Stagione 1 - Episodio 8 - L'assalto dei Frog
Il
comandante Cliff McLane si alzò a fatica in mezzo ai rottami. Fumo e
scintille lo circondavano. Si guardò intorno: la plancia era in
pezzi.
«State
tutti bene?» chiese agli altri, che risposero con un cenno. Alcuni
erano sdraiati, altri in ginocchio; si aggrapparono a qualcosa per
tirarsi su. Avevano ferite lievi, graffi, ma per fortuna niente di
grave.
«Stiamo
bene, comandante. Quella che non sta bene è la nave» disse
Shubashi.
Aveva
ragione e McLane lo sapeva. La battaglia contro i Frog era stata
devastante e i terrestri l’avevano persa. Di tutte le astronavi
della Terra, due sole erano sopravvissute: l’Orion e l’Hydra.
Entrambe erano pesantemente danneggiate.
Mentre
i suoi uomini spegnevano gli ultimi focolai d’incendio, McLane
esaminò la strumentazione di bordo. A occhio e croce il
funzionamento era garantito al quaranta per cento. Poteva bastare per
manovrare, ma non per ingaggiare un altro scontro, che sarebbe stato
sicuramente fatale.
Accanto
a lui c’erano Tamara Yagellovsk e Hasso Sigbiornson. Proprio a
quest’ultimo in quel momento affidava le sue speranze.
«Puoi
fare qualcosa, Hasso?»
Il
tenente scosse la testa.
«Posso
fare ben poco. Troppe parti sono compromesse; credo di riuscire a
muoverla, ma sarà una tartaruga».
Ma
come diavolo avevano fatto quei maledetti Frog a vincere? Come
avevano fatto a neutralizzare l’Overkill, l’arma più potente
della Terra? Non lo sapeva, ma in qualche modo l’avevano fatto.
Subito dopo avevano annientato tutte le difese esterne e ora stavano
dilagando nel Sistema Solare.
Allontanò
quei pensieri.
«Farò
il possibile» disse Hasso. «Proverò a muoverla».
«Bene!
Helga, mettimi in contatto con l’Hydra o con la Terra» ordinò il
comandante all’operatrice radio.
Helga
Legrelle si diede da fare.
«Hydra
da Orion, rispondete... Hydra da Orion...»
Non
ci fu nessuna risposta; provò ancora diverse volte. Poi passò alla
Terra.
«Terra
da Orion, riuscite a sentirmi?»
Niente.
Erano isolati.
Hasso
regolò la potenza residua, tolse tutta l’energia agli scudi e la
convogliò ai motori. Escluse i circuiti danneggiati.
L’astronave
Orion, ferma nello spazio, riattivò le luci. Iniziò lentamente a
ruotare, poi si mosse in avanti.
«Funziona,
anche se ci spostiamo solo a bassa velocità!» gridò soddisfatto.
McLane
gli dette una pacca sulla spalla.
«Ottimo
lavoro».
L’entusiasmo
gli si spense subito in gola, ripensando a tutti gli amici che aveva
perso quel giorno sulle navi distrutte e al suo mondo che si
sgretolava sotto il peso dell’invasione.
Il
generale Wamsler, sulla Terra, osservava inorridito la comunicazione
registrata da Marte. Si vedevano sullo sfondo uomini che combattevano
e, ancora più lontani, le figure evanescenti dei Frog che si
avvicinavano. L’uomo in primo piano che parlava verso la telecamera
era un suo amico, comandante della colonia.
«Generale,
sono dappertutto. Dov’è la pattuglia spaziale? Non potremo
resistere ancora per molto, abbiamo bisogno di aiuto...»
Un
lampo apparve sullo schermo: il messaggio finiva lì.
Wamsler
si volse verso gli altri ufficiali del TRAV, che avevano assistito in
silenzio. Le loro facce erano funeree.
«Siamo
impotenti» ringhiò «cosa darei per avere ancora una sola
astronave, la guiderei io contro quei maledetti!»
«Una
l’abbiamo» disse qualcuno.
«Cosa?»
La
faccia del generale s’illuminò.
