Erano i
primi anni ’80, quando iniziarono a diffondersi quegli strani
scatoloni provvisti di televisore, tettoia come se dovessero temere
la pioggia, pulsanti, joystick e fessure per soldi o gettoni con su
scritto insert coin. Erano arrivati i videogames elettronici da
bar o salagiochi! Stregarono un’intera generazione, me compreso.
Ricordo il primo in cui buttavo tutte le monete da cento lire che
riuscivo ad avere da mio padre, si chiamava Defender e ti
metteva alla guida di un’astronave su un percorso pieno di insidie:
dai missili agli intercettori nemici che sputavano micidiali raggi
laser. Tutto rigorosamente in 2D. Del tipo spaziale c’erano anche
Galaga, Gyruss e Asteroid. E poi, cambiando
genere, c’era Pac-Man, con i fantasmini che inseguivano la
palla mangiapillole nel labirinto.
Cuddly Cuburt o Cubert o anche Q*bert faceva decisamente parte dei giochi di questo genere, con una creatura indefinita, bipede, priva di braccia e con la trombetta la posto di naso e bocca, che si spostava su una piramide impossibile fatta di cubi a tre facce che cozzavano con le regole della prospettiva. Ebbene, quel mondo era completamente fuori dalla realtà e oggi non potrebbe reggere il colpo di fronte ai moderni e iperrealistici Call of Duty o Batterfield. Eppure... quel mondo aveva una sua poesia, che si è persa.
Cuddly Cuburt o Cubert o anche Q*bert faceva decisamente parte dei giochi di questo genere, con una creatura indefinita, bipede, priva di braccia e con la trombetta la posto di naso e bocca, che si spostava su una piramide impossibile fatta di cubi a tre facce che cozzavano con le regole della prospettiva. Ebbene, quel mondo era completamente fuori dalla realtà e oggi non potrebbe reggere il colpo di fronte ai moderni e iperrealistici Call of Duty o Batterfield. Eppure... quel mondo aveva una sua poesia, che si è persa.
Nel
film La Storia infinita, il libraio passa il volume a Bastian
parlando con disprezzo degli stupidi videogiochi capaci solo di fare
bip, bip! Difende romanzi, racconti, perfino le favole della
buonanotte. Tutto ciò che faceva sognare un tempo consisteva in
caratteri neri su carta bianca. E in quel momento, i giochi
elettronici che puntano solo sull’effetto visivo, senza portare
contenuti, sono visti come una seria minaccia all’intelligenza.
Ma il punto di vista da cui si esprime un giudizio su qualcosa è
importante: oggi viviamo nell’era dei film che hanno schiacciato
inesorabilmente i libri, e molto più di quanto lo abbiano fatto i
videogames, perché sono la nuova forma d’intrattenimento
che soppianta la vecchia, senza pietà. Tuttavia, la poesia dei
videogiochi anni ’80 è rimasta nel cuore di quelli che furono
ragazzini e oggi sono cinquantenni ed è grazie a loro che Hollywood ci ha
regalato il divertentissimo Pixels di Chris
Columbus. Un film in cui ritornano più spettacolari che mai Pac-Man,
Donkey Kong,
Cubert e
tanti altri.
È
buffo: il cerchio si chiude e non c’è niente di negativo o di
obsoleto da buttare. Non sono superati i libri nonostante i film e
non sono vecchi Pac-Man
e Cubert
nonostante la PS4...
o forse sì.
Comunque sia, voglio ricordare la poesia perduta con il disegno qui
sopra.
Si, bellissimi ricordi di una era che non esiste più!
RispondiEliminaChe meravifglia Asteroids e Missile Commander....
RispondiEliminaErano belli ed eravamo bambini, forse erano belli proprio per quello.
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