mercoledì 18 marzo 2020

Battlestar Galactica

Stagione 1 - Episodio 25 - Un'anima per i Cylons



I due Vipers virarono nel vuoto lasciandosi dietro una lunga scia di vapore incandescente. Erano in avanscoperta. Dietro di loro, il Galactica, con tutta la disperata flotta di navi cariche di superstiti umani, li seguiva a distanza.

I Cyloni avevano distrutto le Dodici Colonie e ora volevano sterminarne anche gli ultimi sopravvissuti.

Erano passati parecchi mesi dall’ultimo scontro con i Cyloni e il comandante Adamo non aveva nessuna intenzione di abbassare la guardia. Il viaggio verso il pianeta leggendario chiamato Terra, rappresentava l’ultima ancora di salvezza.

Per questo motivo procedeva con prudenza, un passo alla volta. Ordinava il decollo dei caccia a gruppi di due e faceva monitorare loro la più ampia porzione di spazio possibile, per creare un cuscino di sicurezza intorno alla flotta. In questo modo un improvviso attacco nemico poteva essere segnalato in anticipo, permettendo una difesa migliore.

Il Viper di Scorpion eseguì un’altra virata per mantenere la formazione col compagno.

«Ehi, Apollo... secondo me quelle teste di latta hanno paura!»

«Non lo so... tutta questa calma non mi piace, credo che stiano preparando qualcosa».

«Torniamo, ho la partita a Pyramid che mi aspetta. Non vorrei che i ragazzi fossero tristi per la mia assenza».

«Secondo me festeggiano, mi sembra di ricordare che li hai spennati, l’ultima volta».

«Ho solo fortuna, ecco».

Apollo attivò alcune levette sulla strumentazione interna del Viper. Il display verde fece l’ennesima scansione.

«Niente, anche questa zona è sicura. Rientriamo».

«Bene» disse Scorpion «quando i barattoli troveranno un po’ di coraggio li vedremo tornare. Ho i laser che mi prudono».

I piloti azionarono il turbo sulla cloche e i Vipers accelerarono in modo impressionante, aumentando la luminosità e la lunghezza della loro scia di vapore.




La flotta sembrava immobile, ma era solo un effetto ottico, perché le dimensioni delle astronavi erano tali da farle sembrare ferme nonostante procedessero a notevole velocità.

I due agili Vipers al confronto parevano frecce; arrivarono descrivendo un’ampia curva, rallentarono allineandosi con il ponte di rientro del Galactica e uno dopo l’altro entrarono frenando e toccando dolcemente la pista.




Sulla plancia di comando c’era sempre un’attività frenetica. Molti operatori, seduti davanti ai loro strumenti, controllavano le funzioni primarie di navigazione, tutti i sistemi ausiliari e ogni possibile attività esterna, incluse navi amiche o nemiche in avvicinamento.

Il Comandante osservava lo spazio attraverso la spessa vetrata. Il colonnello Tigh gli si avvicinò.

«Sono appena rientrati, Comandante. Faccio preparare altri due piloti?»

«Sì, forse sprechiamo carburante prezioso, ma preferisco avere le mie sentinelle là fuori a vigilare».

«È la quiete a renderci nervosi» disse Tigh «noi non siamo di metallo come i nostri nemici».

«Già».

Una luce rossa lampeggiò sulla postazione del tenente Athena.

«Comandante!» gridò «ricevo una richiesta d’aiuto, e non è uno dei nostri».

Adamo le si avvicinò con passo deciso.

«Chi sta chiedendo il nostro aiuto? Riesci a identificarlo?»

«Dovrebbe essere umano, trasmette nella nostra lingua e usa le nostre frequenze. Ecco il testo».




Sono il professor Lepus.

Sono naufragato su questo mondo con la mia famiglia.

Chiedo di unirmi ai passeggeri della flotta. Queste sono le coordinate per raggiungermi. Aiutatemi.




«Seguono le coordinate, è un pianeta del terzo quadrante, primo settore».

Apollo fece il suo ingresso in plancia in quel momento.

«Abbiamo terminato la ricognizione, padre. Non ci sono Cyloni qua intorno».

Il Comandante gli andò incontro.

«Ben fatto!» esclamò.

Gli poggiò affettuosamente una mano sulla spalla e gli disse, con aria grave: «Figlio mio, abbiamo ricevuto una richiesta di soccorso da persone che non appartengono alla flotta. Dobbiamo recuperarli. Partirai subito».

«Persone che non appartengono alla flotta? Credevo che noi fossimo gli ultimi rimasti, cos’è questa storia?»

«Potrebbe essere una trappola dei Cyloni» disse il colonnello Tigh.

