Stagione 1 - Episodio 26 - Disperso
Della
neve sporca cadde dagli alberi sulla testa di Scorpion. Odiava il
freddo. Si scrollò il ghiaccio dai capelli. Tirò fuori l’ultimo
sigaro dal taschino e lo accese. Il suo Viper stava ancora bruciando.
Forse la cosa migliore era rimanere lì, per riscaldarsi.
E
i Cyloni che l’avevano abbattuto? Non voleva diventare un bersaglio
troppo facile. Decise che bisognava muoversi.
Certo
che quelle maledette teste di latta avevano migliorato la mira,
ultimamente.
Si
guardò intorno: era circondato dalla foresta innevata. Senza
tecnologia diventava un problema anche solo orientarsi.
«Mi
hanno fregato! Questa non gliela perdonerò mai». Tirò una boccata
di fumo, guardò la brace del sigaro e mormorò: «Per fortuna ci sei
tu a scaldarmi».
Accennò
un sorriso beffardo e sfidò il destino. Affondando nella neve fino
alle ginocchia, iniziò a farsi strada tra i rami carichi di neve. La
direzione? Una a caso.
***
Sul
Galactica, il comandante Adamo e il capitano Apollo seguivano le
informazioni sullo schermo del computer.
Pianeta
Grontag,
territorio
controllato dai Cyloni.
Clima:
freddo.
Ambiente
di tipo terrestre.
«Scorpion
è ancora vivo, lo sento» disse Apollo.
Il
comandante Adamo era silenzioso. Era logico rischiare una flotta per
cercare un uomo? No. Si rivolse a suo figlio con espressione grave.
«Non
possiamo provarci, Apollo. Le nostre navi devono andare avanti e i
Cyloni sono troppo vicini. Scorpion è da considerarsi morto».
«Non
possiamo abbandonarlo così! Non lo faremmo con nessuno dei nostri!»
sbottò Apollo.
Intervenne
il colonnello Tigh: «È una questione di carburante. Una missione di
soccorso non avrebbe autonomia per tornare, a meno che non ci
fermiamo ad aspettarla. Questo però offrirebbe un grosso vantaggio
al nemico. Un vantaggio che potrebbe esserci fatale».
Apollo,
con una smorfia stizzita abbandonò la plancia, furibondo.
***
Tre
caccia Cyloni passarono sopra gli alberi a bassa quota. Il frastuono
dei motori provocò una forte vibrazione e fece cadere molta neve.
Scorpion, che si era gettato a terra, li seguì con lo sguardo. Lo
stavano cercando.
«Non
hanno altro da fare? Potrebbero ungersi le giunture, o ricaricarsi le
pile».
Udì
un rumore. Lo scricchiolio di un ramo che si rompe. Subito abbassò
lo sguardo sulla candida distesa che aveva davanti. Vide una specie
di felino che lo fissava, due pupille rosse come fiamme vive e una
pelle verde in contrasto col bianco che lo circondava.
Lentamente
portò la mano al cinturone, estrasse la pistola e si preparò a
difendersi.
L’animale
si voltò e corse via, dileguandosi tra la vegetazione. Il Tenente
della flotta, infreddolito nell’insufficiente uniforme coloniale,
si alzò in piedi.
Qualcosa
di più importante attirò la sua attenzione. Dritto davanti a lui,
in lontananza, si vedeva un fumo nero.
«C’è
qualcuno laggiù. Beh, andiamo meglio. Almeno ora ho una direzione da
seguire».
***
Apollo,
seduto al posto di guida dello Shuttle, azionò tutte le levette per
l’accensione dei motori. Uno dei tecnici dell’hangar gli fece
cenno attraverso il vetro che il rifornimento era terminato. Posò a
terra il tubo e si allontanò.
«Come
sarebbe a dire, la missione non è autorizzata da tuo padre?» chiese
Boomer, accanto a lui.
«Non
è autorizzata, ma mi prendo io tutta la responsabilità. Il
Galactica ci aspetterà, ne sono sicuro».
Sheba
e Boomer, che avevano accettato di seguirlo in quella che doveva
essere una missione di salvataggio, ora lo guardavano perplessi.