«Abbiamo
ricevuto proprio ora una comunicazione dall’Hydra: il generale van
Dyke ha ripristinato in modo parziale la nave. Necessita di molte
riparazioni ma è ancora funzionante. Ha detto di aver parlato con
McLane dopo lo scontro e di aver perso il contatto subito dopo. Forse
anche l’Orion ce l’ha fatta».
«McLane!»
esclamò Wamsler. «Il più indisciplinato dei miei comandanti e
l’unico che riesce sempre a sorprendermi con qualche trovata
geniale. Abbiamo bisogno di lui, deve avercela fatta! Non può
permettersi di essere morto».
«I
Frog hanno distrutto gran parte dei nostri ripetitori, generale. Per
questo ci sono settori di spazio dove le comunicazioni sono
impossibili, a parte quelle dirette, s’intende. Se l’astronave
Orion esiste ancora, dobbiamo aspettare che esca da una di quelle
zone d’ombra».
Un
suono acuto scosse i presenti. Sullo schermo di controllo si vedevano
le astronavi Frog in avvicinamento. Erano numerose e puntavano sulla
Terra.
«Allora
sarà bene che si sbrighi» disse a denti stretti Wamsler «oppure
presto qui saremo tutti morti».
Erano
passate alcune ore e il comandante dell’astronave Orion aveva preso
la decisione di ridurre al minimo il consumo di energia per evitare
di essere intercettati dai Frog. Anche le luci erano state abbassate.
La scia energetica lasciata dalla nave, in questo modo, era quasi
nulla.
Hasso,
in sala macchine, aveva appena finito di aggiustare al meglio il
sistema di propulsione. Non rimaneva che aspettare la ricarica degli
accumulatori. Serviva tempo e forse era proprio quello a
scarseggiare.
Decise
di passare alla sezione armi, per vedere quali danni potevano essere
riparati. Insieme a de Monti smontò il pannello di controllo
dell’Overkill ed esaminò i diagrammi di flusso, le statistiche
delle ultime ore di attività e il momento del combattimento.
Rimase
sconvolto.
La
principale arma della Terra non era stata neutralizzata dai Frog,
come si pensava. L’Overkill si era semplicemente spento, per un
ordine arrivato direttamente dal calcolatore centrale terrestre.
Resettò
e riavviò.
De
Monti controllò gli indicatori: tutto era andato a posto. L’arma
era perfettamente funzionante.
Quando,
più tardi, si riunirono, ne parlarono e McLane tuonò sbattendo il
pugno sul tavolo.
«Qualcuno
sulla Terra ha lavorato per i Frog!»
«È
già successo in passato» disse Hasso. «Ricordiamo quanti ottimi
soldati hanno subito il lavaggio del cervello e si sono rivoltati
contro la Terra. È probabile che abbiano piegato la volontà di
qualcun altro. Poi l’hanno messo nel posto giusto e l’hanno
attivato al momento opportuno».
«Non
ci credo» obiettò Tamara. «Possibile che al TRAV nessuno si sia
accorto di nulla?»
«È
possibile, invece. Magari la spia ha usato un “magnete”, uno di
quei gingilli che si attaccano come un parassita sul computer,
modificando la programmazione interna senza alterare le informazioni
ai monitor esterni. È un vecchio apparecchio militare, ma se si
conoscono i codici giusti, s’infila dappertutto».
McLane
tagliò corto: «Ed è uno dei nostri “gingilli”! Siamo stati
sconfitti con la nostra stessa tecnologia. Ma ormai tutto questo non
è importante, dobbiamo trovare il modo di rimediare».
Tamara
lo guardò incredula: «Credevo fosse chiaro che non si potesse
rimediare».
«Finché
siamo vivi, abbiamo la possibilità di farlo. E ho intenzione di non
perdere altro tempo. Ho in mente qualcosa, ma bisogna trovare il modo
di comunicare con Wamsler senza essere intercettati dai Frog».
«E
l’uomo sotto il loro controllo? Potrebbe essere ancora attivo»
replicò lei. «Non credi che verrà a conoscenza delle tue mosse?
Avvertirà i Frog. Anche usando un messaggio in codice, quando
arriverà sulla Terra e sarà decrittato, cadrà subito nelle sue
mani».
