mercoledì 24 febbraio 2021

Proximity

 

Di film sui rapimenti alieni ne hanno fatti parecchi. Uno su tutti fu Bagliori nel buio, del 1993. Ci fu pure la famosa serie britannica UFO (1970), con gli extraterrestri che rapivano le persone per espiantarne gli organi e l’organizzazione SHADO che abbatteva dischi volanti come fossero piccioni.

Ma la domanda è: ha senso un film per ufologi nel 2020? Perché Proximity questo è. Non è certo Incontri ravvicinati del terzo tipo, anche se forse avrebbe voluto esserlo.

Come dal perfetto manuale ufologico i rapiti hanno un buco di qualche giorno nella memoria, il che suggerisce chissà quale mefistofelico esperimento perpetrato sulla loro persona dagli alieni. Poi, col proseguire della pellicola, si scopre che ogni rapito ha ricevuto un dono dalle stelle (e ti pareva?).

Ma chi sono i visitatori? Ovvio! Chi potevano essere se non i famosi Grigi?

Nudi, perché il progredire della tecnologia è inversamente proporzionale all’industria tessile. Oppure perché sono esibizionisti ansiosi di mostrare le loro chiappe in tutta la galassia, o semplicemente perché chi si inventò il loro avvistamento li raccontò così.

Potrebbe, un extraterrestre, atterrare su un pianeta per lui così alieno come la Terra senza indossare una tuta spaziale? Potrebbe respirare la nostra stessa aria senza essere ucciso dai nostri batteri come capitò ai Marziani di H. G. Wells nel suo La guerra dei mondi? Beh, il Grigio può, non è mica un Marziano!

Volendo, una spiegazione si trova. In fondo, svolazzando nei cieli del mondo dal 1961, ne hanno avuto di tempo per analizzare la nostra aria e isolare gli eventuali agenti patogeni letali per il loro organismo. Quindi, forse, sono felicemente vaccinati. Oppure indossano una tutina trasparente avanzatissima, che li isola da qualsiasi pericolo e produce una miscela di gas del loro pianeta d’origine. Restano comunque esibizionisti, su questo non ci sono dubbi.

Nel film ci sono anche i Men in Black, rigorosamente vestiti di nero, che sparano raggi laser come Han Solo, affiancati da androidi con la medesima mira degli Stormtrooper. Però non sono MIB, sono una unità speciale e segreta dell’ONU (Will Smith sta ancora ridendo). In ogni caso gli androidi non fanno niente per passare inosservati, non sono neppure camuffati, per cui non si capisce come l’unità segreta riesca a rimanere segreta fino alla fine del film.

Nel finale si scopre finalmente perché i Grigi hanno giocato a nascondino dagli anni ‘60 fino a oggi evitando l’arrivo in pompa magna come fecero i Visitors o gli alieni di Independence Day. Era l’uovo di Colombo: rapivano le persone cercando un tizio, un certo Gesù che guarda caso tiene insieme l’intero Universo. Averlo saputo, magari sarebbe bastato indicar loro il Vaticano, così da prendere appuntamento col Papa e risolvere la situazione in fretta.

martedì 16 febbraio 2021

Raised by Wolves – Una nuova umanità


 

Intanto perché questa mania di mettere sottotitoli a cavolo? La traduzione è “Allevato dai lupi”, sarebbe stato perfetto così!

Già dopo i primi due episodi il web si è riempito di articoli che parlano molto di Ridley Scott, del suo Alien, del suo Blade Runner, del suo modo di presentarci gli androidi. Ma fornendo notizie esigue su Raised by Wolves, visto che la serie viene stillata poco per volta, episodio dopo episodio, come è giusto che sia. Comunque il titolo originale è riferito a Campion, il più giovane dei sei bambini nati da embrioni portati su Kepler-22b e l’unico sopravvissuto. Per capire se i lupi siano gli androidi degli atei o la comunità integralista mitraica, dovremo attendere gli eventi delle prossime puntate.

Raised by Wolves è una buona serie, con molti spunti originali, ed è fantascienza pura. Come tutte le serie di questi anni è stata prodotta una prima stagione da dieci episodi e, se gli ascolti saranno alti, avremo altre stagioni. Spero vivamente in un epilogo, perché preferirei non arrivare all’undicesima stagione come X-Files!

