Stagione 1 - Episodio 25 - Il parassita
L’Aquila
1 rientrava dalla missione esplorativa. Alle sue spalle, il
misterioso pianeta azzurro percorso da striature gialle brillava
prepotente, era l’ennesimo sfiorato dalla Luna durante la sua folle
corsa nello spazio.
Sulla
Base Lunare Alpha, nella Sala Comandi, il comandante John Koenig
fissava serio lo schermo principale. Stranamente, l’Aquila era
scomparsa alla vista dei sensori interrompendo ogni contatto per
alcune ore e adesso, senza una spiegazione, era ricomparsa.
Paul
Morrow, seduto alla sua postazione, tentò ancora una volta di
ristabilire il contatto video. Ebbe successo.
Le
interferenze sul monitor si diradarono lasciando intravedere il volto
di Alan Carter.
«Carter,
riesce a sentirmi?» tuonò Koenig pieno d’impazienza.
L’immagine
divenne nitida, Carter apparve euforico.
«È
tutto a posto Comandante, abbiamo attraversato una tempesta e credo
che la densità delle nubi abbia provocato il blackout, ma ora riesco
a vedervi e a sentirvi benissimo».
«Cosa
è successo laggiù? Siete riusciti a scendere?»
«Sì
Comandante. Siamo scesi come previsto, è un mondo bello come la
Terra».
«Quando
abbiamo perso il contatto con voi, quel pianeta ha cambiato per ben
due volte il colore della sua atmosfera. È molto strano. Che mi dice
dei campioni, li avete raccolti?»
«Abbiamo
tutto. Laggiù è meraviglioso, Comandante. Non vedo l’ora di
andarci a vivere!»
Il
professor Victor Bergman, che fin’ora aveva osservato senza
parlare, raggiunse il computer da cui fuoriusciva la striscia di
carta appena stampata. Esaminò velocemente l’elaborato, poi si
avvicinò a Koenig.
«John,
tutti i dati inviati al computer sono positivi. Possiamo dare inizio
all’Operazione Exodus».
«Prima
voglio un’analisi di quei campioni, Victor. Non dobbiamo rischiare.
Se abbandoniamo Alpha non devono esserci brutte sorprese».
«Ti
riferisci al cambiamento di colore delle nuvole, vero?» il
professore tamburellò le dita sulla tempia. «Effettivamente è
strano. Eppure, secondo il computer, si tratta di un fenomeno di
rifrazione sui vapori esterni dell’atmosfera».
«Abbiamo
ancora quindici ore prima di superare il pianeta. Non sono molte ma
devono bastare per indagare e, se vale la pena, per dare inizio
all’Operazione Exodus».
«Ci
lavorerò su, John. Sono convinto che il computer non possa
sbagliare, ma ti assicuro che controllerò tutte le possibili
varianti».
«Bene,
Victor» John sorrise soddisfatto, poi tornò a occuparsi di Carter
che, attraverso lo schermo, aveva assistito alla conversazione.
«Esamineremo quei campioni, Carter. E se quel mondo risulterà
adatto a ospitare gli esseri umani ci andremo ad abitare».
«Io
potrei tornarci anche subito, Comandante» fu la battuta di Carter
«Quindi facciamo in fretta e non lasciamoci sfuggire quel paradiso».
Fu
in quel momento che la porta scorrevole della Sala Comandi si aprì e
Alan Carter entrò, barcollando. Sembrava uno che si era appena
ripreso da una sbornia. Avanzò verso i presenti, eppure nessuno
sembrò curarsi di lui. Nessuno parve far caso ai due Carter
identici: uno nello spazio, alla guida dell’Aquila 1 e l’altro
lì, sulla Base Lunare Alpha.
Il
Comandante, invece, inorridì.
«Carter!»
gridò quasi per reazione istintiva e, incredulo, si voltò a
guardare lo schermo; poi tornò a guardare l’uomo confuso che aveva
di fronte. Infine osservò tutti gli altri, calmi come se non fosse
successo niente di strano.
Il
professor Bergman gli si avvicinò, stupito: «John, che ti succede?
