sabato 31 marzo 2018

La forma dell'acqua



La forma dell’acqua (The Shape of Water), di Guillermo Del Toro, è il miglior film di fantascienza che ho visto quest’anno!

Alla fine, ciò che mi ha colpito meno è proprio la parte fantastica, non originale, visto che di uomini pesce ne passano al cinema almeno dal 1954: ricordate Il mostro della laguna nera (Creature from the Black Lagoon) di Jack Arnold?

Bene, qui le cose sono un pò diverse: il 1962 è ricostruito nei minimi dettagli ma il contrasto con la pellicola del ‘54 sta proprio nel mostrare i difetti di quella società che Happy Days ci dipinse incantata e buonista.

Elisa, muta fin da bambina, lavora come donna delle pulizie in un laboratorio governativo con la sua amica Zelda e condivide l’abitazione con l’amico gay Giles, che fa l’illustratore pubblicitario. Nel laboratorio è tenuto prigioniero un anfibio umanoide e l’unica che riuscirà a stabilire un contatto con lui, prima comunicativo e poi amoroso, sarà proprio Elisa.

Dalla pellicola emerge tutta la discriminazione e la cattiveria di quei tempi e questo è il punto di forza del film: c’è il disprezzo per gli omosessuali espresso dal ragazzo nel bar appena si rende conto che Giles è uno di loro. E subito dopo il razzismo esplicito verso la coppia di colore che si vede rifiutare un tavolo nonostante il locale sia vuoto.

E poi c’è la spietatezza della Guerra Fredda, mostrata non da una fazione, come accadeva nei film americani di un tempo, con i russi cattivi e senz’anima. Ma com’era veramente! Commovente è lo sforzo della spia sovietica Dimitri, che gli americani credono il dottor “Bob” Hoffstetler, per salvare a tutti i costi il prigioniero.

Infine il mostro! Il vero mostro del film non è certo la creatura anfibia catturata in Amazzonia della quale si è innamorata Elisa. Il mostro è il colonnello Richard Strickland, sadico e privo di qualsiasi residuo di umanità.

Il rapporto tra l’uomo pesce e Elisa è romantico e diverso da quello proposto, per esempio, nel serial TV del 1977 L’uomo di Atlantide (Man from Atlantis). Diverso perché è un amore fra diversi e emarginati, alla fine più vero di quello patinato e falso dei belli anni ‘80.

Mark Harris veniva da Atlantide, aveva le dita palmate, il fisico prestante e la faccia che piace alle donne. La dottoressa Elisabeth Merrill era una bellissima bionda, si innamoravano e stravincevano in tante avventure. E tanti saluti ai poveri brutti! Soprattutto al simpaticissimo Victor Buono, che col suo talento reggeva tutto il peso del serial.

Altri esempi di uomini pesce, oltre che nel fantasy con i Tritoni (i maschi delle Sirene), li abbiamo nei fumetti. Per la Marvel Comics c’è il rissoso Namor il Sub-Mariner, un ibrido figlio di un ufficiale della marina statunitense e la figlia dell’imperatore Thakorr di Atlantide. E per la DC Comics c’è l’eroico Aquaman, un altro ibrido figlio di un guardiano del faro e di una donna proveniente da Atlantide.

Tornando a La forma dell’acqua, è un film che merita i quattro Oscar e il Leone d’oro che ha vinto! E c’è un particolare che mi ha sbalordito: negli anni ‘60 gli yankee avevano già il telecomando per cambiare canale alla TV? Certo che sì! Giles ne utilizza uno restando comodamente seduto sul suo divano. E infatti il primo telecomando con cavo di collegamento fu realizzato dalla Zenith Radio Corporation nel 1950. Nel 1956 ne fu brevettato uno senza fili e senza batteria che funzionava a ultrasuoni.







mercoledì 28 marzo 2018

Space Shuttle


Uscire dall’atmosfera terrestre è un’impresa non da poco. Agli albori dell’astronautica vettori statunitensi e sovietici bruciavano tonnellate di carburante per portare in orbita capsule piccolissime.

Eppure, già dagli anni sessanta prese il via un progetto alternativo al classico razzo a tre stadi: lo spazioplano.