Adamo annuì.

«Potrebbero essere i Cyloni… ma se non lo fossero? Il professor Lepus è un vecchio amico, un colono ricercatore che credevo morto. Se è veramente lui, non possiamo abbandonarlo. Dobbiamo rischiare».

«Lo troveremo e lo porteremo sul Galactica!» tagliò corto Apollo.

«Bene. Andrete tu, Scorpion e Boomer, con tre Vipers e uno Shuttle comandato da Athena. Trovateli e salvateli. Ma muovetevi con prudenza: se è una trappola, noi saremo troppo lontani per aiutarvi».




Scorpion si era appena seduto al tavolo da gioco. Accese un sigaro. Il mazziere distribuì le carte e lui le stillò con calma.

«Tremate, gente» ridacchiò col suo solito ghigno ironico «oggi sono in forma».

L’altoparlante gli rovinò la festa.




Tenente Scorpion

immediatamente nell’hangar.

Tenente Scorpion immediatamente...




«Mai che si possa stare tranquilli… tenetemi il posto, torno subito».

Si alzò e si precipitò nel corridoio per raggiungere l’hangar.




Poco dopo le bocche di lancio del Galactica sputarono due Vipers. Erano quelli destinati alla missione di ricognizione. I lanci proseguirono. Uno Shuttle decollò e altri tre Vipers sfrecciarono fuori da altrettante bocche di lancio, affiancandolo.

«Occhi aperti ragazzi, formazione a triangolo» disse Apollo per radio.

«Oggi facciamo le babysitter. Athena, ti senti sicura con noi?»

«Mi sento sempre al sicuro con te, Scorpion».

«Io sto in coda, vi guardo le spalle» aggiunse Boomer.

Il piccolo gruppo di astronavi si allontanò dalla flotta, obiettivo: quadrante tre, settore uno.




***




Il cielo di quel pianeta sconosciuto era perennemente nuvoloso. lo Shuttle coloniale forò di prepotenza le nubi insieme a tre frecce che gli volteggiarono agili intorno mentre scendeva.

Sorvolarono una landa brulla e desolata avvicinandosi sempre di più al punto indicato dalle coordinate. I resti di un’astronave mercantile si scorgevano in mezzo a sabbia e rocce. A breve distanza, costruito con parti del relitto, si vedeva un rifugio.

«Guardate» urlò Apollo via radio «ci sono altri resti più a nord».

Era ciò che restava di un caccia dei Cyloni.

«Ho visto Apollo, teste di latta anche qui. Non mi piace per niente».

Atterrarono in uno spiazzo pianeggiante vicino al rifugio. Athena rimase nello Shuttle, gli altri estrassero le pistole e avanzarono in silenzio con le armi in pugno.

Quando entrarono nel rifugio un essere alto come un uomo, ma i cui particolari si distinguevano male, essendo ancora in ombra, avanzò verso di loro. Portava la luccicante armatura di un Centurione Cylon. L’inconfondibile Led rosso che scorreva da destra a sinistra sulla sua faccia gelò Apollo. Dietro di lui, Scorpion non perse neppure un secondo e sparò.

Una vampata di scintille illuminò la stanza e il Cylone rovinò all’indietro.

«No! Fermi! Cos’avete fatto, smettetela».

Un buffo ometto con barba e capelli bianchi spuntò con le mani alzate. I tre abbassarono le pistole.

Da dietro le tende che servivano a dividere l’ambiente si fecero avanti anche quelli che dovevano essere i figli e la moglie. Ma non erano soli: altri due Cyloni, freddi e luccicanti, gli facevano compagnia.

«Il professor Lepus, immagino» disse Apollo.




***




Più tardi, nello spazio, i Vipers in ricognizione avvistarono una grossa formazione di caccia Cyloni in avvicinamento. Una Base Stellare in appoggio faceva da nave madre. Il comandante Adamo ordinò il contrattacco.

«Squadriglie uno, due e tre, lancio immediato! I mitraglieri alle batterie difensive, prepariamoci a riceverli».

Il colonnello Tigh gli si avvicinò.

«Ancora nessuna notizia da Apollo e dalla sua squadra. Abbiamo perso il contatto radio e i sensori non li rilevano».

Lo sguardo del Comandante rivelava preoccupazione e tristezza. Forse aveva sbagliato a mandarli laggiù; magari erano caduti in una trappola ed erano morti.

Purtroppo tutto questo passava in secondo piano, anche la sorte di suo figlio. L’attacco dei Cyloni era una ben più drammatica novità per tutte le persone che si affidavano a lui. E i Vipers, numericamente inferiori, rappresentavano l’ultimo baluardo contro quegli spietati nemici meccanici.