Sembra che tu abbia visto un fantasma».
«Victor...
non lo vedi? Come fai a non vederlo?»
«Chi
dovrei vedere?»
Koenig
si rivolse a tutti, visibilmente alterato: «Nessuno di voi lo vede,
qui dentro?» gridò fuori di sé «Siete diventati ciechi?»
Morrow,
Bergman, Sandra Benes, ciascun membro della Sala Comandi lo squadrò
con sospetto, temendo che fosse impazzito.
John
si avventò su Carter, lo afferrò per le spalle e lo scosse.
«Carter!
Riesce a spiegarmi cosa sta succedendo? Lei è qui e a bordo
dell’Aquila 1, come è possibile?» indicò deciso lo schermo
«Guardi!»
Proprio
quando Alan alzò la testa un disturbo cancellò l’immagine.
«Cosa... cosa devo guardare, Comandante?» scosse la testa, cercando
di schiarirsi le idee. «Io... io non sono sicuro di sentirmi bene».
Paul
Morrow tentò l’impossibile sulla sua consolle per ripristinare il
collegamento, ma senza esito.
«La
comunicazione si è interrotta, Comandante».
Koenig
non badò a lui, non badò agli altri. Tenne gli occhi fissi sulla
faccia di Carter e non mollò la presa. Carter abbassò lo sguardo,
rifletté su quanto gli era accaduto; poi, lentamente parlò.
«Ora
ricordo... mi sono svegliato per terra, non so come sia arrivato
là... c’era quel tentacolo attorno al mio collo, ma a un certo
punto mi ha lasciato. Non so perché, forse per qualche ignoto motivo
si è indebolito».
«Quale
tentacolo? Che sta dicendo?» Koenig spostò di poco Carter verso il
professore.
«Victor!
Alan è qui davanti a me, come puoi non vederlo?»
«Non
lo vedo, John... perché non c’è. Forse sei vittima di
allucinazioni».
Vittima
di allucinazioni.
John Koenig era sicuro di non essere pazzo, ma si rese conto di
essere solo.
L’unica persona con cui valeva la pena di parlare per venire a capo
di quell’incubo era Carter, quindi ignorò gli altri.
«Alan,
può dimostrare quello che dice?»
«Posso
mostrarle il tentacolo, venga con me».
«Paul,
prenda lei il comando».
«Sì,
Comandante».
«Andiamo!».
Koenig e Carter si avviarono fuori dalla Sala Comandi.
«John,
dove stai andando?» la domanda del professor Bergman non ebbe
risposta, davanti a lui si chiuse inesorabile la porta scorrevole
appena furono usciti.
Poco
dopo entrarono nel travel
tube sotterraneo
per il collegamento alle sezioni più lontane di Alpha e partirono
diretti agli hangar delle Aquila. Nessuno dei due parlava, ma si
guardavano seri, quasi con sospetto. Nella testa di Koenig frullavano
mille dubbi su quello che stava facendo e iniziò a chiedersi se
quell’uomo che aveva davanti, ottimo pilota e amico, era veramente
chi diceva di essere. Per un attimo temette di essersi chiuso lì
dentro insieme a un essere inumano che per qualche inspiegabile
ragione era apparso su Alpha assumendo l’aspetto di Alan. E che
adesso avrebbe potuto ucciderlo. Lentamente portò la mano al laser,
nella fondina, e si preparò a difendersi.
«Comandante...»
disse Alan avvicinando la mano alla sua nuca.
Koenig
estrasse il laser
e
si mostrò minaccioso, pronto a sparare.
Carter
esitò, attese che l’altro riacquistasse fiducia in lui e rafforzò
con un sorriso il più amichevole possibile. Poi, con prudenza, toccò
qualcosa che stava attaccato al collo di Koenig.
«Ha
perso forza. Come è successo con me. Ho cominciato a vederlo solo
ora».
Anche
Koenig iniziò a vederlo, sembrava un tentacolo, ma aveva la
consistenza della corteccia e diventava sempre più visibile. Con un
gesto di stizza lo allontanò da sé e lo vide ritirarsi fino a
scomparire nella parete. Ripose il laser
nella
fondina.