«È
vero, ma non succederà se sarà Wamsler l’unico in grado di
decrittarlo».
«Non
ti seguo».
«Io
so una cosa che tu non sai. Nell’ufficio del generale c’è una
macchina. È un reperto storico di cui solo in pochi ricordano la
funzione. Naturalmente è una riproduzione. L’originale risale alla
seconda guerra mondiale e si chiama Enigma. Wamsler si è divertito a
impararne il funzionamento. Il computer dell’Orion ha in memoria il
suo codice cifrato, sono stato io a volerlo, in previsione di tempi
difficili. Quindi noi possiamo scrivere il messaggio ma sulla Terra
non hanno il codice e non riusciranno a decifrarlo».
«Se
Wamsler è abbastanza sveglio» ridacchiò Hasso «capirà che deve
tradurselo da solo e userà la macchina tagliando fuori la spia. Sì,
può funzionare».
Poco
dopo apparve l’Hydra, proprio davanti all’Orion. Le due astronavi
a forma di disco, circondate dal cosmo nero e profondo, si
fronteggiarono per qualche minuto. Poi dall’Orion si staccò una
navicella. Il comandante non voleva rischiare di essere individuato e
preferì evitare anche le comunicazioni dirette.
Lydia
van Dyke lo aspettava in plancia. Fu felice di vederlo e di
apprendere che i membri del suo equipaggio stavano tutti bene. McLane
le spiegò quello che aveva intenzione di fare.
Il
piano prevedeva di uscire dalla zona d’ombra e di proseguire in
direzione del Sole. La loro meta era la stazione solare Elios. O
meglio, dovevano avvicinarsi a quella zona. Al resto avrebbe dovuto
pensare il generale Wamsler, dopo aver letto il messaggio cifrato.
Le
probabilità che tutto andasse liscio non erano molte, ma nella
situazione in cui si trovava la forza di difesa terrestre,
diventavano un’importante speranza.
L’uomo
che due ore dopo entrò nell’ufficio del generale, portava un
messaggio stampato su carta.
«L’astronave
Orion è uscita dalla zona non comunicativa e questo è ciò che ci
ha inviato, signore».
Wamsler
guardò il foglio.
«McLane
è impazzito? Che ci faccio io con questo?» borbottò.
«È
incomprensibile!»
Poi,
osservando meglio la pagina scritta, cambiò espressione e il suo
volto s’illuminò. Alzò gli occhi verso l’uomo che gli aveva
consegnato il messaggio.
«Se
ne vada» urlò. «Devo pensare. Da solo!»
Aveva
capito subito che c’era qualcosa che non andava nell’Intelligence
terrestre. Altrimenti perché McLane gli avrebbe inviato un cifrato?
Di sicuro cercava di tenere alla larga gli occhi curiosi di qualche
spione. Come diavolo aveva fatto McLane a capire che le linee di
comunicazione non erano sicure? Quell’uomo
è un drago,
si disse. Ma non aveva certo intenzione di dirglielo, era bene
tenerli sempre in tiro, i suoi ufficiali. Anche ora che ne erano
rimasti pochi.
Una
cosa era certa: nessun altro oltre a lui doveva leggere quel
messaggio. Chiuse tutte le porte e non aprì a nessuno per le
successive due ore. Si mise al lavoro con la macchina e da quel
foglio ebbe rivelazioni clamorose. C’era anche un piano. Sorrise
mentre lo leggeva. Era il piano più pazzo che avesse mai esaminato,
ma forse proprio per questo poteva funzionare. E poi (il suo volto si
velò di tristezza) non avevano niente da perdere. Quindi, perché
non tentare?
L’astronave
Hydra si era fermata nei pressi di Mercurio, mentre l’Orion
rimaneva presso Venere. I Frog erano a metà strada tra Marte e la
Terra; il tempo stava per scadere.
Sul
grande radar orizzontale e rotondo McLane vide comparire una
moltitudine di segnali: astronavi, migliaia di astronavi che
arrivavano dal Sole. Una nuova invasione, numericamente superiore
alla flotta Frog. E di origine sconosciuta.
