lunedì 13 dicembre 2021

Emergi Tartesso!

 

Per gli amanti delle opere di Howard Phillips Lovecraft, gli scrittori Vito Introna e Francesca Panzacchi raccontano lo spettacolare ritorno di Cthulhu.

 

 

Zoltan Czibor è il classico ungherese antisovietico emigrato dopo la caduta del muro che detesta Lovecraft e i suoi scritti. Dopo aver visto strane forme oscure nel Guadalquivir, una adepta di Palotas levitare e aver sognato R’lyeh e altre mostruose città dalla geometria non euclidea, sarà incaricato da quella medesima congrega di assistere, quale interprete di Palotas, all’emersione di Tartesso, altra città devota ai Grandi Antichi. Un'avventura che dovrà fare i conti con la realtà… 

 

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di seguito un breve estratto:

Ortro abbaiava furioso, le due teste mostravano file di denti affilati e sbavavano rabbiose all’indirizzo di un essere emerso sulla battigia. Il loppide non aveva paura, ma presto dalle onde si stagliarono altri busti verdastri, erano figure grottesche e imponenti, percepì un pericolo. Che Poseidone fosse impazzito?

L’oceano Occidentale non aveva mai ospitato simili esseri, titani rospiformi grandi forse metà del suo padrone, forse meno.

Drizzò il pelo, un mostro stava provando a inerpicarsi sulla scogliera.

Ortro stavolta non ebbe indugi e si lanciò all’attacco, superò lo sperone roccioso e impattò l’orrenda creatura.

L’essere, colto di sorpresa, lo serrò fra braccia possenti e viscide, ma lasciò la gola indifesa e le zanne del canide affondarono nella sua putrida carne grassa e insapore. Ortro sentì il freddo sangue dell’essere rifluirgli in bocca, la morsa si allentò, riuscì a scrollarselo di dosso e a ritrarsi.

Il mostro collassò malamente in acqua, giacque immobile sul fondale. Intorno al cadavere si allargò una macchia scura e maleodorante, terribili miasmi simili a tombe scoperchiate.

Ma gli altri esseri non si spaventarono e anzi, come in onore di un mutuo accordo, cominciarono a risalire fra lidi e scogli.

Ortro non conosceva la paura, nemmeno il suo padrone poteva fargli del male, ma era pur sempre consapevole di essere solo contro almeno due dozzine di creature abissali.

Si volse a cercare i buoi, la mandria per fortuna era in rotta verso le stalle, l’odore dei mostri aveva terrorizzato i capi.

Gli invasori camminavano a fatica, strascicando i passi su corte zampe terminanti in artigli palmati, piedi da lucertola all’apparenza prensili.

No, non erano forti sulla terraferma. Ma non poteva sbranarli tutti.

L’urlo e il richiamo del suo padrone lo fecero voltare e correre nella macchia, rinunciando al combattimento.

Gerione si levava molto oltre le querce e i frassini, le sue enormi gambe sostenevano tre busti, tre teste e sei braccia, ciascuna mano destra impugnava uno xiphos, ciascuna mano sinistra l’hoplon.

Gerione, re di Tartesso, stava accorrendo e il fido Ortro, rincuorato, di nuovo si precipitò sulla battigia per azzannare il mostro più vicino, sventrandolo in pochi istanti.

Ma le teste barbute di Gerione se possibile erano ancor più furiose delle sue, gli sguardi del divino re avrebbero terrorizzato perfino il grande Eracle.

La sarissa calò rapida a infilzare tre piscidi, poi il titano si avventò sugli invasori superstiti, piccoli e deboli al suo cospetto.

Gerione affondò gli xiphoi in quei corpi mollicci e repellenti, scrollò a calci due mostri avvinti ai suoi schinieri, ruggì dalla rabbia quando un essere più grande degli altri gli graffiò profondamente una coscia nuda e lo tagliò in due parti, lasciando che le sue interiora percolassero sangue bruno verso riva.

In pochi minuti nessun mostro era in piedi e Ortro provò ad assaggiare quelle interiora mortifere: vomitevoli, immangiabili.

Gerione lanciò ancora il suo urlo all’orizzonte, sfidando altri esseri a invadere la sua isola.

Un moto ondoso scosse il mare calmo, alcune creature nuotarono rapide al largo, terrorizzate dalla sorte dei loro compagni.

Un gorgo sorto all’improvviso prese a implodere convulso, tutto il mare parve precipitare nei suoi stessi abissi.

Un’enorme testa di piovra emerse dal vortice e l’immenso corpo da rettile alato si stagliò sopra tutto e tutti.

Ortro solo a vedere le dimensioni di quell’essere guaì di terrore e fuggì disperato verso gli ovili.

Ma Gerione, raccolta la sarissa, la scagliò verso il mostro, centrandolo in pieno cranio.

Si udì uno scoppio simile al rompersi di una vescica. Una densissima nebbia grigioverde coprì tutta Tartesso e l’oceano circostante.

Il Mostro, colpito, non era morto e le sue membra distese si stavano ricomponendo.

Il grande Cthulhu avrebbe preso Tartesso.

Ma Gerione non era disposto a cederla.

Zoltan e Concesiòn si risvegliarono in secca, sporchi di fango e intorpiditi.

Lui respirò a fondo, cercando di ritrovare almeno in parte il proprio equilibrio mentale.

Aveva un mal di testa terribile e gli occhi vistosamente arrossati.

La donna faticò a rimettersi in piedi, le gambe le facevano male ed erano piene di grossi lividi.

L’intero gruppo di seguaci fu invece risucchiato verso la città isola, in balia del mostro che iniziò a divorarli uno alla volta.