Il primo che riuscì a volare oltre la linea di Kármán fu il North American X-15, praticamente un ibrido con caratteristiche sia dell’aereo che della nave spaziale.

  
Forse fu proprio l’X-15 a ispirare gli sceneggiatori della serie TV UFO, realizzata negli anni ‘70. Infatti il Lunar Carrier era qualcosa di molto simile a uno spazioplano, con l’idea innovativa di essere composto di due elementi: il Lunar Carrier trasportava il Moon Shuttle fino ai limiti dell’atmosfera, per poi liberarlo nello spazio.


Il programma americano Space Shuttle, prese tutt’altra strada e spedì nello spazio il Columbia con tre serbatoi provvisti di motore a razzo criogenico, che una volta vuoti venivano abbandonati come già succedeva per gli stadi dei vettori. I sovietici lavorarono a un progetto simile, il Buran (Бура́н) in russo “tormenta”, che però non portarono mai a termine per via del crollo dell’Unione Sovietica.

Gli Space Shuttle sono stati il sistema migliore per raggiungere lo spazio almeno fino agli anni 2000. Purtroppo la flotta ha perso il Challenger e il Columbia in due clamorosi incidenti spaziali e il programma è stato chiuso nel 2011 destinando i superstiti Atlantis, Endeavur, Discovery e Enterprise all’esposizione turistica in vari siti sparsi negli Stati Uniti.



Oggi un’impresa privata, la Virgin Galactic, ha ripreso l’idea dello spazioplano portato in quota da un secondo velivolo di supporto, un po' come accadeva nella serie britannica UFO.

Così lo SpaceShipOne è stata la prima astronave a sganciarsi dalla nave madre, superare la linea di Kármán e uscire nello spazio aperto. Il progetto ha come obiettivo il trasporto di turisti disposti a pagare profumatamente le loro vacanze spaziali. In parallelo, infatti, si sta lavorando alla realizzazione di stazioni orbitanti tutt'altro che scientifiche: saranno alberghi a cinque stelle siderali!



La Virgin Galactic ha costruito anche lo SpaceShipTwo, uno spazioplano migliorato rispetto al suo predecessore.

Chissà che direbbe il comandante Edward Straker del progetto? “Noi è da un pezzo che utilizziamo questo sistema per raggiungere Base Luna, purtroppo l’organizzazione SHADO deve restare segreta e sono costretto a cancellarvi la memoria”.











domenica 25 marzo 2018

Fantascienza o filosofia?





Annientamento (Annihilation) è un film di fantascienza scritto e diretto da Alex Garland, tratto dal romanzo dello scrittore Jeff VanderMerr, vincitore del Premio Nebula per il miglior romanzo 2014 e tradotto in italiano nel 2015 da Einaudi.

Non so se il filosofo sia Garland o VanderMerr, non ho letto il libro, quindi spero che la frittata l’abbia fatta solo Garland. Anche perché si è liberamente ispirato al romanzo, quindi deve aver cambiato parecchio.

Quel che dispiace è il risultato, visto che Garland è lo sceneggiatore dell’ottimo Sunshine e ha scritto e diretto l’altrettanto ottimo Ex Macchina.

Qui, purtroppo, sembra essere impazzito!

Il suo film è troppo filosofico e dimentica volutamente le cose concrete. Parla dell’autodistruzione degli individui, è una chiara metafora sul cancro e sul suo espandersi senza possibilità di essere fermato. Ma chi voleva vedere un film di fantascienza (come me, per esempio) è ancora qui a chiedersi che fine abbia fatto la logica.

Perché scrivo queste cattiverie? Perché sono un pompiere, il meno qualificato a giudicare scrittori e registi, ma più informato di altri su come devono essere gestite le emergenze NBCR. So che la zona interessata deve essere suddivisa in Rossa (area interdetta per pericolo incombente), Arancione (area potenzialmente pericolosa) e Gialla (area non pericolosa interdetta solo ai civili). E so che si entra nelle aree contaminate con tutte le protezioni disponibili. Addirittura in presenza di raggi gamma, per i quali non ci sono protezioni, si entra a tempo, in modo da distribuire le radiazioni su più operatori e ridurre gli inevitabili danni.

