DEMONI
©
2016 Marco Alfaroli.
I
quattro predoni fuggivano a bordo della piccola lancia pirata,
inseguiti dai Guardiani della Legge.
Il
vascello corsaro aveva avuto la peggio nel conflitto con i galeoni
della Confederazione. Ora, gli ultimi superstiti si arrangiavano per
sopravvivere e scappavano, scappavano come mai avevano fatto prima.
I
quattro non avevano una meta precisa ma si dirigevano verso qualsiasi
sistema stellare si fosse presentato sulla propria rotta. Non
sapevano se gli altri ce l’avrebbero fatta.
La
loro astronave era liscia, affusolata e aveva un armamento leggero
che non le permetteva una grande difesa. Contro i pesanti
intercettori dei Guardiani, quindi, l’unica carta da giocare era la
velocità. Bisognava trovare in fretta un pianeta che offrisse un
riparo e fosse fuori dalla loro portata.
A
bordo dell’intercettore Y-1X3, il Guardiano Xidriako manovrava con
le sue tre mani le leve per il mantenimento dell’assetto. Si volse
verso il Guardiano Vestrano.
«Non
devono sfuggirci! I pirati sono un virus che non deve diffondersi».
Aveva,
come il suo compagno, tre occhi posti alla base del collo e una bocca
carnosa che sporgeva da sopra l’enorme testa bluastra.
«Guarda!
Hanno scelto il terzo pianeta di questo sistema» strepitò il
Guardiano Vestrano.
«Non
devono arrivarci, abbiamo l’ordine di non interferire con le
civiltà primitive. Se arrivano là, li perdiamo».
Viaggiando
a velocità incredibile e roteando continuamente in modo da essere un
bersaglio difficile, l’astronave dei predoni aveva già superato la
Luna e ora puntava dritta sul bellissimo pianeta azzurro.
«E
allora?» disse il Guardiano Vestrano. «Posso friggerli prima che ci
arrivino».
Manovrò
il complicato sistema di leve che aveva davanti e un intenso fascio
di luce gialla partì come un dardo dalla prua dell’intercettore.
L’esplosione
che ne seguì illuminò lo spazio. Quando la nuvola di polvere e il
risucchio di particelle cosmiche si dissolsero, però, si vide
scivolare di lato ancora indenne la piccola lancia pirata.
«Ce
l’abbiamo fatta!» esclamò il predone alla guida. «Ormai non ci
prendono più! È fatta, stiamo entrando nell’atmosfera».
La
pelle dei quattro era color rosso fuoco, ricoperta di placche e
corna. Le due più grandi spuntavano dalla fronte. Erano umanoidi che
sembravano arrivare dall’inferno.
La
lancia scese in picchiata e si tuffò nella fitta coltre di nuvole.
Dietro di lei i tre intercettori dei Guardiani si fermarono.
«Li
abbiamo persi. Che facciamo, li inseguiamo?»
«No!»
disse il Guardiano Xidriako «chiama il Primo Guardiano e chiedi
istruzioni».
«Bene».
Il
prete Elia chiuse la Bibbia. La sua mano ossuta rimase appoggiata
sopra la pelle del libro come un artiglio. Lentamente alzò gli occhi
al cielo notturno, cupo e nuvoloso, dilaniato da bagliori lontani che
annunciavano l’avvicinarsi di una tempesta.
«Questa
notte è dominata dal maligno, lo sento» disse.
Un
lampo improvviso illuminò la sua faccia scavata e piena di rughe.
Subito dopo arrivò il tuono, assordante.
Si
alzò dalla panca avvolto nel saio e si avvicinò alla finestra senza
vetri dell’Abbazia.
Guardò
giù. Il panorama sottostante era punteggiato dal fuoco dei roghi
accesi qualche ora prima. Elia, l’inquisitore, quel giorno aveva
arrestato e bruciato le streghe più pericolose della zona. L’odore
acre di carne bruciata che arrivava fin lassù gli donò un senso di
sollievo. La sua missione era compiuta, per oggi. Ma domani?
Decise
che doveva tornare dai suoi fedeli.
Scese
con precauzione le scale, salutato con rispetto da tutti i monaci che
incontrava. Aveva molti acciacchi per via dell’età che cominciava
ad essere veneranda. Tuttavia era sempre sostenuto dalla sua fede
incrollabile.
Un
armigero gli andò incontro appena uscì dalla porta della torre. Era
un armigero preoccupato che parlò con deferenza:
«Padre,
si sta avvicinando la pioggia. I roghi si spegneranno».
«Satana
oggi è stato sconfitto, figliolo. Non devi temere l’acqua perché
è opera di Dio».
Il
prete avanzò di qualche passo e superò i cavalieri dalle bardature
variopinte e gli scudi con l’emblema del signore del feudo, i
soldati, e tutti i villici accorsi per assistere al rogo.
Si
fece il segno della croce e guardò verso il cielo, forse sperando di
scorgere un segno divino.
Un
lampo attraversò le nubi e fu chiaro a tutti che il temporale era in
arrivo. Le nuvole ribollirono e vomitarono un oggetto scuro e
affusolato che da dietro sputava un intenso fuoco azzurro.
