sabato 24 novembre 2018

Pirati del tempo



Abilene era una cittadina in cui non ci si annoiava mai. Negli ultimi tempi l’avevano animata violente sparatorie, dove diversi uomini di legge avevano concluso la loro giornata stesi a terra e appesantiti dal piombo.
Il carico d’oro in arrivo da Fort Scott attirava sicuramente i peggiori ceffi del Kansas come api sul miele, ma lo sceriffo Wild Bill Hickok non se ne preoccupava più di tanto.
Quella mattina tenne sotto controllo la strada davanti alla banca accarezzando le sue Colt Navy. Gli aiutanti, dietro di lui, imbracciavano nervosi il Winchester e masticavano tabacco.
Il carro arrivò mezz’ora più tardi scortato da dieci soldati a cavallo e si fermò davanti a loro. Hickok si guardò intorno: sembrava tutto tranquillo, troppo tranquillo.
«Liscio come l’olio, sceriffo!» disse il sergente mentre smontava dalla sella.
«Può darsi, ma occhi aperti. I pendagli da forca non mancano e quell’oro fa gola. Verranno, anche se per prenderlo, rischiano di suicidarsi».
La porta di legno della banca si aprì e ne uscirono due impiegati. Hickok li guardava accarezzandosi i baffi con le dita. Quelli là, lui, non li considerava uomini. Stavano dietro una scrivania e maneggiavano solo soldi. Sapeva che non avevano nemmeno un briciolo di coraggio, altrimenti non si sarebbero scelti quel lavoro. La loro colpa più grave, era che non sapevano usare la pistola. Era quello che ai suoi occhi definiva chi era un uomo e chi invece una donnicciola.
I due si avvicinarono sotto il suo sguardo schifato, spingendo un buffo carrellino sul quale cominciarono a caricare i lingotti. Il cocchiere del carro scese ad aiutarli.
«Il Signor Bennett la ringrazia per l’aiuto, sceriffo...» dissero accennando un sorriso.
Hickok restò impassibile e non rispose; i due spinsero il carrello carico fino alla porta; qualcuno da dentro aprì e li fece entrare.

La banda arrivò al galoppo sparando all’impazzata. Probabilmente non conoscevano l’uomo che si preparava ad affrontarli e non sapevano a che cosa andavano incontro.
Alcuni di loro si erano arrampicati sul tetto del Saloon e puntavano i fucili sul carro e sui soldati.
Non fecero in tempo a sparare un colpo. Lo sceriffo li vide e aprì subito il fuoco.
Sparò in modo alternato, prima con una pistola e poi con l’altra. Ne colpì uno, che cadde giù dal tetto, poi un altro, che sparì dietro la grossa insegna del Saloon. Al terzo, colpito in pieno, volò il cappello. Perse il Winchester e rovinò pesantemente sulla tettoia dell’edificio. Rotolò per un paio di metri e rimase immobile, esanime.
Altri banditi arrivarono a cavallo. Furono subito bersagliati dai soldati blu. Uno fu disarcionato da una fucilata. Cadde a terra morto e il suo destriero proseguì nella corsa.
Gli aiutanti di Hickok spararono decisi senza muoversi dalle loro posizioni. Prendevano con calma la mira mentre gli avventati fuorilegge venivano avanti. Molti di questi furono abbattuti mentre passavano.
Anche tra i difensori qualcuno si accasciò fulminato dal piombo.
La sparatoria terminò alla svelta e i banditi si ritirarono come cani feriti. Il loro attacco, alla fine, aveva portato solo più lavoro al becchino.
Lo sceriffo si affrettò a ricaricare le sue Colt: non era il momento di rilassarsi. Intimò al suo vice di riunire gli uomini per controllare la situazione nella banca. Uno dei suoi era ferito e zoppicava, mentre tra i soldati c’erano stati due morti; ma era un problema del sergente e non ci si soffermò.