Aaron Guzikowski ha pensato i suoi androidi lontanissimi da quelli di Isaac Asimov: privi delle tre leggi della robotica, molto simili ai sintetici di Alien e ai replicanti di Blade Runner. Inoltre li ha differenziati per scopo: Madre è un potente androide da guerra, riprogrammato per crescere bambini umani sul pianeta vergine Kepler-22b e fondare una colonia atea. Padre, invece, è un Androide di servizio riprogrammato per proteggere e sostentare la colonia.

Quello che colpisce fin dal primo episodio è la guerra umana tra gli Atei e i Mitraici. Entrambe le fazioni fanno uso dei robot ma non sono le macchine a minacciare l’umanità, come accadeva in Terminator. Sappiamo infatti che l’umanità è in grado di minacciarsi da sola fin dall’alba dei tempi.

Non so quale spiegazione abbia preparato Guzikowski per rendere credibile l’ascesa del culto di Mitra a religione predominante nel mondo. Probabilmente l’anno 2145 con la Terra devastata dalla guerra non è “Dopo Cristo”. Piuttosto, la vicenda, potrebbe essere ambientata in un universo alternativo in cui l’Imperatore Costantino, al momento di scegliere la nuova religione per l’Impero, ha optato per Mitra invece che per il Cristianesimo. Quindi saremmo 2145 anni dopo l’avvento di Mitra in un Impero Romano forse mai crollato. O forse no.

Le uniformi dei soldati mitraici sono bianche col sole rosso stampato sul petto, indossano mantelli, guanti e spallacci, portano la spada alla cintura e finiscono per risultare simili, fatta eccezione per la fondina con la pistola, agli antichi cavalieri templari cristiani. Ma anche questo è in linea col presupposto ucronico della serie: se Mitra avesse preso il posto di Cristo non ci sarebbero stati cavalieri nel medioevo? È probabile che ci sarebbero stati comunque, sotto un diverso dio. Visto che la società feudale non è legata alla religione cristiana. In Giappone, per esempio, c’era una società molto simile senza neppure un prete in giro.

Il terzo e quarto episodio risultano meno incisivi dei primi due, infatti Luke Scott subentra a Ridley Scott alla regia e si vede. Tuttavia il livello è ancora alto per un prodotto televisivo. Inoltre arrivano dei colpi di scena: il pianeta non è disabitato, animali predatori attaccano la colonia e ci sono indizi di una possibile civiltà aliena che forse resta nascosta per studiare i nuovi venuti. E qui tornano in mente Le cronache marziane di Ray Bradbury e Planeta bur di Pavel Klushantsev.

A questo punto non resta che proseguire nella visione per esplorare Kepler-22b e scoprirne i segreti. Con l’aiuto di Sol, s’intende!

domenica 7 febbraio 2021

Vivarium

 


Forse il regista, Lorcan Finnegan, avrebbe potuto spiegare chi sono i "Martin", qual è il loro obiettivo e soprattutto a che serve farli crescere dagli umani se di umano non hanno niente! E non è che, crescendo accanto agli umani, migliorano. Quindi, tanto valeva farli crescere dal Martin che avrebbero dovuto sostituire. A proposito: vivono talmente poco che la vedo dura un’invasione del pianeta Terra fatta così.

Oppure tutto fa parte di un piano: se non spieghi niente catturi l’attenzione dello spettatore e se finisci il film spiegando ancora meno ti prepari la strada per un sequel e magari pure per una trilogia!

Così fece Patrick McGoohan ideando la serie TV Il Prigioniero, nella quale interpretò il ruolo del protagonista. Come il quartiere Yonder di Vivarium, anche il Villaggio della serie Il Prigioniero è un luogo perfetto e per questo inquietante. Le differenze tra le due produzioni ci sono ma l’atmosfera di angoscia provocata dal non sapere perché tutto succede e l’impossibilità di fuggire le rendono in qualche modo simili. Qualcosa di simile si respirava anche nel racconto Il gioco della vita, di Chad Oliver, contenuto nell’antologia Quasi Umani del 1965. Il racconto ha basi più solide di Vivarium, col computer che cerca di indurre le coppie alla riproduzione utilizzando mezzi talmente opprimenti da ottenere l’effetto contrario. Forse sarebbe il momento di trarne un film.

Tornando all’astuzia di non spiegare, funziona finché non arrivano le spiegazioni. McGoohan, per esempio, fu obbligato a fornirne una per terminare in fretta la serie, causa calo di ascolti. Non tirò fuori dal cassetto nessun colpo di genio ed ebbe molti problemi con i fans inferociti che circondarono la sua villa in montagna, con lui all’interno.