In questo film, invece, si comportano tutti in modo demenziale! I militari, gli scienziati, il governo degli Stati Uniti!

Un meteorite ha impattato un faro sulla spiaggia contaminando una vasta area, si capisce dalla cappa fatta di bolle di sapone che incombe e si espande lentamente.

Che fa il governo per indagare? Da tre anni invia soldati equipaggiati con mimetica, zaino e fucile mitragliatore, che trovano ogni sorta di indizio di contaminazione extraterrestre in grado addirittura di modificare il DNA di animali e vegetali… e muoiono.

Quando un sergente, unico superstite della sua squadra, torna con evidenti problemi fisici, a qualcuno viene l’ideona: non mandiamo più uomini, mandiamo una squadra di donne, che è tutta un’altra cosa!

Possibile che a nessuno venga in mente che il faro è sulla spiaggia? Una spiaggia enorme, perfetta per atterrarci con un elicottero o sbarcarci con un mezzo anfibio, in modo da ridurre i tempi di incursione e poter indossare tute ermetiche con riserva d’aria?

Forse non è venuto in mente a nessuno perché il regista era concentrato sul dramma di Lena e Kane, sull’infedeltà di lei e sulla gelosia di lui. E sulla loro conseguente tentazione di autodistruggersi: lei per il rimorso e lui per l’amarezza della delusione.

















 

giovedì 22 marzo 2018

Neanderthal


La genesi della specie è un bel romanzo di Robert J. Sawyer, che racconta di una Terra alternativa dove l’evoluzione ha premiato i Neanderthal e condannato all’estinzione i Sapiens.

In questa Terra due scienziati neandertaliani, Ponter Boddit e Adikor Huld, eseguono un esperimento sul calcolo quantico, ma capita un incidente e Boddit viene scaraventato nel nostro universo, sulla nostra Terra!

Lo scienziato rimasto nel mondo Neanderthal viene accusato di omicidio e subisce un processo. Partendo da questa situazione l’autore descrive la loro società, piuttosto diversa dalla nostra: la popolazione è drasticamente ridotta e in buona armonia con la natura, gli uomini vivono separati dalle donne e le incontrano solo per procreare. I Mammut non si sono estinti, i trasporti sono in comune e la repressione dei crimini viene attuata sterilizzando chi delinque. Gli orologi stanno sul soffitto e al posto delle sedie si utilizzano le selle.

Boddit, come tutti i suoi simili, ha un bracciale-computer nominato “Companion” che lo aiuta nell’analisi dell’ambiente e lo consiglia sul da farsi.

Appena si riprende dall’incidente scopre che gli stupidi ominidi dal mento sporgente, i Gliksins, non si sono estinti e hanno creato una bizzarra (per lui) società. Naturalmente i Gliksins sono i Sapiens, cioè noi!

Il romanzo vincitore del Premio Hugo 2003 ha due seguiti: Fuga dal pianeta degli umani e Origine dell’ibrido.

La trilogia dei Neanderthal (Neanderthal Parallax) è assolutamente un capolavoro e dispiace che a quasi vent’anni dall’uscita del primo romanzo, Hollywood non ne abbia ancora tratto una Saga!









lunedì 19 marzo 2018

The Invaders


Gli Invasori è una vecchia serie TV statunitense del 1967. Narra le disavventure dell’architetto David Vincent che, testimone involontario dell’atterraggio di un’astronave extraterrestre, diventa un fuggiasco inseguito appunto dagli invasori assassini.

L’asso nella manica degli alieni è il loro sistema di camuffamento, infatti sono in grado di assomigliare quasi in tutto agli esseri umani. Le poche differenze che li distinguono da noi sono le unghie più piccole, il non aver alcun battito cardiaco e l’impossibilità di piegare il mignolo.

Vincent tenta disperatamente di convincere i suoi simili della presenza degli invasori; ma è difficile, perché quando vengono uccisi si dematerializzano in polvere rossa. E quando loro uccidono gli umani utilizzano un piccolo dischetto che poggiato sul collo provoca emorragia cerebrale, convincendo le autorità che la vittima è deceduta di morte naturale.