Urla strazianti echeggiavano nell’aria, eppure gli altri adepti non tentavano di scappare, molti di loro al contrario nuotavano estasiati verso Cthulhu che allungava i suoi mostruosi tentacoli sollevandoli a uno a uno.

Anche il santone fu divorato, la bestia gli staccò la testa di netto con un morso. Il resto del corpo continuò a dimenarsi in una danza macabra e surreale.

Zoltan e Concesiòn assistettero in silenzio a quello spettacolo aberrante, paralizzati dallo stupore e dalla paura.

Dalla città emersa intanto cominciano ad aprirsi portali e cunicoli e altri esseri, minuscoli al confronto di Cthulhu, si tuffavano rapidamente in mare puntando decisi a riva.

Zoltan, con la forza della disperazione, riuscì a scuotere Concesiòn e, sciaguattando nel fango, cercarono ancora riparo, nel folto della foresta.

Voltandosi di scatto Zoltan notò una delle creature acquatiche giunte a riva.

Erano verdi e vagamente umanoidi, non possedevano i tentacoli di Cthulu, ma emanavano lo stesso identico fetore cadaverico.

Zoltan trattenne a stento un conato di vomito.

Quelle creature erano Dagon, cacciatori di balene.

Gli stessi che Gerione e Ortro avevano respinto, per lo meno nei suoi sogni.

Prima di rituffarsi in mare uno dei mostri si drizzò in posizione eretta.

Era alto almeno quaranta metri.

Il mostro scrutò l’ambiente, poi esitò, aveva l’acqua all’altezza delle caviglie e tentò di muovere verso la terraferma.

Zoltan non stette ad attendere oltre, tappò la bocca dell’inorridita campagna di sventura e insieme si precipitarono nel fitto del bosco. Come se gli alberi avessero potuto proteggerli da quell’ammasso di putrida carne verdastra, grande più di dieci elefanti.

La terra tremò, il mostro sfidava la sua natura anfibia e avanzava a passi incerti verso di loro, travolgendo querce e frassini.

A quel punto Zoltan credette di impazzire, le urla disperate dei folli presi da Cthulhu arrivavano fin lì, la massa immensa e i miasmi del Dagon incombevano su loro due e la salvezza, al di là del colle, era troppo lontana per le loro misere gambe. Il cuore cessò per un istante di battere, rovinò di faccia nel terreno viscido. Concesiòn urlò di terrore, segnalando la loro presenza all’incubo abissale.

Ma Zoltan, del tutto incosciente, non vide Dagon voltarsi e rientrare precipitosamente in acqua. Non vide il folle donnino inerpicarsi sul clivo e finalmente correre a perdifiato verso l’autobus.

Non vide il grande Cthulhu ergersi del tutto e sprofondare in acqua, né seppe che era riemerso a qualche centinaio di metri dalla riva col mare alla cintola, alcuni suoi devoti stretti fra i tentacoli, altri che annaspavano molto più indietro.

Non vide un enorme braccio molle tendersi e puntare diritto verso la collina, superarla e rientrare trascinando al suolo ciò che restava del loro autobus. Il tentacolo nell’accorciarsi arò il terreno con la carcassa dell’autocarro, generando un profondo solco e abbattendo decine di alberi.

Zoltan non vide nemmeno il mostro immergersi e tornare rapido nella sua città, quella Tartesso immensa e mostruosa che considerava la sua seconda casa.

Non vide Cthulhu affrontare l’umanoide tricefalo grande quasi quanto lui, Gerione, fondatore di Tartesso e suo primo, mitico re.

I suoi occhi erano divenuti simili a cannocchiali, sapeva di essere a molte miglia marine di distanza, eppure coglieva ogni particolare di quell’assurda lotta fra titani.

Gerione era terribile, i tre corpi fusi nell’ampio bacino erano spaventosi sotto le pesanti corazze di bronzo. Gli elmi, le spade, gli scudi e gli schinieri riflettevano la cupa e sinistra luce verde di Tartesso, mentre avanzavano verso il centro della città. Cthulhu riemerse da un accesso sotterraneo e spalancato il portale che lo ritraeva, in tutto simile a quello di R’lyeh, si lanciò furente contro l’avversario. Di nuovo la sarissa lunga più di cento cubiti lo trafisse, il grande antico non parve risentirne e i suoi tentacoli avvilupparono il più piccolo Gerione. Ma il re non voleva darsi vinto e pur succhiato da mille ventose amputò alcune molli braccia, cercando di portarsi a tiro di spada.

Ortro ruggì alle spalle di Cthulu e vinto il ribrezzo saltò, riuscendo ad azzannargli una coscia glabra.

Stavolta il tentacolo calò come una frusta, sbalzando il canide contro una costruzione in rovina. Un lungo guaito di dolore, udibile a chilometri di distanza, accompagnò la morte del fido Ortro.

Gerione a quel punto raddoppiò gli sforzi, urlò al cielo qualcosa di incomprensibile ma che forse richiamava delle sonorità omeriche.

Apollo forse udì o forse ne fu disturbato, fatto sta che la terra prese a tremare con una tale violenza da far crollare gran parte delle torri, dei ponti convessi e degli edifici deformi di Tartesso, mentre i due avversari continuavano ad avvinghiarsi ferocemente.

Il terremoto e lo tsunami che seguì mandarono il povero Zoltan a gambe per aria, tentò di rialzarsi ma la fanghiglia alta fino alla vita ostacolò ogni suo tentativo di mettersi in salvo.

Un ultimo scrosciare di pioggia e fulmini precedette una nuova ondata di marea lurida che travolse Zoltan, risucchiando in mare centinaia di alberi divelti.