Per
nulla sorpreso, si rivolse a de Monti che dietro a lui preparava
l’Overkill.
«Il
generale ha eseguito i miei ordini alla lettera, da bravo soldatino!»
«L’hai
convinto» gli rispose il cannoniere. «Speriamo di convincere anche
i Frog».
Quasi
subito arrivarono strane comunicazioni in una lingua stramba, aliena
ma anche assurda. Riempiva tutte le frequenze e risultava assordante.
Non
era linguaggio Frog, questo era certo. Somigliava più a
un’accozzaglia di parole che stessero insieme senza una logica.
Chissà, forse un non-umano ci poteva anche cascare.
«Helga,
apri un canale riservato con la Terra, per aggirare l’ostruzione
radio».
Appena
fu sicuro di poter comunicare, McLane continuò.
«Terra,
qui è l’incrociatore veloce Orion VIII: siamo attaccati da forze
superiori, non sono i Frog! Ripeto, non sono i Frog».
Subito
dopo con un cenno intimò ad Helga di chiudere.
«Overkill!»
ordinò infine a de Monti.
L’Overkill
dell’Orion colpì in pieno Venere. Il pianeta si sfarinò in una
valanga di detriti che partivano dalla zona centrata per poi
disperdersi nello spazio in tutte le direzioni. In poco tempo il
bellissimo pianeta azzurro che aveva ispirato tanti miti in passato
fu spazzato via. Cancellato dal cosmo.
«Disattivare
tutti gli strumenti e spegnere i motori» disse infine Mclane.
«Speriamo che abbocchino alla balla che siamo stati distrutti».
L’astronave
Hydra, invece, si era avvicinata a Mercurio. Come l’Orion, aveva
chiamato la Terra comunicando di essere attaccata da forze
sconosciute e, subito dopo, con l’Overkill aveva distrutto il
pianeta. Poi si era spenta. Era come se la nave non esistesse più,
come se fosse stata distrutta.
I
messaggi dalla Terra non tardarono ad arrivare.
«Terra
chiama astronave Orion! Rispondete... Terra chiama astronave Hydra!
Qualcuno è in grado di rispondere? Qualcuno è sopravvissuto?»
Nessuna
risposta.
Gli
equipaggi erano in ascolto. I detriti dei due mondi distrutti
schizzavano da tutte le parti. Alcuni colpirono lo scafo. Sull’Orion
sentirono le lamiere che si piegavano, ma sperarono che i danni non
fossero gravi. Sull’Hydra ci fu uno scossone e un forte boato.
Ebbero fortuna, un pezzo di Mercurio li aveva sfiorati staccando una
parte della nave. Nonostante questo la struttura resistette e non
esplosero.
Sulla
Terra tutti osservavano il grosso schermo rotondo sul quale si
vedevano muovere, provenienti dal Sole, i segnali dei misteriosi
nuovi invasori.
Era
un’orda enorme in avvicinamento che aveva già distrutto due mondi
e le ultime due astronavi della pattuglia spaziale. Era la fine.
L’unico che sogghignava era il generale Wamsler, ma non se ne fece
accorgere.
C’erano
anche altri che ascoltavano le ultime, drammatiche, comunicazioni
terrestri: i Frog. Sulle loro navi avevano tracciato i nuovi
invasori, avevano assistito alla distruzione dei due mondi e avevano
visto scomparire le navi terrestri. Videro anche che gli sconosciuti
alieni puntavano sulla Terra. Proprio dove stavano andando anche
loro.
Il
comandante dei Frog cercò di evitare la disfatta e ordinò di
ritirarsi.
Sulla
Terra videro i segnali luminosi delle astronavi Frog che invertivano
la rotta; alla massima velocità si spostarono verso Giove e poi
proseguirono. Superarono l’orbita di Saturno, poi di Nettuno e
Urano. Ben presto uscirono dal radar: il pericolo era scampato... per
ora.
Nell’enorme
sala del calcolatore centrale uno dei tecnici urlò di dolore, si
accasciò a terra e morì. Accorsero in molti per soccorrerlo ma
ormai non c’era più niente da fare. i Frog in ritirata, non
potendolo tenere ancora sotto controllo, l’avevano ucciso.