Un
brusio di meraviglia si levò dalla folla che non aveva mai visto
niente di simile.
L’astronave
sorvolò il paese, il Castello e l’Abbazia, poi atterrò proprio
davanti al gruppo di persone immobilizzate per lo stupore.
Il
vapore e la polvere lentamente si diradarono mostrando l’enorme
massa di ferro fermo davanti a loro.
Un
rumore metallico ruppe il silenzio: un meccanismo fece scendere il
portone da sotto la pancia dello scafo come fosse un ponte levatoio.
Gli
esseri che erano all’interno si apprestarono a uscire. Alle loro
spalle c’era un’intensa luce bianca.
Scesero
lungo il ponte ma quando furono all’incirca a metà si fermarono.
La platea osservava in silenzio il rosso scarlatto della loro pelle e
le due grosse corna sulla fronte.
«Perché
hai deciso di fare questa discesa spettacolare? Non era meglio capire
prima se gli indigeni sono pericolosi?» chiese un predone a quello
dei quattro che doveva essere il capo.
«Per
far colpo. Non vedi come stanno zitti? Con tutta la tecnologia che
mostriamo, li avremo ai nostri piedi, vedrai».
Indicò
le cataste in fiamme che illuminavano la notte.
«Guarda,
adorano il fuoco. Sacrificano a lui i loro simili, lo temono. Noi
dobbiamo solo dimostrare che dominiamo il fuoco».
Sprezzante
e beffardo il predone impugnò la sua pistola a raggi e la puntò
contro un albero. Sparò, incendiandolo.
L’effetto
non fu quello desiderato: il brusio di voci che veniva dai presenti
aumentava e tutti ammiccavano verso i nuovi arrivati più con
sospetto che con paura.
«C’è
qualcosa che non va» disse un predone. «Il tuo colpo non li ha
impressionati».
«Forse
hai ragione, forse è meglio rientrare nella lancia e ripartire».
Il
prete Elia si fece avanti in mezzo alla gente e cominciò a urlare
con uno sguardo da invasato che non prometteva niente di buono.
«Il
Demonio è uscito dalle viscere della terra e vuol farci credere di
essere disceso dal cielo. Guardate gli emissari di Lucifero: rossi e
pieni di corna... loro sono il male che divorerà i vostri cuori. Non
facciamoci ingannare! Dio ci mette alla prova, siamo i soldati del
Signore? Dimostriamolo e distruggiamo il maligno!»
«Non
capisco una parola di quello che dice l’essere decrepito, ma credo
che qui si metta male» disse un altro predone che si affrettò a
estrarre la pistola.
Una
freccia lo trapassò in pieno.
«Ahhhh!»
Il
suo sangue viola uscì copioso e lui si accasciò. Fu subito soccorso
dagli altri, che lo sorressero.
«Dentro!
Presto! Chiudiamo il portello!» urlò il capo. Tutti e tre
iniziarono la ritirata, trascinando il ferito e sparando
all’impazzata. Incendiarono alcuni dei nativi che gli arrivavano
addosso, ma erano troppo numerosi e non sembrava che il pericolo di
essere inceneriti li spaventasse.
Il
portello si richiuse, ma almeno cinque o sei di quei pazzi scatenati,
erano ormai riusciti a entrare. Mentre il capo predone avviava i
motori per tentare una fuga disperata, a bordo si scatenò la
battaglia. Le armi a raggi, in un combattimento corpo a corpo, non
sono il sistema migliore per difendersi, mentre il colpo di una mazza
ferrata o il fendente di una spada, a quella distanza, possono avere
effetti devastanti.
La
lancia decollò, ma il suo volo era incontrollato. Forse chi era in
grado di pilotarla non era più tra quelli rimasti vivi.
Dopo
un paio di acrobazie non volute, precipitò in vite schiantandosi al
suolo dietro il bosco. Un boato e una nuvola di fumo nero ne
annunciarono la fine.
Il
prete Elia esultò per il suo successo nella difesa della Fede.
«Avete
visto? Dio ci ha dato la forza per respingere il Diavolo, per
ricacciarlo negli inferi dove deve stare. Le nostre anime sono salve,
preghiamo».
Tutti
s’inginocchiarono facendosi il segno della croce, abbassarono la
testa e rimasero a mani giunte, bisbigliando preghiere.
Nello
spazio i tre intercettori dei Guardiani avevano ricevuto le
istruzioni e si apprestavano a eseguirle.
«Abbandoniamo
la ricerca, te l’avevo detto che non possiamo interferire con
popolazioni non ancora pronte».
«Lo
so, ma temo che quei pericolosi pirati possano recare più danno ai
nativi di quanto potesse causarne la nostra intromissione» rispose
il Guardiano Vestrano grattandosi il testone.
Il
Guardiano Xidriako pensava la stessa cosa, ma sapeva che la Legge non
si poteva infrangere. Attivò le leve per invertire la rotta della
nave. Poi con un lampo sfrecciarono via tutti, alla velocità della
luce.
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