Tartesso tornò a sprofondare negli abissi, recando seco i due furenti titani avvinghiati su rovine, pinnacoli collassati e un’infinità di piscidi adoranti.

 

 

sabato 4 dicembre 2021

Cowboy Bepop


 

Non sarebbe neppure troppo male come serie Tv, tuttavia è intrisa di cartone animato giapponese. Lo so, si chiamano anime e sono strettamente collegati ai manga… ma chi se ne frega! Ho amato Goldrake da bambino, non sono più un bambino e riconosco che Goldrake resta un prodotto da bambini. Molti degli anime moderni sono violenti, inadatti ai bambini (anche se ricordo dicevano la stessa cosa di Goldrake negli anni ‘70). Tuttavia non è solo la violenza a determinare se un’opera sia adulta. Secondo me non deve esserci eccessiva semplificazione negli eventi e invece in Cowboy Bepop accade proprio questo. Probabilmente succedeva anche nella serie a cartoni, che non ho visto… forse Netflix è stata troppo fedele all’originale.

Qualcuno può dire che non si può alzare il ditino senza aver visto l’originale, c’è sempre qualcuno che lo dice. E io sto alzando il ditino.

Avendo interrotto la visione dei cartoni giapponesi per sopraggiunta maggiore età ormai dal lontanissimo 1988, noto alcune similitudini di Cowboy Bepop solo in Lupin III. Di sicuro ci saranno stati altri prodotti nipponici molto più simili di cui ignoro l’esistenza, però l’unico punto di forza della serie resta, secondo me, il legame tra i soci contornato da una buona dose di ironia, che appunto c’era anche in Lupin III.

Qualcosa di simile si respira nei fumetti di Burton & Cyb di Segura e Ortez con le dovute differenze, visto che qui si tratta di truffatori e invece in Cowboy Bepop sono cacciatori di taglie e in Lupin III sono ladri.

Le astronavi e l’ambientazione fantascientifica sono spettacolari. Forse ci sarebbe stata bene qualche pennellata rètro alla Tekkaman, tanto il semiserio era già stato sdoganato alla grande.

Il primo dei dieci episodi è il migliore, ha un ritmo frenetico e sorprende con buone trovate. La qualità cala nei successivi che comunque restano di ottima fattura per effetti speciali e accuratezza dei dettagli. Gli ultimi tre episodi sono interessanti, svelano l’antefatto e riescono a catturare l’attenzione perduta appena qualche episodio prima… ma il finale è diabolicamente da cartone e piuttosto inverosimile.

mercoledì 1 dicembre 2021

Grosso guaio sulla Luna - coming soon

 


L’ultimo racconto che ho scritto è, come sempre, di genere fantascientifico e contiene alcune citazioni più o meno nascoste.

La prima sta nel titolo: Grosso guaio sulla Luna. A sentirlo non può non tornare in mente Jack Burton, il suo camion e l’avventura vissuta e combattuta insieme a Wang Chi nel film Grosso guaio a Chinatown, di John Carpenter. E guarda caso i protagonisti del mio racconto sono il detective americano Steve Maddox, omaggio al Comandante di Città Luna nel mai realizzato UFO 1999, e il funzionario cinese Bai Qing. Due sbirri colleghi nemici destinati a divenire, dopo la tempesta di avvenimenti che travolgerà la Luna, amici.

 


La seconda citazione è in realtà un bouchet di citazioni: nel 2073 la base lunare internazionale Selene è guidata dal comandante Antonio Cellini. Uno dei tecnici della manutenzione si chiama Anton Zoref e il lander Vector, che permette il pendolarismo dei minatori dalla base alla stazione di estrazione di Elio-3, somiglia a una Maxi Aquila.

I fans di Spazio 1999 sanno benissimo chi fossero i personaggi secondari suddetti e, naturalmente, sanno tutto sulle Aquila (veicoli lunari, non certo pennuti!). Tuttavia, visto che si tratta di un’ambientazione, di un affresco per lo sfondo, qualcosa di lontanamente simile ma sostanzialmente diverso (il bouchet intendo), non pregiudica la comprensione della trama da parte dei lettori più giovani, assolutamente ignari dell’incredibile odissea di John Koenig, della dottoressa Helen Russell e degli altri alphani naufraghi tra le stelle.

 


Lo shuttle di collegamento, in arrivo dalla stazione spaziale è il Buran russo, ispirato al vero Buran sovietico, risposta mai realizzata alla famosa flotta di Space Shuttle statunitensi.

Due parole sulla trama? Certo, ma proprio due:

Tutto inizia come un giallo, infatti i protagonisti sono chiamati a indagare su una misteriosa catena di omicidi. Successivamente la vicenda prende una piega inaspettata, invadendo il campo del soprannaturale e del fanatismo.

 



Ho scomodato nientepopodimenoche Ashtar Sheran, più soprannaturale di così credo sia impossibile! Il controverso personaggio è considerato vero e vicinissimo per alcuni e colossale panzana per altri. Tuttavia, ai fini del racconto e della fantasia che ho messo per scriverlo, poco importa se abbiano ragione i primi o i secondi. Infatti si può romanzare un fatto vero e quindi renderlo in qualche modo più falso rispetto alla realtà, oppure si può fantasticare su una favola e tentare di renderla apparentemente più realistica. Io ci ho provato. Non so bene cosa ne sia venuto fuori, spero solo che nessuno si ritenga offeso dalle mie inesattezze e che la lettura sia presa semplicemente come un divertimento.

Buona Fantascienza a tutti!