Sull’astronave
Orion le luci furono riaccese, l’energia ripristinata e i motori
riattivati.
«Torniamo
sulla Terra per le riparazioni» disse McLane. «Helga, sull’Hydra
hanno potuto fare lo stesso?»
«Si
stanno muovendo ora, sembra che siano molto danneggiati ma possono
farcela».
Tutti
i segnali luminosi dei nuovi invasori raggiunsero la Terra, ma si
rivelarono essere tutt’altra cosa che astronavi. I rimorchiatori in
orbita inviarono le prime immagini. Erano le sonde solari per la
raccolta dell’energia inviate dalla stazione Elios.
«Generale
Wamsler» disse poco dopo uno dei componenti del TRAV «vuole
spiegarci, una buona volta, quello che è successo? Perché noi non
sapevamo nulla di quest’operazione? Quelle sonde hanno svolto un
compito che non era il loro. Arrivando fin qui si saranno sicuramente
danneggiate. Ma sono servite a scacciare i Frog e perciò è stata
una bella mossa. Avremmo solo voluto essere informati, ecco tutto».
«Capisco»
rispose solenne Wamsler «ma non avevo scelta. C’era una spia, qui
sulla Terra. Ho dovuto restringere la cerchia dei partecipanti
all’operazione. In pratica oltre a me e al comandante McLane, ho
informato solo gli operai della stazione Elios. Hanno impostato loro
la rotta delle sonde, dopo averle caricate al massimo di energia. I
sensori le hanno scambiate per astronavi proprio perché erano
ipercariche».
«E
quei messaggi che sembravano un collage di tutte le lingue terrestri
messe insieme?» disse ancora l’altro.
«Quella
è stata la parte più debole. Ho dovuto inventare un linguaggio
cifrato alla svelta e da solo. Il mio computer ha mischiato più
idiomi insieme e ne è venuto fuori un pasticcio. Per fortuna i Frog
ci sono cascati. Ho anche distorto il segnale per non far capire che
lo inviavo dal mio ufficio».
«Torneranno,
appena avranno capito l’inganno».
«No.
Sanno che l’Overkill non è stato annientato, ma solo spento. Basta
ripristinarlo e le difese della Terra saranno di nuovo attive. Questo
ci darà il tempo di ricostruire le astronavi».
L’astronave
Orion giunse sulla Terra, malconcia ma tutta intera. L’Hydra,
invece, aveva esaurito l’energia nei pressi della Luna e i
rimorchiatori la stavano ancora trainando.
«Abbiamo
dovuto sacrificare due pianeti, ma era necessario, per spaventarli.
Altrimenti l’attacco non sarebbe stato credibile» dichiarò
McLane.
«Siamo
responsabili di una catastrofe» replicò de Monti, mentre
ricalibrava l’Overkill. Sullo schermo rotondo si vedeva la nuova
fascia di asteroidi che si era creata al posto di Venere e Mercurio.
McLane annuì.
«Abbiamo
salvato la Terra» sorrise «consoliamoci con questo».
L’Orion
entrò nell’atmosfera.
Phantastischen
Abenteuer
des
Raumschiffes Orion
Serie
TV – Germania. 1965-1966
ideata
da: Rolf Honold
prodotta
da: Hans Gottschalk, Helmut Krapp
Anche se l'ho scoperta da poco, mi piace particolarmente questa serie, a tal punto da dare come sottotitolo al mio blog "Starlight Casino"!
RispondiEliminaFaccio un giro sul web e lo cerco.
EliminaLa serie in effetti non era male. Anche se non c'era confronto gli effetti speciali L'ambientazione era senz'altro più credibile di quella di Star Trek. Un'umanità che nel trentesimo secolo ha colonizzato solo una manciata di pianeti extrasolari e incontrato un unica specie aliena è senz'altro più realistica di federazioni e imperi galattici comprendenti migliaia di specie (tutte umanoidi, la cui principale differenza dai terrestri sembra essere la forma della piramide nasale).
RispondiEliminaAh, ah, ah! Verissimo. Inoltre respirano tutti la stessa aria e hanno la stessa statura. Non saranno mica uomini camuffati da alieni?
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