The Invaders è chiaramente derivato da L’invasione degli Ultracorpi, di Don Siegel. Ma è anche precursore di molti film sulle invasioni subdole provenienti dallo spazio.



 
Uno di questi è The Arrival, di David Twohy, nel quale il radioastronomo Zane Zaminski scopre un radiosegnale proveniente dalla stella Wolf 336 e viene ostacolato in tutti i modi affinché non diffonda la notizia. Infatti gli extraterrestri sono già sulla Terra e comunicano mediante quel segnale col pianeta natio. Inoltre incrementano segretamente l’effetto serra per rendere il clima del nostro mondo ospitale alla loro specie colonizzatrice.



 
Un altro film riconducibile a The Invaders è Essi vivono, di John Carpenter. Qui però ci sono alcune varianti significative.

Gli extraterrestri non sono in grado di assumere le nostre sembianze, ma riescono a falsare la realtà piazzando speciali congegni sui tetti dei grattacieli.

Il disoccupato John Nada riuscirà a vederli grazie a occhiali speciali distribuiti dalla Resistenza e reagirà da uomo d’azione quale è. Insieme a Frank tenterà di svegliare i suoi simili, completamente asserviti dai messaggi subliminali che li bombardano quotidianamente.



venerdì 16 marzo 2018

Intervistato da LF


Letture Fantastiche mi ha intervistato per la mia arte di illustratore, riporto qui le prime battute e metto il link per leggere la versione integrale. Ho appena ricevuto le congratulazioni dal Grigio qui sopra e questa è la soddisfazione più grande.

Intervista

LF: La narrativa fantastica è un genere letterario in cui il lettore deve spesso "immaginare" personaggi, creature e ambienti descritti nelle varie opere. Un illustratore più o meno fa lo stesso, ma poi lo trasferisce in un'immagine di copertina o a corredo del testo. Quanto è stato difficile per te questo passaggio da lettore a illustratore? 

MA: Il difficile è stato riuscire a materializzare sulla carta ciò che mi ero immaginato leggendo le varie opere. Sono sicuro che se leggiamo in dieci lo stesso libro immagineremo dieci versioni diverse dei protagonisti, delle astronavi e dei mondi descritti. Ma l'illustratore ha un grande vantaggio: la sua versione è sempre la prima e influenzerà il lettore. Per questo motivo non mi preoccupo di restare troppo fedele al testo e spesso aggiungo qualcosa di mio. 

LF: Non sei un illustratore professionista (puoi dirci anche cosa fai nella vita?), ma comunque sei molto apprezzato per le tue copertine nell'ambiente del fantastico. Come ti definiresti dal punto di vista dell'illustrazione, fatte queste premesse?

MA: Nella vita faccio il pompiere (come il draghetto Grisù), l'illustrazione è la possibilità che il XXI secolo mi dà di lasciare una traccia del mio passaggio. Come mi definisco? Un imbrattatore che si arrangia.

LF: Ogni illustratore ha un proprio stile, potresti dirci come chiameresti il tuo?

MA: Il mio stile è piuttosto retrò. Non posso farci niente, sono ancora innamorato delle locandine del cinema anni '70, spesso dipinte da artisti italiani semisconosciuti.

martedì 13 marzo 2018

Un mondo senza giocattoli



Proprio in questi giorni la catena di negozi americana Toys R Us, specializzata in giocattoli, ha annunciato l’imminente chiusura di tutti i suoi punti vendita sparsi nel mondo.

Il fatto è catastrofico soprattutto per i due colossi statunitensi Hasbro e Mattel, ma anche per tutti gli altri produttori di giocattoli.

A cosa è dovuto questo cataclisma ludico? Semplice: le vendite, già ridotte negli ultimi anni, sono crollate a Natale 2017.

Siamo di fronte a un lento ma inesorabile mutamento della società. Chi avrebbe immaginato un mondo senza giocattoli nel 1980? Forse solo un brillante scrittore di fantascienza, o forse neppure lui, visto che i giocattoli sono da sempre sinonimo di bambini.