 

Il racconto dovrebbe entrare in un'antologia che attualmente

è soltanto nella mia testa, mentre i libri su Ashtar Sheran imperano su Amazon da anni...  



lunedì 1 novembre 2021

Aniara e Tides



 

Aniara e Tides – The Colony, due film europei con lo stesso tema di fondo: aveva ragione Greta Thunberg, abbiamo devastato la Terra e dovremo traslocare su un altro pianeta.


Il primo è tratto (male) dal poema fantascientifico del Premio Nobel Harry Martinson e racconta il tragico inizio dell’esodo dei terrestri verso Marte. La gigantesca astronave Aniara, con un interessante design orizzontale che riproduce una città navigante tra le stelle, devia la rotta a causa di un incidente e i danni subiti le impediscono di correggerla. Ridotta a un’isola di ferro errante nel cosmo provoca la perdita di ogni speranza tra i passeggeri, che si abbandonano a violenze, atti di disperazione, culti religiosi improvvisati e suicidi.

Il viaggio dei coloni sopravvissuti alla fine del pianeta Terra è rappresentato come una crociera su un’astronave lussuosa, i cui interni sono identici a quelli di una megalopoli. Questo stratagemma è servito senz’altro a risparmiare sulle scenografie, infatti si riconoscono benissimo: l’interno di un aeroporto, un centro commerciale, una sala congressi per i discorsi del Capitano ai passeggeri e addirittura l’interno di una vera piscina per la piscina dell’astronave.

Martinson, nel suo poema del 1956, sublima in un ambiente fantascientifico le tensioni e i timori dell’uomo tra la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda. Il film, invece, sublima ben poco. La sventata collisione con l’asteroide Hondo e l’espulsione dal sistema solare poi, sarebbero state una ghiotta occasione di spettacolarità che si è preferito evitare.

Molto più coinvolgente, anche se un tantino lento all’inizio, è invece Tides – The Colony. Dopo aver reso inabitabile la Terra, la parte più ricca dell’umanità si è trasferita sul pianeta Kepler-209. Purtroppo, ma anche come giusta punizione per aver abbandonato i loro simili a un destino crudele, gli umani sbarcati su Kepler vengono colpiti da infertilità. Quindi, per evitare l’estinzione, sono costretti a organizzare due missioni di ritorno sulla Terra.

Della prima missione si perde ogni contatto. Per questo, la seconda missione, ha lo scopo di scoprire cosa sia successo alla prima e eventualmente unire le forze nel caso che qualcuno sia sopravvissuto.

In realtà la Terra non è del tutto inabitabile. È post apocalittica con l’ecosistema compromesso, ma gli esseri umani vivono ancora in piccoli gruppi sfruttando i resti della tecnologia antecedente (una rappresentazione molto in stile Mad Max).

A differenza di Aniara, il film prende una piega inaspettata, producendo anche una buona dose d’azione, mentre disvela cos’abbia fatto la prima missione una volta atterrata e piazzata la base all’interno del relitto di una nave. L’astronauta Blake dovrà scegliere in fretta da che parte stare.

 

giovedì 7 ottobre 2021

Foundation, la serie basata sui romanzi di Isaac Asimov



Foundation è ben realizzata dal punto di vista degli effetti speciali e della ricostruzione scenografica. Le astronavi, i mondi e le creature aliene che affollano gli episodi non hanno niente da invidiare ai kolossal di fantascienza passati in sala in questi ultimi anni. Tuttavia, lo spettatore appassionato delle opere asimoviane ha l’impressione di vedere un’altra cosa rispetto a ciò che aveva letto, magari molti anni prima.

In parte è così: l’aumento dell’azione, l’inserimento degli intrecci amorosi, l’ampio spazio dato ai personaggi imperiali e l’introduzione di qualche nuovo personaggio provocano questo effetto. Ma la trama originale, per fortuna, è rimasta pressoché intatta.

Hari Seldon, utilizzando la Psicostoria, predice il crollo dell’Impero in almeno cinquecento anni. Propone all’Imperatore la costruzione di una Fondazione per salvare la cultura dell’umanità e ridurre il più possibile i secoli di barbarie che seguiranno. Viene esiliato sul lontanissimo pianeta Terminus insieme al suo collaboratore Dornick e a tutti gli uomini e le donne scelti per la missione. Naturalmente Seldon aveva previsto anche questo e voleva assolutamente la sua Fondazione distante da Trantor.

Quello che si nota subito, visionando la serie, è un forte rafforzamento dell’elemento femminile rispetto al cartaceo. Forse perché la produttrice esecutiva è Robyn Asimov, la figlia di Isaac Asimov. Oppure solo per marcare le differenze tra i romanzi e la loro trasposizione sul piccolo schermo.

Il primo personaggio a cambiare sesso è il matematico Gaal Dornick, che da uomo nel romanzo diventa, nella serie, una giovane ragazza. Poi tocca al robot R. Daneel Olivaw, presente sia nel Ciclo dei Robot che in quello delle Fondazioni, qui eminenza grigia dell’Imperatore col nome di Eto Demerzel e l’aspetto di una donna. Ma il trauma più grave, per chi lesse i libri nel lontano 1987 come me per esempio, è il personaggio del sindaco di Terminus Salvor Hardin. Nella serie Apple diventa il guardiano Salvor, naturalmente donna e per nulla riluttante all’uso della violenza. Infatti gira sempre con un megafucile a tracolla! Le sorprese non finiscono qui, visto che il suo boyfriend Hugo, pilota di una nave da trasporto e commerciante intergalattico, ricorda in qualche modo Han Solo (soprattutto quando regala ai bambini della Fondazione la cioccolata corelliana). A proposito: la famosa frase di Salvor «La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci» la pronuncia suo padre Abbas nel quarto episodio.