Forse la fine stava per arrivare.




Uno dopo l’altro, decine di caccia sfrecciarono fuori dal Galactica. Formarono un discreto gruppo e puntarono dritti sul nemico. Il sergente Jolly parlò per primo: «Questa Scorpion se la perde, facciamogli vedere di che pasta siamo fatti, ragazzi!»

«Sono con te, Jolly. Picchiamo duro!» gli rispose un altro pilota.

I caccia Cyloni arrivarono in massa, sparando dardi di luce azzurra in ogni direzione.

Alcuni di loro cabrarono per non scontrarsi con i Vipers, altri virarono all’ultimo momento, quando la pioggia di raggi rossi li investì. Iniziò una schermaglia furibonda, i caccia s’incrociavano continuamente, danzando tra le stelle.

Un Viper si mise in coda a un Cylon Raider e appena l’ebbe nel mirino elettronico aprì il fuoco. Il caccia, colpito in pieno, esplose con una vampata, sparpagliando una moltitudine di frammenti intorno.

Altri tre Cyloni vennero incontro proprio al caccia del sergente Jolly, che non cambiò direzione. I lampi mortali gli passarono accanto sfiorandolo ma non fu colpito. Sparò deciso con i laser e il nemico al centro del terzetto sparì in una fiammata. Pezzi di lamiera schizzarono ovunque.

Intanto, un caccia terrestre, tallonato da un meccanizzato, tentava invano di sganciarsi.

«Non ce la faccio, ce l’ho sempre dietro!» gridò il pilota.

«Arrivo, gli sono quasi addosso e lo brucio!» disse Jolly, accorso in aiuto.

Troppo tardi, i primi colpi di laser andarono a vuoto, ma i successivi lo centrarono e si disintegrò in una nuvola di scintille.




***




Sul pianeta, nel rifugio di fortuna, si svolgeva una tranquilla chiacchierata.

«Come avete fatto a inviare la richiesta d’aiuto? Da quando siamo atterrati abbiamo perso ogni contatto col Galactica» disse Apollo al Professore.

«C’è un forte campo magnetico intorno al pianeta. Ho modificato il ripetitore e la strumentazione di recupero che vedete. In questo modo mi aggancio al campo magnetico e trasmetto con un segnale potenziato. Serve una voce forte per farsi sentire».

Mentre parlava, armeggiava nel torace del Cylone steso, fra fili, schede e microchip cercando di rianimarlo.

«Già chiedendo il vostro aiuto» continuò «posso aver attirato l’attenzione dei nemici. Non credo che sia una buona idea insistere».

Boomer guardava i due Cyloni immobili.

«E... loro?»

«Geminion, Oberon e il povero Sagittarian che avete fracassato? Non vi preoccupate per loro, sono amici. Erano i piloti del caccia distrutto qua fuori, che è precipitato dopo averci abbattuti. L’avevo colpito dalla torretta della mia nave».

«Come possono essere amici? Hanno distrutto le Colonie, sono spietati».

«È una lunga storia. Intanto, per rivalsa, li ho chiamati con i nomi di tre Colonie che hanno distrutto».

«Perché?»

«Perché sono convinto tutto può cambiare. Soprattutto se ci diamo da fare per aiutare gli eventi. Cambieremo noi, i Cyloni, le Colonie... e forse anche la Terra, quando la raggiungeremo».

Apollo stentava a credere ai suoi occhi. Quello che chiamavano Geminion si era appena seduto al tavolo e giocava a Pyramid con i figli di Lepus.

«Ma come avete fatto? Cyloni e uomini, amici? È impossibile».

«No! Non è impossibile. Li ho infettati! E infettandoli era probabile che cambiassero. Voi vi chiederete: infettati con quale virus? Con un virus potentissimo, vi rispondo io. Quel virus è l’umanità».

Apollo e gli altri si scambiarono occhiate incredule.

«Quando i Cyloni distrussero le Colonie» continuò sorridendo «io partii per primo. Non aspettai la riunione della flotta, che a voi fece perdere almeno qualche mese.

Da quando mi sono messo in viaggio alla ricerca della Terra lavoro a un progetto per sconfiggerli senza usare le armi tradizionali. Come vedete però, sono stato abbattuto e sono rimasto bloccato qui, su questo pianeta insignificante. Per fortuna credono di avermi ucciso e nessun Cylone è venuto a cercarmi, per ora. Qui ho avuto la possibilità di lavorare sui piloti di uno dei loro caccia. Erano a pezzi come il loro Raider, naturalmente, ma io con pazienza li ho rimessi insieme e su di loro ho testato la mia arma».