«Cosa
diavolo era?»
«Non
lo so, Comandante. Ma sta succedendo qualcosa di strano e almeno noi
due avevamo un parassita attaccato addosso».
«Anche
il tentacolo che voleva mostrarmi, probabilmente si sarà ritirato
come questo».
«Probabilmente».
«Un
momento... non lo vedevamo prima, ma c’era e finché ci stava
addosso riusciva a ingannare i nostri occhi».
«Forse
ci riesce comunque, forse continua a ingannare ogni membro della
Base».
«Questa
è l’unica certezza che abbiamo». La luce che indicava il
movimento del travel
tube si
fermò, segno che erano arrivati. Koenig si alzò in piedi e col
commlock
aprì
la porta scorrevole, poi si precipitarono nel corridoio.
Si
avventò sulla prima colonna per le comunicazioni che incontrarono e
digitò un comando. Sgranò gli occhi per lo stupore. Sul monitor si
vedeva l’Aquila 1, ferma nel suo hangar, spenta e inutilizzata.
«Non...
non è mai partita. Abbiamo solo creduto di vederla partire e
qualcuno ci ha indotto a crederlo».
«Io
dovevo essere alla guida» disse Alan «per questo quel qualcuno mi
ha tenuto fuori gioco, ma deve essergli andata storta e mi sono
svegliato».
«Carter,
attivi l’elevatore. Dobbiamo fare in modo che la nostra gente si
svegli! Faremo uscire l’Aquila 1 sulla rampa, quando dalla Sala
Comandi la vedranno sarà chiaro a tutti che l’altra è falsa».
«Bene».
«Io
andrò alla Sezione Medica, forse Helena è ancora in sé e può
darmi un farmaco utile contro le allucinazioni».
I
due si divisero. Carter prese il corridoio di destra, nel settore
successivo avrebbe potuto controllare l’elevatore manualmente.
Koenig, invece, prese il corridoio a sinistra, che portava alla
Sezione Medica.
Aprì
la prima porta scorrevole col commlock
e
si trovò di fronte la dottoressa Russell. Fu sorpreso, ma poi
ripensò al suo comportamento in Sala Comandi e fu certo che Morrow,
prendendo il comando della Base, avesse ritenuto opportuno allertare
i medici e forse anche la sicurezza.
La
osservò bene, non aveva tentacoli legnosi addosso, o forse ce li
aveva e a lui serviva del tempo per riuscire a vederli, perché era
ancora preda latente del mostro.
Le
disse tutto. Non aveva tempo da perdere, la falsa Aquila 1 si
avvicinava sempre più ad Alpha e servivano alleati per fronteggiare
l’incombente pericolo. Purtroppo il risultato fu alquanto
deludente. Negli occhi di lei lesse solo incredulità.
«John,
non stai bene. Io posso aiutarti».
«Helena,
devi credermi! Siamo minacciati. Alan me li ha fatti vedere, sono qui
tra noi».
«No,
John. Alan sta tornando, è alla guida dell’Aquila 1, l’abbiamo
visto tutti partire. Ascoltami, Victor mi ha detto che ti comporti in
modo strano. Credo che abbia ragione, lascia che faccia dei controlli
su di te».
Era
tutto inutile, Koenig si rese conto che non poteva convincerla.
Abbassò lo sguardo e le voltò le spalle.
«Non
seguirmi» col commlock
aprì
la porta scorrevole ed entrò nel corridoio da cui era venuto. Lei fu
per dire qualcosa, ma la porta le si chiuse davanti.
Koenig
seguì il percorso a ritroso e imboccò il corridoio attraversato da
Carter. Lo trovò non molto lontano, oltre la seconda porta, per
terra con gli occhi sbarrati. Si muoveva appena e aveva un tentacolo
che gli stringeva il collo. L’avevano ripreso.
«Carter!