Un altro dettaglio modificato rispetto ai romanzi è la figura dell’Imperatore. Asimov lo presenta come Linge Chen, ufficialmente il presidente della Sicurezza ed ufficiosamente sovrano assoluto. Nella serie, invece, l’Imperatore Cleon I si clona da migliaia di anni in tre individui che regnano contemporaneamente: Alba (il bambino), Giorno (l’adulto nel pieno della sua fierezza) e Tramonto (il vecchio). L’ottima idea introdotta dagli sceneggiatori va a migliorare la rappresentazione dell’Impero del futuro, tecnologicamente avanzato, con un dominio esteso sull’intera galassia.

Nel corso degli episodi vengono evidenziate le differenze tra le varie copie dell’Imperatore. Le scelte considerate giuste da una copia e sbagliate da un’altra e le aspirazioni della copia in base alla sua età. Non ricordavo un simile approfondimento del Potere Assoluto nei libri e comunque lo trovo molto interessante.

A proposito di differenze: i cloni non possono averne, infatti ci sarà una sorpresa!

Su Terminus torreggia la Volta (il Vault) sospesa a un metro da terra, come il famoso Monolite di 2001: odissea nello spazio. Nessuno, nella Fondazione, sembra sapere che è stata inviata sul pianeta prima dei coloni e perché il suo misterioso campo nullo tiene gli organismi viventi a distanza. Nei libri, il Vault è programmato per aprirsi durante le “Crisi Seldon”, cioè nelle situazioni più critiche della storia galattica e già nel terzo episodio arriva la prima crisi: le astronavi di Anacreon minacciano l’avamposto dell’Impero, soldati armati sbarcano e restano per il momento bloccati dalla barriera energetica che lo circonda.

Le barriere energetiche protettive mi colpirono parecchio leggendo i romanzi. Ricordo ancora (vagamente per la verità) il sovrano barbaro, messo sotto scacco dalla mossa dell’astuto dirigente della Fondazione, che perde la pazienza e cerca di ucciderlo sparandogli con la pistola. Il colpo rimbalza sulla barriera energetica e l’atto di violenza si trasforma in suicidio.

In definitiva non bisogna guardare il serial sfogliando i libri pagina per pagina a caccia di ciò che è stato cambiato. Qualcosa è stato certamente cambiato, per ottenere un buon prodotto televisivo. Ma quello che conta è che lo spirito dell’opera originale c’è ancora tutto, basta togliersi gli occhiali del ricordo.

Grazie, Isaac Asimov

 

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Aggiornamento dopo la visione dell'intera prima stagione:

 

La serie è solo basata sull’opera di Asimov perché riproporla fedelmente non sarebbe stato attuale e avrebbe allontanato i giovani”


Quante stagioni vogliono farci e soprattutto, sono sicuri di riuscire a farle seguendo questa politica? Forse sarebbe stato più saggio fare una stagione per Cronache della galassia, una per Il crollo della galassia centrale e l'una per L'altra faccia della spirale. Tutte e tre più fedeli ai libri e quindi meno "desaurizzate" (come ha scritto qualcuno). I prequel e i sequel si sarebbero potuti utilizzare in un secondo momento realizzando delle serie Spin-off. Il rischio di veder crollare gli ascolti e chiudere dopo un paio di stagioni è alto ed è già successo per altre serie (per esempio Visitors o I Sopravvissuti). Io avrei sfruttato la potenza narrativa dei primi tre romanzi di Asimov, anche perché è vero che Star Trek conta molte serie composte da tante stagioni e seguite da innumerevoli fans... ma è partito da una serie nata per la TV. Qui, invece, per la TV si parte da zero.

 

 

 

 


venerdì 1 ottobre 2021

Alien Thriller

 


 

Mescolare i generi è sempre una bella trovata, perché mescola anche i lettori. E tutte le volte che è stato fatto al cinema ha sorpreso gli spettatori, basta pensare a Alien, a Cowboys & Aliens, a Blade Runner.

Un racconto non è articolato come un romanzo. Di solito è una buona idea narrata senza fronzoli, in poche pagine, con un colpo di scena nel finale. “Però se è di fantascienza non mi piace” dicono in molti, visto che la fantascienza letteraria italiana è per i fanatici del settore. E poi di fantascienza ce n’è già troppa al cinema, con l’ennesimo Star Wars, con Supereroi e Transformers a pioggia, per non parlare delle innumerevoli serie TV su Netflix, Prime, Sky.

Eppure, com’era bello leggere il racconto a fine romanzo in ogni albo Urania. Spesso restavo talmente colpito dall’idea concentrata in quel un pugno di parole, che non la dimenticavo più.

Chissà cosa potrebbe succedere se quell’idea non fosse proprio di fantascienza, se ci fosse una piacevole contaminazione perfetta per spiazzare la lettura e mantenere alta l’attenzione. Per stimolare la curiosità.

L’esperimento di Alien Thriller è mischiare il giallo, il thriller, gli omicidi e la ricerca del colpevole, con l’ignoto venuto dallo spazio. Tre generi diversi shakerati tra loro, senza ghiaccio, tenuti insieme da una buona idea e legati al territorio in cui ha vissuto l’autore.

Noi ce l’abbiamo messa tutta, speriamo ne sia valsa la pena.

 

 

Questi scrittori ci regalano una via di fuga perché, per citare un termine e una figura a loro assai cara, sono i druidi di un impulso ancestrale indispensabile per non impazzire, sono coloro i quali attraverso mondi lontani e umanoidi non sempre amichevoli mettono su carta quell’impulso che, tuttavia, rimane terribilmente umano: la necessità di evadere.”