«Che
c’è? Volete abbandonare Scorpion?»
Certo
che non lo volevano, ma non volevano neppure fare i cani sciolti.
«L’hanno
colpito» disse Boomer. «C’ero anch’io, ho visto l’esplosione...
non credo che ce l’abbia fatta».
Apollo
non rispose e attivò i motori. Un rombo scosse lo Shuttle. Il tunnel
intorno a loro fuggì all’indietro, velocissimo. Sembrava che fosse
lui a muoversi. Alla fine davanti a loro non ci fu che il nero
stellato dello spazio.
In
plancia, il colonnello Tigh fece rapporto.
«Comandante,
una navetta ha lasciato il Galactica senza autorizzazione. Al comando
c’è il capitano Apollo».
Adamo
guardava fuori, oltre la spessa vetrata. La sua espressione era molto
seria.
«Mio
figlio ha messo in pericolo la flotta. E sta facendo tutto questo per
un amico. Che gli dei di Kobol possano aiutarlo».
«Ci
fermiamo ad aspettarli?»
«No,
proseguiamo».
***
Il
fumo nero aveva un’origine. C’era una ciminiera e una stazione di
pompaggio, macchine in funzione a ciclo continuo, centurioni Cyloni
sparsi ovunque a guardia della struttura.
Scorpion,
sdraiato sulla neve, osservava il complesso lontano.
Un
avamposto per l’estrazione del carburante, pensò,
ecco
come fanno a rifornire le loro Basi Stellari. Questo impianto
dev’essere il più avanzato. Distruggerlo vorrebbe dire fermarli
per un po’.
Sorrise.
Hai
fatto centro, Scorpion.
Iniziò
a scivolare strisciando, con prudenza, attento a non farsi scoprire.
Si chiese se fosse in funzione qualche rivelatore termico. Con tutto
quel freddo l’avrebbero certamente individuato subito. Sperò solo
di essere scambiato per uno dei felini che aveva incontrato prima.
Quando
arrivò all’obiettivo, si alzò in piedi. Appoggiato di spalle alla
parete d’acciaio della cisterna principale, pistola laser in pugno,
si affacciò per vedere meglio.
La
voce elettronica dei Cyloni segnalò il suo arrivo.
Attenzione,
umano tenta di infiltrarsi.
Ordine
primario: eliminarlo.
Sparare
prima di parlare! Quelle teste di latta non avevano ancora imparato
la lezione. Scorpion si sporse e sparò. Ci furono due lampi in
sequenza dalla sua pistola e due sui Cyloni che svoltavano l’angolo.
Con un’esplosione di scintille in pieno petto andarono in pezzi.
Altri
li oltrepassarono subito. La lamiera della cisterna che gli faceva da
scudo fu tagliata dal primo dardo di luce. Il metallo incandescente e
il fumo lo obbligarono a ritrarsi.
Altri
lampi lo bersagliarono inesorabili. I centurioni erano una falange
che avanzava compatta.
Schegge
e scintille lo ferirono. Corse indietro sparando. Ringraziò Kobol
per quanto i Cyloni fossero imprecisi. Diversamente sarebbe già
morto.
Oltretutto
erano anche lenti. La distanza che accumulò in pochi secondi gli
permise di pensare.
Poi
vide una grata per l’areazione dell’estrattore. Emetteva un caldo
incredibile, ma se fosse entrato là dentro non l’avrebbero
rilevato. Riuscì a smuoverla. Entrò e la chiuse dietro di sé.
***
Il
viaggio nello spazio durava da alcune ore. Nonostante la velocità
della navetta era necessario parecchio tempo per raggiungere il
pianeta. Quando entrarono nell’atmosfera, Apollo fece scendere il
velivolo e lo stabilizzò a bassissima quota, in modo da ridurre al
minimo le possibilità di essere intercettati dai caccia Cyloni.
«Laggiù,
guardate. Sono i resti del Viper. Cerco uno spiazzo per
l’atterraggio» disse.