Si svegli!» cercò di toglierglielo, ma sembrava impossibile. Aveva
la resistenza di una quercia e per quanti sforzi facesse, non
riusciva a muoverlo di un centimetro. Alzò lo sguardo seguendolo
fino al soffitto, dove sfumava. Furioso impugnò il laser
deciso
a reciderlo con la forza.
«John...»
si voltò e vide Helena, l’aveva seguito fin lì.
«Devi
venire con me al Centro Medico, è per il tuo bene». Dietro di lei
si aprì ancora la porta scorrevole ed entrarono gli uomini della
sicurezza.
Mentre
si avvicinavano vide con terrore che in tutti, da dietro il collo,
partivano quei cordoni legnosi che salivano verso il soffitto e anche
Helena ne aveva uno.
Tentò
un diversivo.
«Va
bene Helena, verrò con te».
Mentre
gli uomini della sicurezza avanzavano, coperto dietro la dottoressa,
regolò il laser
su
stordimento. Poi con una mossa fulminea aprì il fuoco. Uno dopo
l’altro caddero a terra tramortiti.
«Fermati
John» lo implorò lei.
Lui
le puntò contro il laser,
ma non se la sentì di sparare, abbassò l’arma, si voltò e corse
via.
Ebbe
una scena orribile davanti a sé mentre attraversava il settore
successivo della Base. C’erano quei tentacoli vegetali ovunque,
scendevano dall’alto intersecandosi e generando una specie di
giungla. Erano attaccati a persone sdraiate sul pavimento, e queste
pareva che sognassero. Forse tutti quelli che avevano interagito con
lui erano stati attivati al momento opportuno dal mostro.
Forse prima di vedere il doppio Alan anche lui in Sala Comandi era
stato sdraiato a sognare. Forse.
Qualcuno
dei sognanti, al suo passaggio si attivò, volse lo sguardo verso di
lui, ma chissà quale immagine ingannevole gli arrivò nel cervello.
Koenig non perse tempo cercando di svegliare i sognanti, proseguì in
mezzo a decine di rami tentacolati e si accorse che potevano essere
attraversati, erano incorporei. Si chiese perché in altri momenti
erano risultati duri e legnosi, ma non seppe trovare una risposta che
avesse un senso.
Era
evidente che l’entità aliena, il mostro
che
minacciava gli Alphani non era ancora sulla Base, altrimenti che
senso avrebbe avuto far tornare la falsa Aquila? Quei tentacoli erano
un controllo mentale a distanza per preparare la strada
all’invasione.
Koenig
giunse in un corridoio deserto, chiuse la porta scorrevole dietro di
sé, si avventò sulla colonna per le comunicazioni e accese il
video. Si vedeva l’Aquila 1 che atterrava sulla rampa sollevando
una nuvola di polvere lunare. Non c’era più tempo, il mostro
era
arrivato per finire le sue prede! Doveva fare qualcosa.
L’immagine
sul monitor cambiò e apparve il volto di Paul Morrow.
«Attenzione,
il comandante Koenig è impazzito, è molto pericoloso, bisogna
fermarlo a tutti i costi».
John
Koenig, stizzito, spense il video e fu la sua fortuna perché sullo
schermo spento vide riflesso il tentacolo che gli arrivava da dietro
per avvolgergli il collo. Reagì d’istinto, alzò il braccio,
impedì la manovra e si trovò a lottare disperatamente. Con la mano
ancora libera fece saltare la grata di areazione dei circuiti sulla
colonna. Poi tirò. Trasse a sé il tentacolo. Fu uno sforzo immane,
ma riuscì a infilarlo fra collegamenti elettrici e microchip. Ne
scaturì una fiammata, scintille schizzarono ovunque. Gli sembrò di
udire un urlò che non aveva niente di umano. Il ramo tentacolato
abbandonò la presa e si ritrasse svanendo nel soffitto.
Esausto
per la lotta, Koenig, si afflosciò appoggiato alla colonna, sua
involontaria salvatrice. Attese qualche minuto. Quando sentì le
forze che tornavano, lentamente si alzò e riprese a correre verso la
rampa, forse era ancora in tempo.