Marcello Introna

 

Il libro su Amazon

  

Il libro sul sito della Casa Editrice

 

 

Quarta di copertina:
 

Quale assurda anomalia si cela sotto la chiesa madre di Grado? (Lorenzo Davia)

Chi è il folle sadico che tortura il bestiame di un latifondista abruzzese? (Ugo Spezza)

Perché ogni notte qualcuno decanta elegie latine nella campagna barese? (Frank Detari)

Una strana follia collettiva sta divorando uno spento paesino sull'Appennino toscano? (Nicola Pera)

Chi sono quegli strani giustizieri che combattono il crimine intorno a Bologna? (Francesca Panzacchi/Luca Mariani)

Cosa fa impazzire gli androidi nella pacifica Venezia del domani? (Friedrich L. Friede)

Chi ha sgozzato un giovane imbelle in una mite colonia spaziale romana? (Alessandra Leonardi)

Da dove arrivano i cupi assassini che imperversano nella periferia di Roma nord? (Loriana Lucciarini)

Un governo rigorosamente femminista riuscirà ad azzerare il crimine nel bresciano? (Flavio Firmo)

Chi è il folle mangiatore di uomini che terrorizza l'agro toscano? (Marco Alfaroli)

La nuova Rovigo riuscirà a respingere le insidie di una misteriosa razza autoctona? (Marco Milani)

Chi sono quei misteriosi giganti che si aggirano salmodiando fra antichi templi nuragici? (Daniela Piras)

Il distanziamento sociale imposto dalla recrudescenza del Covid basterà a scongiurare i reati sessuali? (Roberta De Tomi)

 


 


venerdì 24 settembre 2021

Serial killer - Vite e crimini di noti assassini seriali

 


Questo libro non è di fantascienza, ma la realtà, qualche volta, supera la fantascienza! Alcune persone nascono con qualcosa di sbagliato in testa e questo è un problema, perché se hai un braccio più corto o ti manca un orecchio si vede. Se invece hai qualcosa di sbagliato in testa e sei pericoloso, può darsi che non si noti.

Il serial killer è fatto così: è pazzo, disumano, non ha nessun freno inibitore. Però è lucido, intelligente e calcolatore. Non ha un movente quando compie i suoi efferati delitti e non ha neppure collegamenti significativi con le vittime, spesso le sceglie a caso. Il serial killer è difficilissimo da prendere, infatti in molti film lascia delle tracce per farsi inseguire dagli investigatori. Gioca una partita a scacchi contro di loro e ogni sua azione è una mossa per vincere. Certo, nei film.

Eppure, la realtà è stata molto peggiore dei film. In questo libro sono raccontate le storie dei serial killer più famosi e sicuramente anche di qualcuno di cui non avevate mai sentito parlare. Leggendo questo libro scoprirete che i mostri esistono e non vengono dallo spazio. Purtroppo, sono umani come noi.

 

Ebook e versione cartacea

 

Il divertente clown che è l'anima di tutte le feste nel quartiere, l'affascinante vicino sempre pronto a darvi una mano, la coscienziosa ostetrica che ha aiutato a nascere centinaia di bambini. Chiunque accanto a voi può essere un assassino seriale. Questi predatori di esseri umani indossano maschere sociali e comportamentali sempre diverse, dietro le quali nascondono ciò che sono in realtà: cannibali, giustizieri, sadici sessuali, Vedove Nere, Angeli della Morte e molto altro. In quest'opera d'analisi e divulgazione, in un drammatico viaggio tra continenti e secoli, potrete conoscere le vite e i crimini di noti serial killer, l'ambiente sociale in cui si mossero e che li influenzò, le loro anormalità e fantasie, il modus operandi nei loro omicidi, le indagini delle forze di polizia e alcuni incredibili insabbiamenti o negligenze delle stesse che ne favorirono l'operato, nonché i processi giudiziari di cui furono oggetto coloro che vennero catturati, a volte pietre miliari nello sviluppo del diritto, in altri casi scandalosi verdetti privi di equità verso le vittime o gli imputati.

 

Serial killer le cui storie sono trattate in questo volume:

    Grembiule di Cuoio, meglio conosciuto come Jack lo Squartatore;

    Vera Renczi, la Signora Barbablù;

    Marcel Petiot;

    Fred e Rosemary West:

    Andrej Romanovic Cikatilo, il Macellaio di Rostov;

    Donato Bilancia, il Killer dei Treni;

    Lavinia Fisher;

    Charles Starkweather, il James Dean assassino;

    Charles Manson;

    John Wayne Gacy, alias Pogo il Clown;

    Luis Alfredo Garavito Cubillos, l'Orco Colombiano;

    Tiago Gomes da Rocha, il Motociclista Assassino;

    Raya e Sakina, le Sorelle Serial Killer;

    Miyuki Ishikawa, l'Ostetrica-demone;

    Tsutomu Miyazaki, l'Otaku Killer;

    Gli assassini di Snowtown

     

    Titolo: Serial killer - Vite e crimini di noti assassini seriali
    Autore: Gianluca Turconi
    Editore: Amazon KDP
    Genere: Saggio true crime
    Edizione: Prima Edizione
    Costo: euro 2.99 in eBook (in offerta lancio a euro 0.99) - euro 8.99 in formato cartaceo

     

 

L'Autore

Gianluca Turconi, nato nel 1972, già più volte finalista al Premio Alien per la narrativa fantascientifica e vincitore della XIII Edizione del Premio Lovecraft per la narrativa fantastica, ha effettuato studi linguistici e giuridici, e attualmente vive e lavora in provincia di Monza e Brianza.