La
neve soffice si sollevò per lo spostamento d’aria. Il getto caldo
dei retrorazzi ne sciolse un po’ producendo un turbine di vapore
acqueo. Finalmente il pesante velivolo affondò in mezzo alla distesa
bianca e si fermò. Da dietro, scese il goffo cingolato, che si
diresse verso il relitto.
Boomer
aprì di poco il portello e subito il nevischio gli arrivò sulla
faccia. Richiuse subito.
«Che
freddo tremendo! Per fortuna non siamo a piedi».
«Scendiamo,
dobbiamo ispezionare il Viper e cercare tracce in giro» disse
Apollo.
«Temevo
che tu mi chiedessi questo».
Fu
necessario un certo sforzo per avanzare in quella che ormai stava
diventando una bufera. Arrivarono al caccia. La carlinga era
semidistrutta, il tetto dell’abitacolo era sollevato. Sembrava che
il pilota fosse uscito indenne: non c’erano tracce di sangue in
giro.
«È
vivo! O almeno era vivo dopo lo schianto. Cerchiamo le sue impronte».
«Aspetta,
Apollo» gli disse Sheba afferrandolo per un braccio. «Prima
prendiamo sul cingolato le tute termiche. Qui la temperatura scende
sempre di più».
«Giusto,
andiamo».
Non
fecero in tempo perché sentirono il sibilo di un caccia Cylone. Li
aveva individuati. Girò in cerchio sopra le sue prede per un paio di
volte.
«Presto!
Ripariamoci!» urlò Boomer e si gettò a terra.
L’intercettore
scese in picchiata, iniziò a vomitare i suoi raggi azzurri in
sequenza. Colpì neve, alberi e alla fine centrò lo Shuttle.
Un’esplosione immane scagliò scintille e parti metalliche tutto
intorno.
Apollo,
Sheba e Boomer, ancora sdraiati a terra, alzarono la testa mentre
detriti e tessuto bruciacchiato cadevano ancora.
«Attenti
sta tornando!»
Il
caccia fece un altro giro. Tornò con una seconda picchiata senza
risparmiare i suoi laser. Lampi di luce colpirono ripetutamente il
suolo sollevando spruzzi di neve e tracciando l’obiettivo.
Anche
il cingolato, colpito in pieno, saltò in aria.
***
Scorpion
smosse la grata. La situazione sembrava tranquilla.
«Sembra
che mi abbiano mollato. Dopo tanto freddo un po’ di caldo ci
voleva».
Sbirciò
fuori. I centurioni l’avevano superato, non si sentiva rumore di
ferraglia... era il momento di muoversi.
Con
cautela uscì dal nascondiglio e avanzò lungo il corridoio, tenendo
la pistola comunque spianata davanti a sé.
Arrivò
a quella che doveva essere la centrale comandi. Non si vedevano
Cyloni in giro. Era una cosa logica, del resto, le teste di latta
erano soldati, macchine per uccidere. Ma se erano macchine, che
bisogno c’era di operatori o tecnici meccanizzati in una stazione
di estrazione meccanizzata? Sarebbero state macchine che facevano
funzionare una macchina.
Forse
tutto l’impianto era un Cylone, che elaborava e prendeva decisioni
sulle operazioni della raffineria.
Si
trovò di fronte a pannelli e monitor pieni di luci e diagrammi
luminosi. Da
dove comincio per un sabotaggio? si
chiese.
***
«Ho
trovato le impronte!» gridò Sheba da lontano. Boomer e Apollo
arrivarono affondando nella neve ad ogni passo.
«Il
caccia se n’è andato, forse credono di averci eliminati insieme al
cingolato».
«Meglio
così, non avevamo possibilità contro di loro».
Apollo
si chinò sulle tracce.
«Sono
impronte di stivali, è lui» disse.
Seguì
con lo sguardo le tracce che andavano dritte verso l’orizzonte, in
mezzo agli alberi. Oltre la foresta ghiacciata si vedeva una colonna
di fumo nero.
«Ecco
dov’è andato».
Mentre
camminavano in quella direzione, un’ombra oscurò il cielo.
«Lassù,
guardate!»
Un
gigantesco doppio disco, pieno di tubi, aggeggi tecnologici, rilievi,
portelli e grate avanzava sopra le nuvole, lungo un’orbita bassa.