L’Aquila
1, intanto, era atterrata. Il suo equipaggio era sceso e calpestava
il suolo di Alpha.
John
Koenig irruppe nel corridoio che arrivava dalla rampa, erano presenti
il professor Bergman e la dottoressa Russell insieme ad altre
persone, tra cui alcuni uomini della sicurezza. Vide il falso Alan
Carter che veniva avanti insieme al suo copilota. Quasi subito vide
svanire il copilota, era solo un’illusione.
«Comandante,
c’è qualcosa che non va?» disse con un ghigno sinistro il falso
Carter, e aumentò il passo. Koenig non gli rispose, subito mirò
agli uomini della sicurezza e li tramortì col laser.
Poi regolò la potenza al massimo. Per “uccidere”. E puntò
l’arma. Purtroppo in quel momento gli arrivarono addosso altri
uomini, dovevano fermarlo, lo credevano pazzo. Riuscirono ad
atterrarlo, il laser
gli
sfuggì di mano e con presa ferrea lo tennero fermo.
Ormai
bloccato senza alcuna possibilità di liberarsi fu sopraffatto dalla
disperazione; tutti quelli che gli stavano intorno avevano un
tentacolo che li controllava. Si rivolse a Bergman, la sua ultima
spiaggia.
«Victor!
Siamo stati invasi! Quello non è Alan, siamo in pericolo! Devi
credermi». Ma il professore rimase scettico e lo guardò con
compassione.
Carter
arrivò a pochi metri da loro. Aveva un’espressione di vittoria
talmente forte stampata in faccia da stupire perfino gli uomini che
bloccavano il Comandante. Gradualmente allentarono la presa.
John
Koenig si divincolò dalla stretta che lo imprigionava, raggiunse il
laser,
lo impugnò e aprì il fuoco sul bersaglio.
Investito
dalla scarica energetica, il falso Carter si incendiò. Perse il
controllo delle sue vittime e rivelò la sua vera forma. Somigliava
ad un albero ma aveva aspetto umanoide. Dalla sua testa partivano i
tentacoli, simili a tante radici che si moltiplicavano
all’inverosimile per poi svanire nel nulla.
Bruciò
lanciando un grido disumano che scosse Alpha, arrivando in ogni
sezione, in ogni corridoio, in ogni stanza. In pochi secondi la
creatura si consumò.
Poco
dopo la gente cominciò a svegliarsi, alcuni uomini accorsero con gli
estintori per domare il fuoco. Bergman aiutò Koenig ad rialzarsi.
Helena
era frastornata, usciva in quel momento da un sogno, come tutti.
«John,
cosa ci è successo?»
«È
tutto finito Helena, tutto finito».
In
Sala Comandi Paul Morrow vide con la coda dell’occhio uno strano
tentacolo legnoso, che lo lasciò libero, si agitò nell’aria e si
dissolse. Tornò a guardare lo schermo davanti a lui, l’Aquila 1
sulla rampa non c’era più. Al suo posto troneggiava minacciosa
un’astronave aliena, orrenda e irregolare. Qualcuno li stava
attaccando. Subito azionò l’allarme.
Space
1999
Serie
TV – Regno Unito, Italia. 1975-1977
ideata
e prodotta da: Gerry Anderson
Sylvia
Anderson e Fred Freiberger
Era una serie decisamente buona, questa... nella prima stagione, nonostante l'inizio con un espediente narrativo un po'debole. Personaggi azzeccati, trame interessanti, episodi con finali spesso ambigui o francamente tragici, ben lontani dal buonismo di altre produzioni.
RispondiEliminaLa seconda serie, francamente, se la potevano risparmiare.
Quanto all'incipit del tuo racconto (non credo che finisca qui) mi sembra decisamente buono, perché direi che sei riuscito a catturare abbastanza bene l'atmosfera della prima serie.
Aspetto la fine.
Come al solito, fornisci degli spunti di lettura interessanti.
Grazie, sono felice che ti sia piaciuto. E sì, sono d'accorodo con te per quanto riguarda l'inutilità della seconda serie... almeno così per come l'hanno realizzata.
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