Altre astuzie utilizzate in Vivarium sono l’elemento horror, cioè rendere inumano chi si presenta di aspetto umano con urla, grugniti, galoppate a quattro zampe e poi far finire estremamente male il film. Questo mix funzionò alla grande in Terrore dallo spazio profondo, il miglior remake in assoluto dell’Invasione degli ultracorpi. Però di spiegazioni ne arrivarono eccome. Gli alieni vincevano, ma la trama non aveva falle. In Vivarium, invece, qualcosa scricchiola: perché i mostri o i demoni o forse gli alieni hanno bisogno di balie umane per i loro piccoli? Guardando il film si ha l’impressione che non ne abbiano bisogno. Sembrano più dei sadici appassionati al gioco del gatto col topo.

Il film è stato presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes e ha ricevuto moltissime critiche positive. Spero sia andato bene anche con gli incassi, così faranno un sequel e avremo qualche spiegazione in più. Anche una bella rivincita sui mostri sarebbe gradita, magari con l’arrivo a Yonder di una coppia di psicopatici. Un bel duello Male contro Male, alla Quentin Tarantino è senz’altro quello che ci vuole per fermare l'invasione.

lunedì 1 febbraio 2021

Il trasferimento di coscienza



Replicas è un ottimo film di fantascienza che affronta due tra i più delicati argomenti fortunatamente non ancora risolti dalla Scienza: il trasferimento della coscienza da un corpo ad un altro e la clonazione umana.

Parlandone superficialmente si potrebbe dire che miglioreranno l’umanità, salveranno molte vite e permetteranno il raggiungimento dell’immortalità.

Parlando da religiosi si condannano senza appello come opere del demonio, violenze alla Natura, azioni immonde che scateneranno l’ira di Dio.

 


Il protagonista del film è uno scienziato impegnato a trasferire la coscienza (per gli atei) o l’anima (per i credenti) dal corpo dei soldati morti al cervello sintetico dei robot. Non è per niente un’idea originale, lo faceva già il dottor Victor Frankenstein nel romanzo di Mary Shelley e nei molti film a esso ispirati (compresa la spassosa parodia di Mel Brooks).

Certo, il dottore trapiantava cervelli nel cranio di mostri costruiti con pezzi di cadaveri rubati al cimitero, fuori da ogni logica scientifica, ma l’idea di base, se si guarda dietro alla “fuffa orroristica”, è la medesima.

 


Tornando a Replicas, lo scienziato William Foster perde la moglie e i tre figli in un terribile incidente stradale. Preso dalla disperazione decide di resuscitarli sfruttando il progetto a cui sta lavorando. Raccoglie il loro materiale genetico e memorizza le loro coscienze, quindi ruba alcuni cloni alla Bionyne Corporation e si mette all’opera.

Il trasferimento della coscienza umana da un corpo all’altro fu brillantemente esplorato dallo scrittore statunitense Robert Sheckley nel suo romanzo Anonima aldilà (Immortality Inc.), implicando tutta una serie di varianti: da chi vende il proprio corpo per aiutare finanziariamente i familiari a chi ne è privato per azione criminale. E poi da chi si impossessa di quel corpo trasferendoci la propria coscienza a suon di dollari. L’unica assenza dall’opera di Sheckley sono i cloni e questo lo rende ancora più ruvido e amaro.

In sostanza, la possibilità da parte della Scienza, di clonare stabilmente l’uomo e trasferirvi la coscienza da un altro corpo permetterebbe ai più ricchi di vivere per sempre. La bellissima poesia ‘A livella, di Totò, sarebbe annientata e il mondo si dividerebbe in due caste: gli Immortali e i Temporanei.

L’utilizzo dei cloni apre altri scenari agghiaccianti che nel film sono appena sfiorati. L’esempio più spettacolare sono i Cloni di Star Wars, un esercito composto da persone identiche, con una personalità pianificata in fabbrica, incapaci di disobbedire agli ordini e probabilmente intelligenti appena quando basta per compiere le azioni di guerra. Appunto uno scenario agghiacciante!

Tutto sommato, elencate queste considerazioni, Replicas resta un bel film perché prende un’altra via, drammatizza gli affetti familiari, tiene alta la suspense e sbocca in un inaspettato lieto fine.

Il film ha ricevuto recensioni molto negative dalla critica, soprattutto riguardo alla sceneggiatura, agli errori nella trama e alla recitazione, risultando anche un flop commerciale. Eppure, chi se ne frega! A me è piaciuto, quindi consiglio di vedere prima di giudicare.