I progressi della tecnologia hanno senz’altro determinato questa situazione. Infatti i bambini di oggi hanno a disposizione, fin da piccoli, le mini consolle Nintendo e lo Smartphone di mamma con tantissimi giochi da scaricare da Google Play. E poi, crescendo, diventano ragazzi e passano alla PS4 o alle concorrenti.

Il triste risultato è l’annientamento dei giocattoli tradizionali. Oggi non è ancora del tutto così, siamo in una fase di transizione, ma il tracollo della Toys R Us prefigura quello che potrebbe essere un possibile futuro.

Demonizzare e impedire ai nostri figli l’uso di queste tecnologie non serve a niente. Anzi, accresce in loro il desiderio e produce l’effetto contrario: la ricerca piuttosto che l’allontanamento dal problema.

Qualcuno potrebbe fare il paragone tra il vecchio cavallo di legno e i moderni Lego, scherzando su quanto avrebbero desiderato i Lego i nostri nonni, se solo avessero potuto vederli in vendita quando erano piccoli.

Eppure il passaggio dal giocattolo reale al gioco virtuale è qualcosa di diverso e potrebbe davvero mutare la visione del mondo nei nostri futuri uomini e donne.

Come?

Il pericolo principale è la fine dell’immaginazione! I vecchi giocattoli erano cose inanimate che il bambino rendeva vive nella sua fantasia. La consolle, invece, proietta il fruitore del gioco in un mondo virtuale dove tutto è possibile. Dove tutto è da scoprire ma niente si può inventare o sognare.
 
Ecco, il pericolo è creare individui omologati, privi di immaginazione, passivi a effetti speciali mirabolanti e preconfezionati, che a un libro e perfino a un film preferiscono una simulazione virtuale alla Star Trek.

Forse la mia è solo paranoia e scontro generazionale, forse sono rimasto a un'epoca che non c'è più. Forse i giovani sono un passo avanti a noi proprio grazie al condizionamento che stanno subendo. Forse questa è l'evoluzione verso un nuovo tipo di essere umano... Forse...
















sabato 10 marzo 2018

Goldzinga



Goldzinga apparve appena pochi anni dopo i suoi colleghi nipponici: Mazinga e Goldrake.

Come loro affrontò temibili invasori, giunti dallo spazio per conquistare il nostro mondo e renderci schiavi. Lottò con vigore e li sconfisse! Eppure, nonostante l’indomito coraggio dimostrato, le sue gesta furono inspiegabilmente dimenticate.

L’enorme ingiustizia inflitta all’eroe fu certamente causata dal sito in cui avvennero tutte le sue battaglie: Pontedera.

Avete mai sentito nominare questa città nei TG? L’avete mai letta nei libri di storia? No, vero? Ecco! Ecco spiegata la maledizione che colpì il povero Goldzinga. Un robot costruito per grandi imprese, relegato in periferia e destinato all’oblio.

Che dite? Anche se combattute a Pontedera le sue battaglie avrebbero dovuto echeggiare in ogni angolo della Terra?

Beh, effettivamente avrebbero dovuto. Se solo Goldzinga non fosse stato alto due centimetri e mezzo, statura che del resto avevano anche tutti i suoi nemici.

E come finì? Anche questa è una triste storia: finì spiaccicato dagli pneumatici di un Autobus proprio mentre, durante un furibondo inseguimento, stava per raggiungere il suo più acerrimo nemico. Che perì anch’egli spiaccicato, fra l’altro.















mercoledì 7 marzo 2018

Old Sci Fi




Flash Gordon è fantascienza o fantasy? Quello originale, di Alex Raymond, è di sicuro più spostato sul fantasy. Quello successivo, di Dan Barry, è invece più vicino alla fantascienza.

Gli autori di fantascienza degli albori non si preoccupavano di dare l’illusione di un fondamento scientifico nelle loro storie e spesso commettevano errori che oggi ci fanno sorridere.

Ho disegnato la vignetta qui sopra imitando lo stile degli illustratori degli anni ‘30 e ‘40: il classico “uomo spaziale” dell’epoca, per esempio, indossava una tuta che somigliava a un’uniforme. Calzava stivali militari e guanti ottocenteschi. Aveva la riserva d’aria dentro a uno zaino spesso privo di tubo di collegamento col casco. E quest’ultimo ricordava troppo l’ampolla per i pesci.

