sabato 29 aprile 2017

Salvate il Senato


Ernst Dukas alzò gli occhi e guardò il pannello digitale, posto in alto sulla parete, che riportava informazioni in continuo aggiornamento.

Seduta n° 375. Senato di Estralia.
11 Giugno 2196. Ore 10:47.

Controllò il display sul suo bracciale.
Segnava le 10:45. Ebbe una smorfia di disappunto. Il programma doveva essere difettoso, se perdeva il contatto col satellite.
Devo resettare il sistema, pensò. Anzi, forse è meglio che ne richieda la sostituzione.
La sua squadra doveva essere efficiente e sincronizzata. E soprattutto, lui che la comandava, doveva essere il migliore di tutti. Ormai per quel giorno, avrebbe lavorato con un errore di due minuti, ma a fine turno era indispensabile correggere la situazione.
Aggiustò l’auricolare e parlò.
«Capo sicurezza a squadra: prova radio».
«Ottima la prova radio, per Sicurezza 2».
«Roger, Sicurezza 5».
«Bene anche per Sicurezza 9».
Risposero tutti i sedici agenti sparsi nell’edificio. Non aveva dubbi che fossero tutti al proprio posto, erano uomini di cui si fidava ciecamente.
Lui era a capo della sicurezza del Senato. In appoggio aveva un intero distaccamento di polizia e un presidio militare. Tutti insieme assicuravano protezione ai senatori della Repubblica, intenti a legiferare per il bene del Paese.

In quel momento se ne stava impassibile a metà del corridoio, con le spalle quasi a ridosso della parete. Il corridoio era la sua zona e non l’avrebbe abbandonata, salvo che non ci fosse un imprevisto.
Contatto radio e occhio d’aquila! Questo era il suo motto... e aveva sempre funzionato.
Mosse leggermente la testa, scrutando con attenzione il senatore Robida che, accompagnato dal suo staff, attraversava il corridoio, seguito da uno stuolo di giornalisti e fotografi.
Li fissò uno per uno. Avevano tutti un pass ed erano lì perché autorizzati, ma era bene tenere gli occhi aperti. Quante volte era successo che qualcuno si fosse infiltrato con documenti falsi? Accadeva spesso e in quei casi i documenti erano stati sempre falsificati maledettamente bene.
Lui non era certo il tipo che si faceva sorprendere. Aspettava la prossima mossa dei terroristi per minacciare gli eletti dal popolo.
I terroristi: gli Alethei. Ultimamente ne avevano presi parecchi e presto sarebbero iniziati i processi. Gli Alethei, a dire il vero, non avevano ancora ucciso nessuno. Non era chiaro neppure quello che volessero rivendicare, ma i media e il governo avevano sempre parlato di loro come di estremisti e a Dukas non erano mai piaciuti gli estremisti.
La parola Alethei, da quello che aveva studiato a scuola, rimandava al greco e significava rivelazione, verità. Roba di sicuro da fanatici religiosi.
A essere del tutto sinceri neppure i politici piacevano a Dukas: parlavano troppo e di solito non mantenevano quello che promettevano. Ma erano eletti dai cittadini e questo gli bastava. La democrazia era il miglior sistema possibile e a lui spettava il compito di difenderla.
All’improvviso, una spia sul bracciale prese a brillare. C’era un allarme. Guardò il display.


Sicurezza: individuato intruso nel complesso.
Identificato come professor Adam Krynicki, chimico e dissidente legato al movimento estremista degli Alethei.
È probabile che sia in atto un’azione terroristica.
Fermatelo a tutti i costi.


Il messaggio sparì e al suo posto comparve il volto di un uomo anziano, magro, pieno di rughe e con grandi occhi sognanti. Capelli bianchi lunghi e scompigliati gli scendevano fino al collo. Sulla fronte portava occhiali misti, di quelli da laboratorio, provvisti di visori.

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