La scena che si trovò di fronte Wild Bill Hickok quando entrò nella banca lo sorprese parecchio: da una parte c’erano tutti gli impiegati con le mani alzate che guardavano nella stessa direzione e dall’altra un bandito col volto nascosto dalla bandana e la pistola in pugno che li teneva sotto mira.
Ai suoi piedi, in una sacca, c’era tutto l’oro... che stava rimpicciolendo. Era una cosa assurda. Hickok sgranò gli occhi convinto di sognare. Scosse la testa, poi si rese conto che quello che vedeva succedeva realmente. Il bandito teneva nella mano sinistra qualcosa di simile a una lanterna e la luce che irradiava sul giallo metallo lo faceva diminuire di volume. Era già diventato abbastanza piccolo e leggero da poter essere trasportato da una sola persona.
Lo sceriffo si riprese dallo stupore, ma intanto aveva perso quei due o tre secondi che bastarono al bandito per raccogliere la sacca e fuggire.
Si slanciò verso una porta in fondo alla stanza. Hickok estrasse le sue pistole e sparò ma lo mancò per un pelo, cosa che gli accadeva di rado. Il fuorilegge chiuse con violenza la robusta porta di legno dietro di sé.
«Cosa c’è di là? Un’altra uscita?» chiese Hickok al bancario tremante che rispose balbettando:
«Que... quella è la stanza delle scope...»
«Apri la porta!» tuonò lo sceriffo al suo aiutante, mentre teneva le pistole spianate.
Il vice, con la fronte imperlata di sudore, girò con prudenza la maniglia e spalancò l’uscio. Era sicuro che quello all’interno, vistosi perso, avrebbe vomitato tutto il fuoco possibile dalla sua pistola.
Wild Bill Hickok sparò all’impazzata numerosi colpi. Il fumo delle Colt che offuscava i suoi occhi di ghiaccio si diradò; ripose l’artiglieria nel fodero e si accarezzò i lunghi baffi.
«Per mille bottiglie di whiskey, ma qui non c’è nessuno!»
Una piccola sfera metallica stava nell’angolo dello stanzino pieno di scope e attrezzi da lavoro. Lo sceriffo la notò subito perché aveva una luce rossa lampeggiante che iniziò a lampeggiare sempre più velocemente, finché la frequenza fu tanto alta da farla sembrare una luce continua. Ne seguì un sibilo acuto e poi la sfera deflagrò.
Non ci fu calore ne distruzione, solo una folata di vento che investì i presenti. Hickok si guardò intorno e si chiese una cosa sola...
Ma cosa era successo?

***

Tutte le volte sentivo quel maledetto senso di nausea, il buio m’inseguiva anche se avevo fatto il salto.
In tutti i salti nel tempo c’era sempre l’intervallo, il limbo che ti rubava altro tempo, che ti faceva stare al buio. Ed io odio il buio.
Il tunnel temporale mi stava conducendo all’uscita. Era una sensazione virtuale, in realtà non mi spostavo nello spazio. Poi finalmente vidi la luce in fondo a tanta oscurità: era il mio biglietto per il ritorno a casa. In questa fase avveniva l’unico movimento reale, verso un’altra zona dell’America.
Chiusi gli occhi per via del bagliore crescente, li riaprii e mi ritrovai al sicuro nel covo, le spalle contro il muro e il bottino ai miei piedi.
Ce l’ho fatta anche questa volta. Ma c’è mancato poco, quel bastardo sapeva il fatto suo.
Mi avvicinai al frigo bar, avevo bisogno di una birra. Non sapevo neppure se la bomba temporale aveva fatto il suo dovere.
Ma sì, l’aveva fatto di sicuro, quegli aggeggi funzionavano sempre. Creavano una frattura nella quarta dimensione che impediva un nuovo viaggio dal punto dell’esplosione fino ai dieci anni precedenti.
Era un gingillo vietato. Possedevo molti congegni illegali, come, ad esempio, la mia macchina del tempo spallabile. D’altra parte anch’io sono molto illegale: sono un ladro!
Raccolsi la sacca e vuotai il contenuto nel ridimensionatore ionico. Lo misi in funzione e poi mi buttai pesantemente sulla mia poltrona preferita. Mi gustai con calma la birra.

***

«L’ha fatto un’altra volta! Abbiamo la traccia lasciata dalla bomba. Ha colpito in Kansas, nel 1871».
Il capitano della cronopolizia sbatté forte il pugno sul tavolo, mentre la sua squadra lo ascoltava in silenzio.
«Da quando si sono diffuse quelle dannate diavolerie, è sempre più difficile prenderli, e questo qui sembra averne una discreta scorta!».
«Forse se le costruisce da solo» azzardò un agente.
«Già, un ladro ingegnere elettronico e forse anche scienziato. Ma anche un uomo come tutti gli altri! Lo farà uno sbaglio, prima o poi! Giuro che quel giorno lo inchioderò».
Pieno di collera, il capitano del distretto 9 della sezione cronopolizia si lasciò cadere a peso morto sulla sedia mettendosi le mani nei capelli. Quel ladro gli stava dando troppi grattacapi. Non era il solito sprovveduto che si attrezza con una macchina del tempo da due soldi e torna indietro per indovinare i numeri della lotteria. Gente come quella la sua squadra se la cucinava per colazione. Questo invece puntava su eventi rischiosi, a volte poco documentati e impiegava tutta la tecnologia moderna. Prenderlo diventava molto più difficile.
Eppure dovevano prenderlo. Si stava prendendo gioco di loro. E questo, al capitano non andava giù.

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