbe arrivata rapida e indolore, nell’istante in cui gli elettroni del corpo e i positroni del mondo alieno si fossero incontrati producendo raggi gamma.
Come scienziato doveva prendere in considerazione solo le possibilità logicamente praticabili, eppure continuò a fantasticare almeno per qualche altro minuto. Si sa che in ogni uomo c’è ancora un bambino e se a un bambino si impone di non guardare in quel dato cassetto starà male finché non sarà riuscito ad aprirlo.
Mathieu digitò le ultime annotazioni e salvò il lavoro.
«Fine dell’archiviazione, Computer. Invia i dati definitivi alla Terra».
«Dati inviati, Comandante. Arriveranno a velocità UltraLuce tra un anno standard».
«Bene, saremo già in ibernazione e sulla via del ritorno per allora».
«Altri compiti per me, Signore?»
«Controlla la struttura esterna, non voglio particelle di antimateria troppo vicine allo scafo».
«Faccio un’analisi completa».
Lentamente, Mathieu si alzò dalla scrivania e si distese sulla branda. Sentiva il bisogno di rilassarsi. Vista la tranquillità con cui procedeva la missione, sapeva di poterselo concedere.