Diario
del Capitano: data astrale 2222.2
Dicono
che i blog non se li fila più nessuno, ormai sono più un diario
online dei loro rispettivi autori piuttosto che fonti di informazione
indipendente. I social network, invece, sono il futuro che avanza e
facebook è il più attivo, anche perché la gente sta tutta lì.
Odio
facebook! E la cosa è contraddittoria: come può un amante del
futuro odiare il futuro?
Beh,
se il blog è un diario online questo è il mio diario. Ci metto
tutte le riflessioni che voglio, senza preoccuparmi di chi le
leggerà. Per questo scrivo la mia breve esperienza sperando di
salvare quelli alle prime armi, maldestri e ingenui come lo sono
stato io.
Nel
2014 o nel 2015, non ricordo bene, mi misi in testa di vincere un
Premio per racconti di fantascienza, o almeno rientrare fra i
finalisti o i segnalati. Così iniziai a scrivere come un forsennato,
trascorsi ore sul web a cercare concorsi e siccome quello più
importante era il Premio Urania Stella Doppia decisi di parteciparvi
con dodici racconti. Un bombardamento a tappeto era quello che ci
voleva, pensai.
Mi
precipitai nelle edicole, a caccia di volumi Urania; perché bisogna
allegare, a ciascun racconto inviato, un certificato di
partecipazione. E il certificato è quel triangolino che sta in fondo
al libro e dimostra che l’hai acquistato.
Comprai
tutto quello che mi capitava a tiro: i Capolavori, Millemondi, Jumbo
e Urania Collezione. Ricordo ancora la faccia di un giornalaio che,
con gli occhi sgranati, mi chiese se davvero volevo comprare un
Urania. Al mio sì si affrettò a prendere nota dell’acquisto per
comunicarlo non compresi bene a chi.
Alla
fine stampai i racconti in duplice copia, appiccicai i triangolini
che convalidavano i miei acquisti, preparai il plico e attesi.
Trascorse
il periodo in cui di solito usciva il Premio e, preoccupato per il
ritardo, telefonai alla redazione. Una voce femminile mi rispose
telegrafica che il Premio Urania Stella Doppia non si faceva più.
Restai profondamente deluso, ringraziai con voce fioca e leggermente
fantozziana e riattaccai.
Anche
per gli altri dodici racconti che partecipavano a concorsi minori le
cose non andarono affatto bene:
Litigai
con gli amici di Yavin 4 ed
ero in torto, non avevo letto il regolamento di Space
Prophecies
che prevedeva la cessione dei diritti di pubblicazione per tre anni.
Quindi tre racconti me li giocai per colpa del mio caratteraccio!
Litigai pure con Alessandro Girola, perché sosteneva che il mio
racconto distopico che partecipava al suo concorso sulla fantascienza
distopica non era distopico.
Forse
la selezione più seria era quella di Esescifi,
ma spedii loro il racconto peggiore tra quelli che mi restavano e fui
scartato meritatamente. Nell’edizione successiva, per ripicca,
inviai un racconto provocatorio con la frase “il mattino ha l’oro
in bocca” ripetuta cento volte (come scriveva Jack Nicholson in
Shining). Non vado fiero di
quella bravata.
Dunque,
ero convinto di fare il pescatore che tira su la rete e conta i
pesci, ma nella mia non s’impigliò nessun pesce. Tentai allora la
strada diretta proponendo alla piccola casa editrice con la quale
collaboravo i ventiquattro racconti in blocco. Successe qualcosa che
ancora oggi non mi spiego e per quel qualcosa ho chiuso per sempre
un’amicizia.
Autopubblicai
l’antologia nello stesso anno in cui mi ero tanto affannato tra
concorsi e case editrici. E la mia piccola soddisfazione sono stati
tutti quelli che l’hanno letta affermando di essersi
divertiti. Spero siano stati sinceri...
E
oggi? Ho ancora un diario sul quale scrivere, cosa si può desiderare
di più?
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