Ecco l'anteprima del mio racconto su Visioni Fantastiche, un'antologia piena di sorprese... lunghe più di quattrocento pagine!
«L’aspetto del mio veicolo ricorda vagamente il LEM, quello che sbarcò sulla Luna nel lontano 1969. Eppure non è affatto un’astronave, quindi neppure un modulo lunare. Le quattro zampe meccaniche non servono certo per atterrare, infatti il mio veicolo non arriva dallo spazio. Si tratta di stabilizzatori indispensabili dopo ogni movimento, mentre si effettua l’aspirazione. A proposito, il mio veicolo è un Raptor classe 9, con aspiratore e miniaturizzatore di ultima generazione.
Perché sto registrando tutto questo? Bé, per il semplice motivo che sto disertando!»
L’uomo, inguainato in quella che sembrava una tuta spaziale, esitò un attimo prima di riprendere a parlare nell’apparecchio che impugnava. Si guardò addosso e rise.
«Questa pagliacciata del finto scafandro per sembrare un extraterrestre non la sopporto più» aprì il vetro del casco, nonostante le molte grate nascoste lasciassero già passare l’atmosfera, e ispirò l’aria fresca della foresta.
«Dovrei alimentare le fantasie degli ufologi per non far capire al mondo chi sono veramente e depredare in santa pace? Basta! Voglio raccontare la verità. Oggi consegnerò la registrazione alle autorità del Nord America. Dovrei trovarmi nel bel mezzo di una foresta canadese del 1984. Purtroppo ero un tantino assonnato stamattina e non ricordo il luogo preciso impostato, ignoro quanto sia distante la città più vicina.
Sì, il mio veicolo è una macchina del tempo e io sono un ladro. Arrivo da un futuro che non sarebbe mai dovuto essere. Abbiamo ucciso il pianeta Terra, l’abbiamo ridotto a un’immensa distesa di melassa oleosa e velenosa. Noi, gli ultimi superstiti del genere umano, viviamo in palafitte d’acciaio erette sopra la melassa. E siamo pochissimi: poco più di trecentomila tristi individui. Non esiste più nulla di vivo che possa nutrirci, attualmente siamo costretti a sintetizzare le proteine dai nostri morti e a curare continuamente i polmoni per via dell’alto tasso di inquinamento nell’aria. I nostri superiori ci mandano indietro nel tempo a rubare le risorse, cibo soprattutto.
Perché i superstiti non tornano indietro per vivere tutti nel passato? Qualcuno ci provò subito, appena inventammo la macchina del tempo. Peccato che nessun organismo riesca a sopravvivere per più di due mesi fuori dal suo tempo. Quando i tessuti iniziano a deteriorarsi è già troppo tardi: diventi polvere in una manciata di secondi! Naturalmente le piante e gli animali che rubiamo non hanno il tempo di deteriorarsi, perché ce li mangiamo subito. E sono molto meglio delle gallette fatte coi cadaveri».
Digitò una sequenza sulla tastiera del polso e il Raptor si sollevò restando sospeso a un paio di metri dal suolo.
«Al Controllo Missione sconsigliano di abbandonare l’abitacolo, quello che sto facendo è contro il regolamento. Penso che bisognerebbe chiamarli in un altro modo, Anonima Banditi sarebbe più appropriato» digitò ancora e il Raptor volò via, scomparendo tra gli alberi della foresta.
«Può fare tutto da solo, perfino una scimmia sarebbe in grado di guidarlo. Certo, per farlo dovrebbero esistere ancora le scimmie nel mio tempo.
Che faccia razzia di prede senza la mia supervisione, sono stanco» si avvicinò a una grossa pietra e si mise seduto, per riposarsi un po'.
«In molti, nel mio tempo, sono convinti che palesarsi nel passato permetterebbe ai nostri antenati di aiutarci. In fondo rifornire di cibo trecentomila disgraziati nel futuro non dovrebbe essere troppo impegnativo. Ma la paura è di non nascere, perché qualcuno di buon senso potrebbe fare altre scelte, cambiare il corso degli eventi e salvare la Terra. E sarebbe di sicuro un bene, però chi ci assicura che la nostra realtà non verrebbe cancellata?
Nessuno ce l’assicura, eppure mi rendo conto che la nostra non è vita. Probabilmente raccontando la verità non cambierò nulla, forse il disastro non sarà evitato. Oppure cambierà tutto e saremo proprio noi a rimetterci. Ma qualsiasi tentativo è sempre meglio di continuare a fare lo sciacallo».
Il display al polso iniziò a lampeggiare di rosso. L’allarme diceva che il Raptor aveva incontrato un problema, qualcosa di grosso lo teneva a terra e la struttura aveva già perso il 25% della corazza esterna.
«Cazzo! Ci mancava solo questa! Per una volta che lo mando in giro da solo guarda che casino succede» iniziò a correre nella direzione della posizione del Raptor, indicata sul display. Il problema si era verificato più o meno a cinquecento metri di distanza, ma la fitta vegetazione ostacolava il cammino. Arrancò con fatica in mezzo a felci, rami di magnolia e poi attraversando un fitto canniccio di quello che doveva essere equiseto.
Dopo anni passati a depredare il passato era piuttosto esperto in fauna e flora e non ci mise molto a rendersi conto che quella non era la tipica vegetazione del Canada.
Avanzando tra grossi cespugli di felci si sentì sfiorare da qualcosa di lungo e liscio. Era sicuramente un animale e dovevano essercene altri che correvano intorno, infatti molte felci furono smosse contemporaneamente.
Non era il momento di perdersi in dettagli, quindi ce la mise tutta per lottare contro la foresta e andò avanti. Ormai l’obiettivo risultava a soli duecento metri. Purtroppo il terreno gli franò sotto i piedi e finì in un crepaccio, perdendo conoscenza.
Fu risvegliato più tardi, da tonfi terribili che arrivavano da alcuni metri sopra di lui, accompagnati da ruggiti spaventosi.
Mosse braccia e gambe per accertarsi di non avere nulla di rotto, controllò la tuta e non notò tracce di sangue. Era vivo e in buone condizioni di salute, questa era una bella notizia. Armeggiò sulla tastiera da polso: il Raptor risultava fermo a terra, danni al 60% e possibilità di spostamento molto limitate. Si liberò del casco e impugnò il registratore sganciandolo dalla cintura.
Il racconto continua sull'antologia Visioni Fantastiche

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