Da quasi un ventennio sostenitore del Software Libero, è stato tra i fondatori del progetto di marketing internazionale, di documentazione e di localizzazione italiana della suite software Apache OpenOffice, nonché curatore del dizionario italiano utilizzato dai programmi software Google Chrome, Mozilla Firefox e Thunderbird.

Nell’ambito della narrativa thriller e fantastica ha pubblicato diverse opere (tra le altre "Codice silenzio", 2Figli del Congo", "La Saga del Pozzo", "Destino criminale", "Tijuana Express", "Protocollo Aurora", "Alveare e dintorni") per case editrici e riviste specializzate nazionali e internazionali (Eterea Comics & Books, Delos Books, Asociación Alfa Eridiani, Axxón, Graphe, DiSalvo, A3, Horror Magazine). Ha inoltre rivestito il ruolo di editor per il romanzo "Figlio della schiera" di Giampietro Stocco (Chinaski) e di selezionatore e coordinatore della traduzione per l’antologia di narrativa fantascientifica latinoamericana "Schegge di futuro" (Letture Fantastiche).

 

 

 

sabato 11 settembre 2021

Voyagers

 


 


Voyagers è uno di quei film che vengono preceduti da un film minore con lo stesso soggetto, come accadde nel lontano 1998 per Armageddon preceduto da Deep Impact e nel 2009 per Avatar preceduto da Battle for Terra (2007). In questo caso il film quasi clone di Voyagers è High Life, del 2018.

Voyagers, a differenza del suo folle clone, è un bel film. Soprattutto è coerente e non lascia punti irrisolti. Parte da una situazione estrema piuttosto abusata nella fantascienza: la Terra ha ormai gli anni contati. Come in Interstellar bisogna trovare un nuovo mondo per la razza umana, ma non c’è nessun Wormhole per spedire gli astronauti dall’altro capo dell’universo in un battito di ciglia. Il pianeta abitabile è stato individuato a una distanza raggiungibile, dall’astronave terrestre che parte per la missione, in 87 anni. Non è possibile ibernare l’equipaggio e quindi, come nel romanzo Universo di Robert A. Heinlein, si susseguiranno alcune generazioni prima di arrivare alla meta.

Il tema affrontato è molto delicato: come si può obbligare un essere umano a vivere l’intera sua esistenza su una zattera di metallo che solca il vuoto assoluto? E come si può sperare che non impazzisca e si riproduca, consapevole che saranno i suoi nipoti a vedere da giovani il nuovo mondo, mentre i suoi figli ci arriveranno vecchi, quando lui sarà morto da tempo?

Non si può se non si è costretti, ma essendo la Terra compromessa, bisogna scegliere se morire tutti o inviare qualcuno a colonizzare un altro mondo in una missione più che disperata. Per cui, per l’istinto di sopravvivenza della specie, si sceglie questa seconda strada.

Purtroppo la natura umana, molto distante dai robot, rende l’individuo facile preda dell’istinto primordiale, vista la situazione critica in cui viene a trovarsi. Quindi la prevaricazione e gli impulsi sessuali sfociano per forza nella violenza, rischiando di far fallire la missione a metà strada se non prima.

A questo punto del film c’è una pianificazione pensata dagli ideatori della missione, che fa subito tornare in mente L’uomo che fuggì dal futuro, di George Lucas. Infatti i ragazzi sull’astronave bevono un liquido blu tutti i giorni, inconsapevoli del suo effetto: inibisce il desiderio sessuale, la ricerca di contatto con gli altri simili e soprattutto gli sbalzi di umore e gli scatti d’ira. Per la riproduzione è prevista la fecondazione in vitro.

Come accadeva per THX 1138, anche per i ragazzi di Voyagers, si delinea una non-vita. E l’unico “anziano”, lo scienziato Richard, salito a bordo dell’astronave con l’obiettivo di proteggere il più possibile le ultime speranze dell’umanità, perde ben presto il controllo della situazione.

Il film introduce una buona dose di azione almeno dalla metà in poi e la tensione sale alle stelle, grazie anche al dubbio che sia entrato un alieno attraverso lo scafo durante un incidente. È una differenza non da poco rispetto a High Life, che invece resta piatto fino ai titoli di coda… conciliando il sonno.

Gli effetti speciali, gli interni dell’astronave e tutti gli elementi tecnologici mostrati nel film sono estremamente credibili. Inoltre, l’equipaggio formato da ragazzi e ragazze della medesima età, espleta compiti precisi per mantenere efficiente la nave. Cosa che veniva molto sorvolata in High Life, in cui l’equipaggio era composto da ex carcerati.

Alla fine, guardando il film, si comprende quanto leggero sia Guerre Stellari e quante invece siano le difficoltà nell’affrontare veramente il cosmo. Abbiamo una sola casa, teniamocela stretta!

 

Il povero Cliff McLane mi sta difendendo a spada tratta dagli emissari dell’altro gruppo in missione manganellatrice. Non può vincere, ma si batte come un leone.

Si sono attaccati alla parola “minore” e giù! Addosso! Dagliene (come diciamo qui in Toscana). Mi torna in mente la canzone di Antoine: Pietre, del 1967 e rido...

