Ernst Dukas alzò gli occhi e guardò il pannello digitale, posto in alto sulla parete, che riportava informazioni in continuo aggiornamento.
Seduta
n° 375. Senato di Estralia.
11
Giugno 2196. Ore 10:47.
Controllò il display sul suo
bracciale.
Segnava le 10:45. Ebbe una smorfia
di disappunto. Il programma doveva essere difettoso, se perdeva il
contatto col satellite.
Devo
resettare il sistema,
pensò. Anzi,
forse è meglio che ne richieda la sostituzione.
La sua squadra doveva essere
efficiente e sincronizzata. E soprattutto, lui che la comandava,
doveva essere il migliore di tutti. Ormai per quel giorno, avrebbe
lavorato con un errore di due minuti, ma a fine turno era
indispensabile correggere la situazione.
Aggiustò l’auricolare e parlò.
«Capo sicurezza a squadra: prova
radio».
«Ottima
la prova radio, per Sicurezza 2».
«Roger,
Sicurezza 5».
«Bene
anche per Sicurezza 9».
Risposero tutti i sedici agenti
sparsi nell’edificio. Non aveva dubbi che fossero tutti al proprio
posto, erano uomini di cui si fidava ciecamente.
Lui era a capo della sicurezza del
Senato. In appoggio aveva un intero distaccamento di polizia e un
presidio militare. Tutti insieme assicuravano protezione ai senatori
della Repubblica, intenti a legiferare per il bene del Paese.
In quel momento se ne stava
impassibile a metà del corridoio, con le spalle quasi a ridosso
della parete. Il corridoio era la sua zona e non l’avrebbe
abbandonata, salvo che non ci fosse un imprevisto.
Contatto
radio e occhio d’aquila! Questo
era il suo motto... e aveva sempre funzionato.
Mosse leggermente la testa,
scrutando con attenzione il senatore Robida che, accompagnato dal suo
staff, attraversava il corridoio, seguito da uno stuolo di
giornalisti e fotografi.
Li fissò uno per uno. Avevano
tutti un pass ed erano lì perché autorizzati, ma era bene tenere
gli occhi aperti. Quante volte era successo che qualcuno si fosse
infiltrato con documenti falsi? Accadeva spesso e in quei casi i
documenti erano stati sempre falsificati maledettamente bene.
Lui non era certo il tipo che si
faceva sorprendere. Aspettava la prossima mossa dei terroristi per
minacciare gli eletti dal popolo.
I terroristi: gli Alethei.
Ultimamente ne avevano presi parecchi e presto sarebbero iniziati i
processi. Gli Alethei, a dire il vero, non avevano ancora ucciso
nessuno. Non era chiaro neppure quello che volessero rivendicare, ma
i media e il governo avevano sempre parlato di loro come di
estremisti e a Dukas non erano mai piaciuti gli estremisti.
La
parola Alethei, da quello che aveva studiato a scuola, rimandava al
greco e significava rivelazione,
verità.
Roba di sicuro da fanatici religiosi.
A essere del tutto sinceri neppure
i politici piacevano a Dukas: parlavano troppo e di solito non
mantenevano quello che promettevano. Ma erano eletti dai cittadini e
questo gli bastava. La democrazia era il miglior sistema possibile e
a lui spettava il compito di difenderla.
All’improvviso, una spia sul
bracciale prese a brillare. C’era un allarme. Guardò il display.
Sicurezza:
individuato intruso nel complesso.
Identificato
come professor Adam Krynicki, chimico e dissidente legato al
movimento estremista degli Alethei.
È
probabile che sia in atto un’azione terroristica.
Fermatelo
a tutti i costi.
Il messaggio sparì e al suo posto
comparve il volto di un uomo anziano, magro, pieno di rughe e con
grandi occhi sognanti. Capelli bianchi lunghi e scompigliati gli
scendevano fino al collo. Sulla fronte portava occhiali misti, di
quelli da laboratorio, provvisti di visori.
Nessun commento:
Posta un commento