«Che sarebbe?» chiese curioso Apollo.

«Semplicemente la traduzione in programma di tutte le nostre emozioni. Paura, malinconia, invidia, allegria, curiosità, affetto... ho inserito in loro tutto questo per costringere i Cyloni ad assomigliare il più possibile agli esseri umani, con i loro pregi e i loro difetti. Il veicolo di trasmissione di questo terribile virus è un segnale radio, codificato sulle linee di comunicazione meccanizzate».

«Incredibile. Ma come può funzionare davvero?» disse Scorpion. La risposta gli arrivò direttamente da Oberon, che si fece avanti tendendogli la mano. Gli parlò con voce elettronica.




Da Centurione a Umano, hai la mia stima. Non ho più motivi per combatterti. Non m’interessa più la guerra di espansione.

Però, se spari ancora al mio amico, ti uccido.




Alcune scintille scoccarono dal petto di Sagittarian, che si scosse come fosse attraversato da una scarica elettrica. Il led che faceva da occhio si accese e iniziò a scorrere regolarmente nella fessura dell’elmo. Il centurione, lentamente si alzò.

«Ce l’ho fatta! Amico mio, sei di nuovo tra noi!» urlò felice Lepus.




Più tardi, Athena vide uscire dal rifugio i suoi amici, la famiglia di Lepus, e tre Cyloni al seguito.

«Non sparare, Athena, questi sono con noi!» Urlò da lontano Apollo per evitare che aprisse il fuoco. Il Professore portava con sé la sua preziosa unità di memoria. Dentro c’era il programma con i codici rubati.

Prima di salire sullo Shuttle salutò i robot.

«Sagittarian, Geminion, Oberon, torneremo a prendervi... prima dobbiamo spiegare alla nostra gente i motivi del vostro cambiamento, altrimenti non capiranno e cercheranno di distruggervi».




Ti aspetteremo qui, Professore.

Solo, non metterci troppo.




***




Nello spazio infuriava la battaglia. I Raiders circondavano il Galactica come un nugolo di vespe, mentre le torrette difensive sparavano in continuazione. Velocissimi dardi rossi inseguivano i caccia Cyloni al loro passaggio e alla fine li centravano disintegrandoli. Ma erano troppi, per dieci abbattuti altri venti arrivavano a rimpiazzarli.

Un meccanizzato centrò una torretta che esplose in tanti pezzi incandescenti. Un Viper colpito di striscio perse il controllo, iniziò a roteare e si schiantò contro la struttura esterna, causando altri danni.

«Non ce la faremo mai» disse Adamo guardando la scena dalla plancia.

«Hanno iniziato ad attaccare le navi più arretrate», disse Tigh, dietro di lui. «Il Celestra ha subito ingenti danni e il Colonial Movers non riesce più a manovrare».

«Ordinate a tutti i Vipers di concentrare l’azione difensiva sul retro della flotta. Che lascino scoperto il Galactica, ci difenderemo solo con le torrette».

«Ma così saremo spacciati! Se cade, il Galactica cade tutta la flotta!» osservò risentito il Colonnello.

«E se invece soccombe la flotta? Che senso avrà il Galactica, da solo?»

Tigh aveva ragione, nessun capo militare mette a rischio la sua unità principale. Piuttosto prima sacrifica le unità deboli. Aveva ragione ma ci voleva fegato a sacrificare navi cariche di civili, tra cui molte donne e bambini.

«Tigh» disse Adamo «non posso abbandonare la nostra gente. I cannonieri riusciranno a fronteggiare il nemico con le torrette, ce la devono fare. E i Vipers difenderanno il resto della flotta. Non abbiamo scelta».

«Sì, sono sicuro che ce la faranno» disse il Colonnello.




***




La missione di salvataggio era di ritorno. Ormai avevano alle spalle il pianeta e già vedevano bagliori della battaglia nel punto in cui si trovava la flotta.

«Sto chiamando su tutte le frequenze» disse Apollo. «Non mi rispondono, devono essere sotto attacco».

Alla fine arrivò un messaggio di risposta, dettagliato nella sua drammaticità.

«Siamo stati attaccati da ingenti forze nemiche. Tenteremo di creare un corridoio di sicurezza per farvi rientrare. Vi inviamo le coodinate criptate. In bocca al lupo!»

«Avete sentito?» urlò Scorpion.

«Abbiamo sentito. Prepariamoci a ballare».

Shuttle e Vipers in formazione agganciarono il tracciato virtuale. La via del ritorno era tutta in salita e lo sapevano.