«Una
Base Stellare!»
Una
miriade di caccia uscì dalla parte centrale del mostro. Scortavano
due lunghe navi cisterna.
«Che
facciamo ora?» disse disperata Sheba.
«Andiamo,
non ci spaventerà certo qualche Cylone in più!»
Apollo
sorrise alla battuta di Boomer.
Intanto
Scorpion, nella fabbrica, si era dato da fare.
«Ecco,
credo di aver pasticciato abbastanza. Se funziona ancora dopo il mio
trattamento, smetto di giocare a Pyramid».
Davanti
a lui c’erano pannelli smontati, fili strappati e schede
elettroniche scollegate. Tutti i diagrammi e le spie luminose
lampeggiavano; di sicuro il sistema aveva lanciato l’allarme.
Bisognava solo sperare che i danni fossero ingenti e magari non
riparabili.
Il
tubo sopra la sua testa esplose. Le scintille e il calore lo fecero
abbassare d’istinto. Si riparò dietro un macchinario e vide i
centurioni che arrivavano sparando. Prese la mira e aprì il fuoco.
Colpì
il primo. Ci fu un lampo abbagliante. Un braccio del mostro metallico
si staccò e cadde per terra in fiamme. Poi il Cylone rovinò sul
pavimento, scosso dalle scariche elettrostatiche. Gli altri lo
oltrepassarono e avanzarono.
Scorpion
sapeva che doveva fuggire per salvarsi e non perse tempo. La parete a
vetri davanti a lui dava su un corridoio esterno; si alzò e gli si
gettò contro. I frammenti del cristallo infranto gli graffiarono la
faccia ma riuscì a passare oltre.
Senza
girarsi verso gli inseguitori fece appello alle sue membra doloranti
e con uno sforzo immane riuscì a rialzarsi e a saltare giù dal
parapetto.
Molto
sotto c’era la soffice neve ad attutire la caduta.
L’istallazione
cominciò ad esplodere. Forse era una reazione a catena, forse
Scorpion aveva realmente fatto danni considerevoli. Oppure i Cyloni
avevano una sorta di procedura di sicurezza automatica:
autodistruzione per strutture compromesse che sarebbero potute finire
in mano agli umani.
Apollo,
Sheba e Boomer sbucavano dagli alberi innevati. Davanti a loro c’era
un grande spiazzo con decine di caccia parcheggiati. Al centro, la
grossa fabbrica estrattrice in fiamme, devastata da continue
esplosioni. In cielo videro la Base Stellare e le navi cisterna
ancora in fase di atterraggio. Moltissimi caccia in aria
volteggiavano impazziti.
«Guardate!
Quello laggiù sdraiato ai piedi della struttura è Scorpion» urlò
Apollo.
Non
persero tempo e, con quell’apocalisse che faceva da sfondo,
affondando nella neve, corsero in soccorso del loro amico.
Attacco
umano.
Struttura
estrattiva perduta.
Analisi
termica della zona. Individuare e distruggere.
I
Cyloni non erano abituati alla guerriglia. Agivano in modo logico,
sacrificando tutti i rami secchi. Nessuna macchina portò aiuto a
quelle che stavano saltando in aria una dopo l’altra.
L’incendio
delle cisterne di carburante fece esplodere la fabbrica con un boato
assordante.
Scorpion
fu portato in salvo all’ultimo momento.
«Presto,
tutti dentro uno di quei caccia! Credo di riuscire a pilotarlo»
gridò Boomer.
Quando
furono a bordo e dopo aver chiuso il portello, Apollo si rivolse a
Sheba.
«È
vivo?»
«Sì,
ma ha perso molto sangue. Dobbiamo tornare in fretta sul Galactica».
«Tranquilla,
ci torneremo. Vero Boomer?»
«Ci
provo».
L’intercettore
si accese, i motori a getto lo staccarono dal suolo, poi indietreggiò
urtando contro un altro caccia. Il pilota si riprese tentando di
andare avanti... ne urtò ancora un altro.
Finalmente
Boomer capì la differenza nei comandi rispetto a un Viper e
accelerò, riuscendo a decollare e a salire di quota.
