Negli anni ‘70 mio padre comprava
Urania. Ogni uscita, compresi i Millemondinverno e
Millemondiestate. Grazie a Urania ha conosciuto Asimov, Vance,
Heinlein, Clarke e tanti altri giganti della
fantascienza internazionale. E io che seguivo Goldrake e
Spazio 1999 in TV, iniziai a leggerli (qualche anno più
tardi).
Questo significa che mio padre è
un famelico lettore di libri che mi ha trasmesso la passione per la
lettura? No, per niente! Lui mi ha solo trasmesso la passione per la
fantascienza.
Urania è una collana che, negli
anni ‘70, vendeva alla massa; una massa che seguiva un marchio e si avvicinava agli scrittori per fedeltà a quel marchio. All’epoca il
cinema Western era in declino e quello di Fantascienza aveva iniziato
la sua ascesa con 2001: Odissea nello spazio e sarebbe esploso
con Guerre Stellari. Ma se volevi immaginare l’esplorazione
del cosmo, le subdole invasioni extraterrestri o una Fondazione che
archivia il sapere dell’Uomo mentre l’Impero Galattico precipita
nella barbarie, potevi farlo solo con i libri.
In ogni caso la Fantascienza, nei
romanzi, nei film e nei fumetti, è sempre stata considerata opera di
evasione e quindi in letteratura snobbata come categoria minore.
Perché?
Beh, perché le persone che si
avvicinano al genere sono come me e come mio padre. Persone della
massa, persone che non hanno letto Tolstoj ma neppure Salgari
(non sempre, ma comunque spesso).
A questo punto, visto che è opera
di evasione, che i tempi sono cambiati, che gli effetti speciali al
cinema hanno raggiunto la perfezione e che i fenomeni letterari da
milioni di copie recenti sono Maze Runner, che futuro possono
avere i libri di fantascienza?
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