«È il mio turno ai monitor»
disse Josephine, entrando in plancia, a prua della nave. Dimitriy,
seduto, si voltò e sorrise.
«Accomodati, avevo giusto
voglia di sgranchirmi... e mi chiedevo dove fossi finita».
«Ce ne vuole per arrivare qui.
Hai idea delle dimensioni di quest’affare?» scherzò lei.
«Già. Una scatola di sardine
è di sicuro più grande».
«Novità dalle stelle?»
«Nessuna. Neppure un alieno...
così, tanto per scambiare due chiacchiere».
Dimitriy si alzò, cedette il
posto a Josephine e fece per uscire. Ma prima volle aggiungere
qualcosa, tutt’altro che serio: «Che fai stasera, dopo il turno?»
«Sono indecisa. Ho talmente
tanti spasimanti... lo sai».
«Che ne dici di un
ristorantino sul mare, appena fuori città?».
«Non mi piace il pesce, te ne
sei dimenticato?» scoppiò a ridere.
«Peccato, sarebbe stato
fantastico» concluse lui. Qualche battuta di spirito, ogni tanto,
interrompeva la noia. A questo si aggiungeva il fatto che Josephine
piaceva a Dimitriy, così rendersi simpatico, scherzare e aumentare
sempre più la confidenza era parte di un piano. Naturalmente
Josephine aveva già capito tutto, ma non dava a vedere quali fossero
i suoi sentimenti. Dimitriy uscì. La porta scorrevole gli si chiuse
dietro.
L’Inquiring
non
era certo grande. Con i suoi ottanta metri di lunghezza si poteva
paragonare a un sottomarino della Seconda Guerra Mondiale; in
pratica, i quattro membri dell’equipaggio, solcavano i sargassi
siderali, chiusi dentro un guscio allungato, simile a un siluro pieno
di sporgenze, tecnologia e alettoni. Una piccola nave con una
missione lunga e noiosa.
Il
comandante Mathieu,
nella sua cabina, archiviava i dati elaborati dal Computer negli
ultimi due mesi. Avevano trovato cinque pianeti, una insidiosa nuvola
di polvere cosmica e un asteroide vagante, tutti interamente fatti di
antimateria. Oltre a questo, nient’altro.
Le rotte commerciali erano
caratterizzate da astronavi prive di equipaggio umano e una delle più
fastidiose qualità che aveva l’antimateria era la repulsione
gravitazionale. Per la verità questa nasceva dall’incontro con la
materia, per cui la colpa era solo un punto di vista, ma un’astronave
guidata dal Computer non prendeva iniziative, seguiva un programma, e
trovarsi gradatamente respinta da un corpo celeste con gravità
inversa finiva per portarla fuori rotta fino a farla perdere nello
spazio.
La
Compagnia aveva così affidato all’Inquiring
il futuro della sua flotta per salvaguardare gli introiti futuri;
quello che era già accaduto troppe volte non doveva più ripetersi.
Il Comandante aggiornò le
rotte. Fantasticando, pensò al limite che l’Universo aveva imposto
all’esplorazione dell’uomo. Esistevano pianeti che non si
sarebbero mai potuti esplorare. Scendere su un Antipianeta, infatti,
avrebbe significato trasformarsi in energia fotonica per
annichilazione. Probabilmente la morte sarebbe arrivata rapida e
indolore, nell’istante in cui gli elettroni del corpo e i positroni
del mondo alieno si fossero incontrati producendo raggi gamma.
Come scienziato doveva prendere
in considerazione solo le possibilità logicamente praticabili,
eppure continuò a fantasticare almeno per qualche altro minuto. Si
sa che in ogni uomo c’è ancora un bambino e se a un bambino si
impone di non guardare in quel dato cassetto starà male finché non
sarà riuscito ad aprirlo.
Mathieu digitò le ultime annotazioni e salvò il
lavoro.
«Fine dell’archiviazione,
Computer. Invia i dati definitivi alla Terra».
«Dati inviati, Comandante.
Arriveranno a velocità UltraLuce tra un anno standard».
«Bene, saremo già in
ibernazione e sulla via del ritorno per allora».
«Altri compiti per me,
Signore?»
«Controlla la struttura
esterna, non voglio particelle di antimateria troppo vicine allo
scafo».
«Faccio un’analisi
completa».
Lentamente, Mathieu si alzò
dalla scrivania e si distese sulla branda. Sentiva il bisogno di
rilassarsi. Vista la tranquillità con cui procedeva la missione,
sapeva di poterselo concedere.
Nessun commento:
Posta un commento