In realtà abbiamo visto nel 1969, con lo sbarco sulla Luna, come deve essere una vera tuta spaziale.

Eppure, le licenze poetiche e cinematografiche sono proseguite perfino in film moderni di fantascienza come Guerre Stellari!

In Guerre Stellari nessuno indossa una tuta spaziale, sembra che tutti i pianeti della galassia abbiano la stessa atmosfera respirabile, a dispetto dell’enorme varietà di creature che la popolano.

Per la verità qualche passante, a Mos Eisley, indossa casco e respiratore con l’aria del suo mondo e quando Han Solo, Chewbacca e Leila escono a ispezionare il Falcon nella pancia del mostro degli asteroidi respirano con strane mascherine, ma per il resto tutto è semplificato. Non siamo distanti da Flash Gordon e infatti Guerre Stellari è classificato di genere Science Fantasy.

Tornando alla fantascienza vintage, soprattutto a fumetti, sorridiamo osservando i mostri: quelli che infestano le tavole sono spesso dinosauri o insetti riciclati e quando cercano di essere originali risultano creature talmente assurde (tipo quella che ho disegnato io) da farci credere di essere in una fiaba.





domenica 4 marzo 2018

Paesaggio con mano invisibile, di M. T. Anderson



Sulla Terra sono arrivati i vuvv. Hanno la forma più assurda che si possa immaginare, comunicano strofinando strane pinne e si riproducono per gemmazione: in pratica ogni vuvv da origine a una colonia di cloni di sé stesso.

Sono arrivati in pompa magna, come i Visitors della famosa serie TV. Ma non vogliono mangiarci, non ne hanno bisogno. Si sono presentati portando in dono la loro tecnologia e la loro medicina, entrambe estremamente avanzate. E hanno fatto accordi vantaggiosi con le autorità terrestri dimostrandosi abili affaristi.

Per Adam, il protagonista della storia, e per milioni di americani è stata la catastrofe! La tecnologia extraterrestre ha reso inutili quasi tutti i lavori che permettevano alla gente di vivere dignitosamente. Adam, per esempio, per campare è costretto a vendere false emozioni, simulate insieme alla sua Chloe. Questo causerà danni irreparabili, come erano già accaduti con la fuga per debiti di suo padre.

Ecco un libro di fantascienza godibile anche da chi di solito non legge fantascienza: gli alieni che ci colonizzano senza sparare un colpo, infatti, sono un pretesto per evidenziare il disagio sociale dei nostri tempi. Anderson gira il coltello nella piaga quando fa dire ad Adam che la malattia di cui soffre potrebbe essere curata in cinque minuti con la medicina vuvv, se solo la sua copertura assicurativa glielo permettesse.


I vuvv sono il Sistema che schiaccia chi resta indietro e l’America non è più la madre che protegge i suoi figli.

In The Body Snatchers, di Jack Finney, velata dietro la fantascienza c’era la paura per il Pericolo Rosso. Qui invece siamo all’opposto: i vuvv sono più capitalisti dei capitalisti! E in questo risultano fin troppo umani. Poi, nel cercare di assimilare la cultura dell’Uomo, si capisce con l’ironia quanto siano alieni.

Adam dipinge, nei suoi paesaggi, le vele di conversione e le torri dei vuvv che vede sulle montagne. Ottiene considerazione dai nuovi padroni del mondo che però pretendono quadri più fantasiosi e soprattutto nature morte e lo invitano a partecipare a un concorso che potrebbe incoronarlo artista interstellare.

In questo libro gli eroi patriottici visti in film come Independence Day sono assenti. I governanti sono collusi e i cittadini sono soli, intenti a sbarcare il lunario meglio che possono.

Sembra che non sia possibile una via d’uscita, ma c’è sempre un’alternativa...













Matthew Tobin Anderson è nato a Cambridge, Massachusetts, nel 1968, dove tutt’ora vive. I suoi libri per Giovani Adulti gli sono valsi candidature e vittorie ai maggiori premi letterari americani, oltre che portarlo nei primi dieci posti della classifica del New York Times. È l’autore del romanzo distopico seminale Feed.