 


giovedì 2 settembre 2021

Là dove nessun uomo è mai giunto prima





L’astronave entrò in orbita senza difficoltà. L’equipaggio era composto esclusivamente da robot e il viaggio durava ormai da cinque secoli.
Terranova non avrebbe mai visto scendere un essere umano sulla sua superficie, perché l’umanità non esisteva più. Ma i robot continuavano a seguire il programma e avevano raggiunto l’obiettivo primario della missione: entrare in contatto con le eventuali forme di vita del pianeta e preparare il terreno per la colonizzazione umana.
La creatura che apparve sullo schermo principale era qualcosa a metà strada tra un insetto e un pesce e iniziò a emettere suoni incomprensibili. Robot numero uno non si scompose più di tanto. Inviò il messaggio video con l’intera storia della Terra ridotta a videoclip musicale, diretta da uno dei migliori registi del 35° secolo. Poi sparò il secondo messaggio video: la partenza dei robot con gli umani che restavano in attesa pieni di speranza, anche qui la musica amalgamò sapientemente le immagini.
Era l’uovo di Colombo! Perché tentare di decifrare linguaggi sconosciuti, magari diffusi senza corde vocali o addirittura senza neppure la lingua? Gli scienziati avevano optato per le immagini accompagnate dalla musica. Non c’era bisogno di conoscere le parole terrestri per capire e gli alieni capirono benissimo.
La navetta si staccò dall’astronave terrestre in orbita e fu scortata a terra da due velivoli a forma di disco, la delegazione di benvenuto fu di quelle per le grandi occasioni...

sabato 28 agosto 2021

High Life


 

Come si fa a parlar bene di un film così? Trama da LSD, effetti speciali da fan film, l’astronave che sembra il frigorifero di mia nonna, tute spaziali che hanno la chiusura ermetica solo sul davanti e dietro sembrano il cappuccio dei frati. Il mio, più che un giudizio negativo, è un appello a guardare altro, per salvare quelli che non l’hanno ancora visto e evitare che gettino due ore del loro tempo nel cesso!

La lentezza con cui procede la pellicola è esasperante e l’occhiolino a 2001: odissea nello spazio (c’è, latente ma c’è) farà sicuramente rivoltare il povero Kubrick nella tomba.

Eppure, nonostante lo shock iniziale, ho perseverato incuriosito dal come sarebbe andato a finire. A dieci minuti dai titoli di coda ho iniziato a chiedermi: “non lo faranno mica finire come temo?”. Ebbene, è finito proprio come temevo che finisse e ho chiuso Prime, sconfitto, devastato…


Oggi scopro che è un film del 2018 (Prime l’ha astutamente preso scontato nel 2021) e quella di seguito è la prima parte della seriosa recensione di Comig Soon che smentisce le mie poche righe di protesta da telespettatore bufalo:


Esperimento in cui Claire Denis ha voluto nobilitare con contenuti intellettuali, in grado di soddisfare il suo pubblico di riferimento, una confezione e un canovaccio vicini a quelli dei b-movie, High Life è un fim dalle grandi ambizioni, l'eleganza rigorososa (notevole la fotografia di Yorick Le Saux) e le ambizioni eccessive (come quella di mescolare Tarkovskij alle ossessioni tematiche della francese: quella della convivenza e della compenetrazione con l'altro, di un'umanità che si sfrutta e cannibalizza e si destina all'annichilimento totale).

Sempre seriosissimo, con personaggi spesso piatti e fastidiosi, High Life conta su un'ottima prova di Robert Pattinson, e su una prima parte dove essenzialità e astrazione funzionano bene, prima di cedere il passo alla sovrabbondanza dei nodi intellettuali che devono arrivare al pettine. (Federico Gironi - Comingsoon.it)

 

Allora, visto che il mio articolo postato nel gruppo facebook fantascienza ha scatenato le ire degli intenditori del settore (Uahahahaha!) i quali mi hanno accusato di non capire la fantascienza e neppure il film e visto che sono stato bloccato nel gruppo fino al 4 settembre solo per aver protestato in modo civile, ho deciso di abbandonarlo postando uno screenshot ricordo qui, in territorio amico.

 


Attenzione Spoiler


Sono convinto che un buon film o un buon libro non si misurano solo dal “messaggio metaforico” che esprimono, ma anche da quanto riescono a rendere credibili i fatti raccontati.

Per questo elenco quelle che, secondo me, sono incongruenze gravi, alle quali gli “intenditori” dal bannamento facile non hanno voluto replicare.


1) Che senso può avere raccogliere tanto sperma dai galeotti per far nascere un essere umano a miliardi di chilometri dalla Terra? Sarà un bambino solo, condannato a un’esistenza triste. E lo scopo scientifico quale sarebbe? E poi, di sperma, ne bastava anche meno...

2) L’astronave ospita una decina di galeotti e neppure una guardia. I galeotti non hanno nessuna mansione di pilotaggio, chi guida l’astronave? Un Hal 9000 muto? E ha senso portare questi individui ai confini dell’universo, visto che non possono avere competenze per raccogliere dati, campioni, elaborare teorie scientifiche? Soldi buttati per punire dei delinquenti o un sistema come un altro per girare due ore di film? E perché, visto che sono ingestibili, non iniziano a fare come gli pare dopo qualche mese di navigazione?

3) Lanciare una navetta in volo kamikaze dentro a un buco nero ha lo scopo scientifico di vedere l’effetto che fa?

4) Il galeotto di colore, sopravvissuto oltre al protagonista e alla bambina, si suicida addormentandosi sul terriccio. Cos’è, una lezione per ricordarci che il nero non deve mai arrivare in fondo a un film?

 

E niente: puoi anche chiedere a amici e parenti regolarmente iscritti in questo gruppo di difenderti dagli insulti degli intenditori/moderatori di film piuttosto strani, puoi pregarli di commentare o postare stando attenti a non infrangere il regolamento del gruppo, tanto anche se seguono alla lettera le tue indicazioni, i moderatori/dittatori li bloccano, li zittiscono, li censurano infischiandosene allegramente del regolamento che loro stessi hanno messo. Che tristezza e che omini piccoli piccoli...