«Ce
l’ho fatta! Stiamo volando!»
Sfrecciando
a velocità incredibile il caccia salì ancora, finché il cielo
azzurro davanti divenne nero quando uscirono dall’atmosfera.
Apollo
si voltò e vide una squadriglia di almeno dieci caccia Cyloni che
arrivavano a tutta velocità.
«C’inseguono,
li abbiamo fatti arrabbiare!»
«Cerco
di rollare per schivare i loro colpi».
La
pioggia di lampi arrivò puntuale ma Boomer riuscì ad eluderne
molti. A bordo, nausea e terrore pervasero tutti.
Un
colpo prese l’ala di striscio. Videro le scintille e sentirono lo
scossone.
«Questo
era vicino! Non so se ne reggeremo un altro».
Scorpion
si era ripreso.
«Grazie
ragazzi per avermi salvato!» e aggiunse ironico «Adesso salteremo
in aria tutti insieme».
Come
angeli guerrieri, i Viper irruppero frontalmente illuminando il nero
dello spazio. Era la squadriglia blu al completo. Quasi subito
innumerevoli lampi rossi tagliarono come lame il vuoto assoluto.
Apollo si affrettò a comunicare la situazione.
«Apollo
a squadriglia blu. Non colpite il primo caccia che vi viene incontro,
ci siamo noi sopra!»
«Apollo?
Sono Jolly, allora ce l’avete fatta! Siete tutti salvi?»
«Tutti!
E vorremmo rimanerci, copriteci».
«Consideralo
già fatto, amico».
Il
velivolo fuggiasco s’infilò diritto nello stormo di Viper, che si
spostarono di lato per farlo passare e poi richiusero la formazione
andando incontro al nemico.
«Jolly:
questi sono solo dieci, ma dietro al pianeta c’è una Base Stellare
con più squadriglie in appoggio. Sono in superiorità numerica».
«Capita
la sfumatura, Apollo. Colpiamo e ci ritiriamo».
La
schermaglia fu veloce: dieci intercettori non potevano fare molto
contro tutta la squadriglia blu. Centrati da un’incredibile mole di
fuoco, subito tre caccia Cyloni esplosero. I Viper superarono i
nemici, cabrando per prenderli in coda.
Jolly
ebbe quasi subito un caccia nel mirino e aprì il fuoco con i laser.
Qualche colpo andò a vuoto, ma poi lo colpì. Il caccia esplose
irradiando intorno schegge e scintille. Gli altri arrivarono alle
spalle dei nemici e li martellarono con i laser abbattendoli uno dopo
l’altro. I Cyloni furono annientati. La squadriglia blu si
raggruppò e rientrò.
Sulla
plancia del Galactica, alcune ore più tardi, Adamo aspettava suo
figlio per il rapporto.
Quando
Apollo entrò, tutti interruppero quello che stavano facendo e
rimasero in silenzio.
«Padre,
sono io l’unico responsabile per l’uscita con lo Shuttle. So di
aver disubbidito a un ordine».
Il
Comandante lo guardava in silenzio. Anche lui aveva disubbidito a
quell’ordine. Al suo ordine! Aveva fermato la flotta per aspettarli
ed era felice di averlo fatto.
«Ho
saputo che Scorpion ha sabotato i loro depositi di carburante,
obbligandoli a fermarsi. Questo ci darà un grosso vantaggio».
«È
un ottimo combattente, padre. Ha fatto tutto da solo».
«Mi
sbagliavo. Ho pensato solo al calcolo delle probabilità e ho
tralasciato il potenziale individuale che ognuno di voi ha. La sua
azione ha ribaltato le sorti del conflitto, almeno per il momento.
Andrò in infermeria per ringraziarlo, a nome di tutti. Oggi avete
vinto un’importante battaglia e il merito è solo vostro».
Il
Comandante si avvicinò al capitano Apollo e, con una forte stretta,
lo abbracciò.
Battlestar
Galactica
Serie
TV – Stati Uniti 1978
ideata
da: Glen A. Larson
prodotta
dalla Universal Pictures
Bello!
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