Non ci misero molto ad arrivare e piombarono proprio in mezzo alla battaglia. Subito tre caccia meccanizzati, come vampiri assetati di sangue, si misero in coda alla loro formazione e iniziarono a bersagliare lo Shuttle.

Boomer frenò e gli fu dietro, Scorpion cabrando lo raggiunse. Aprirono il fuoco insieme e a colpi di laser li abbatterono uno dopo l’altro.

«Coprite lo Shuttle» urlò Jolly via radio. «Aiutiamoli a rientrare!»

«Grazie amico, avevamo giusto bisogno di una mano».

«Ne ho proprio una libera, Scorpion».

«Ed io non avevo dubbi, al riguardo».

Lo Shuttle avanzava diritto verso l’ingresso della pista di rientro del Galactica, mentre due Vipers gli rollavano intorno per coprirlo il più possibile. I caccia Cyloni arrivavano da ogni parte. Lampi azzurri e rossi s’incrociavano illuminando lo spazio.

Apollo aprì una comunicazione diretta col comandante Adamo.

«A bordo dello Shuttle c’è Lepus, padre. Ha qualcosa d’importante con sé, lascialo fare. Può cambiare le sorti dello scontro, è la nostra ultima speranza».

Proprio in quel momento la navetta col prezioso carico imboccò l’entrata dell’hangar e atterrò sulla pista. Dietro di essa due caccia Cyloni che tentavano di autodistruggersi contro la struttura per far più danni possibili, furono abbattuti al volo. Si trasformarono in una nuvola di energia e poi in pulviscolo luminescente.




La navetta si fermò in fondo all’hangar. Il gruppo scese con Athena in testa e si affrettò con passo spedito verso la plancia. Quando arrivarono, fu proprio lei a spiegare al Comandante la situazione. Il Professore illustrò il funzionamento della sua arma.

Non avevano più tempo a disposizione. Molti Vipers erano stati distrutti e i danni alla flotta erano sempre più seri e presto sarebbero diventati irreparabili.

Il Comandante autorizzò l’operazione, anche se il Colonnello, dietro di lui, mostrava scetticismo.

Lepus inserì l’unità di memoria nel computer e digitò la sequenza che attivava il codice.

Fuori, oltre la vetrata della plancia, si vedevano continuamente passare i caccia e lampeggiare i laser. A volte, un forte bagliore annunciava un’esplosione. E a volte, era uno dei nostri a essere disintegrato.

«Ecco» disse il Professore, «stanno ricevendo il messaggio, che in realtà installa un programma nel loro coordinatore di ordini».

Su uno dei tanti intercettori meccanizzati, i piloti parlarono con voce elettronica.




Nuovi ordini dalla Nave Madre.

Aprire un canale di comunicazione.

Canale di comunicazione aperto.




Fu l’inizio della fine. Nel giro di pochi minuti i caccia Cyloni impazzirono. Ognuno Virò verso una nuova direzione. Smisero di essere coordinati e iniziarono a viaggiare in modo indipendente, qualcuno col proposito di mettersi in salvo. Altri proprio disinteressandosi di quello che stavano facendo.

L’individualismo, la paura e un po’ di simpatia per gli umani, percepiti improvvisamente più vicini e più simili, furono la causa principale della disfatta. Il novanta percento della forza di aggressione disertò. I pochi rimasti erano talmente confusi da non rappresentare più un pericolo. Poco dopo ci si accorse che anche la gigantesca Base Stellare aveva interrotto tutte le sue attività. A bordo doveva essere scoppiato il caos. Il Galactica e tutte le navi al seguito lo superarono per andare oltre.

Gli umani avevano vinto la battaglia, non certo la guerra.




«Questa volta ce l’abbiamo fatta» disse Adamo osservando gli ultimi caccia Cyloni in ritirata. «Alcuni di loro hanno imparato a diventare umani. Ma presto saranno riprogrammati, o distrutti e sostituiti. Questa nostra mossa sarà elaborata e metabolizzata. Un giorno, invece di un robot con l’anima di un uomo, potremmo trovarci di fronte un falso uomo con l’anima di un robot».

Dietro di lui, Lepus aveva appena estratto la sua unità di memoria.

«Può darsi, ma intanto per questa volta abbiano salvato la pelle».

«Sì. E grazie a te, amico».

Il Professore sorrise e strinse la mano al Comandante.

«Devo tornare a prendere tre amici» disse. «Qualcuno mi da un passaggio?».




Battlestar Galactica

Serie TV – Stati Uniti 1978

ideata da: Glen A. Larson

prodotta dalla Universal Pictures

Nessun commento:

Posta un commento